Lettere in redazione

Una vita piena anche senza figli

Caro Direttore,nel dibattito referendario, appena concluso, si è molto parlato di sterilità come fosse una condanna senza rimedio o comunque un ostacolo da superare ad ogni costo. Desidero portare la mia testimonianza personale, che non è certo l’unica, di come da una situazione di apparente infertilità può nascere comunque una vita ricca e piena di significato. Anzi vorrei aggiungere che grazie proprio a questo «passaggio», se pur doloroso nella fase iniziale, abbiamo potuto (sia io che mio marito) allargare il nostro orizzonte di famiglia «generando» in modo non biologico tanti figli…! Ci è stata data così l’opportunità di intessere meravigliose relazioni, di essere disponibili a far parte di tante realtà, che se, troppo occupati nella dimensione genitoriale interna alla nostra famiglia, non avremmo certo potuto vivere e sviluppare. Questo per ribadire, come il limite non è una sconfitta ma un’occasione da attraversare che ti costringe ad interrogarti sul senso vero dell’esistenza! Questo pensiero può essere accostato alla malattia, alla diversabilità, ad un canone di bellezza che non risponde all’immagine del «mercato»! Non tutto può essere sempre secondo i nostri desideri, ma per ognuno c’è un’unicità di vita che la rende preziosa e irripetibile e ripercorrendola a ritroso non rimane che un profondo, sconfinato, senso di lode.Carla TilliIncaricata adulti Azione Cattolica Regionale A volte nella vita possono esserci – al di là dell’impegno anche lungo e tenace per superarli – dei no che chiudono prospettive lecite e desiderate. È il caso di due sposi che si vedono negata la possibilità di avere figli, di una vocazione religiosa che le circostanze non permettono di realizzare o più semplicemente può essere la rinuncia forzata ad una attività o ad una professione a cui ci sentivamo portati.Queste potature, che sembrano non produrre frutti, possono determinare atteggiamenti diversi: la chiusura amara di chi si sente come imbrogliato dagli uomini, dalle situazioni, da Dio stesso, oppure la scoperta, nel tempo e con fatica, che possono aprirsi altre vie, ugualmente ricche e feconde, donandosi agli altri nelle forme e nei modi più diversi. In quest’ottica la tua testimonianza, cara Carla, assume valore e dà speranza. Certo, come ben dici, questo presuppone – e non è immediatamente facile – di «accettare che non tutto può essere secondo i nostri desideri» nella consapevolezza però che «per ognuno c’è una unicità di vita che la rende preziosa e irripetibile». Questo atteggiamento, che apre all’impegno, è certamente facilitato da una visione di fede, che assicura che per Dio non ci sono pietre scartate e che Egli aiuta chi vuol dare un senso alla propria vita, al di là di ogni ferita. Ma l’esperienza ci dice che molti, anche non credenti, nell’impegno per gli altri hanno saputo superare quei condizionamenti che potevano condannare al rimpianto.