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RU486: il triste primato della Toscana

La Toscana batte tutti. Ma non è un record di cui andar fieri. La nostra regione infatti è la prima d’Italia dove la pillola abortiva è stata usata senza sperimentazione. Un aborto chimico è già avvenuto e quattro sono in preparazione. Questa l’escalation della RU486 all’ospedale Lotti di Pontedera (dove peraltro 8 ginecologi su 10 sono obiettori). Ma altri sono pronti a seguirlo, per esempio la Asl 9 di Grosseto.

Il primo aborto chimico a Pontedera è avvenuto martedì della scorsa settimana. Nello stesso momento, nell’aula del Consiglio regionale, il centrosinistra approvava una mozione che chiede l’introduzione della RU486 – andandola a comprare all’estero con i soldi pubblici – da parte di ogni singola Asl.

Ma l’assessore al Diritto alla salute, Enrico Rossi, mentre il parlamento toscano dibatteva sulla possibile introduzione della pillola abortiva, non ha riferito di ciò che già era avvenuto nell’ospedale pisano. La reazione di Marco Carraresi (Udc) e Paolo Bartolozzi (Forza Italia) è stata immediata: «Se Rossi ha taciuto, ha presentato davanti al Consiglio una rappresentazione dei fatti parziale e dunque non veritiera. Se non era stato informato, significa che è considerato ben poco dai vertici delle aziende sanitarie». Carlo Casini, leader del Movimento per la vita, ha parlato di «obiettivo ideologico: quello di convincere la gente che l’aborto è un problema privato risolvibile con un bicchier d’acqua e una pillola».

Anche l’Osservatore Romano è intervenuto sul caso Toscana parlando di «incentivo all’aborto» che «in prospettiva può divenire una contraccezione sempre più facile e di massa». Infine il cardinale Camillo Ruini, nella prolusione alla Cei riunita ad Assisi, ha stigmatizzato la «corsa, in atto in alcune regioni, ad introdurre l’uso della pillola abortiva RU486» che «tende a non far percepire la reale natura dell’aborto, che è e rimane soppressione di una vita umana innocente».

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