Toscana

Gli algerini tornano a camminare grazie alla solidarietà dei toscani

DI ANDREA FAGIOLI

È una storia lunga quella del rapporto tra la Toscana e l’Algeria. Una storia che continua ancora oggi con iniziative di cooperazione come quelle economiche e culturali che saranno messe a punto nel settembre prossimo con una visita ufficiale del presidente della Regione, Claudio Martini. Intanto prosegue la collaborazione sul piano sanitario con la riabilitazione di giovani algerini vittime delle mine antiuomo, probabilmente di fabbricazione italiana, disseminate dai guerriglieri del Gia, il Gruppo islamico armato.

«Tutto – spiega Massimo Toschi, che in Regione attualmente si occupa di pace, cooperazione e diritti umani – è nato alla fine del ’97 quando vennero in Toscana l’arcivescovo di Algeri Henri Teissier e il monaco Robert Fouquez a pochi giorni dal massacro di 450 persone in una sola notte e a poca distanza dall’uccisione di sette monaci trappisti in un monastero ad una decina di chilometri dalla città di Medea. L’arcivescovo – prosegue Toschi – mi invitò in Algeria insieme al presidente della Provincia di Lucca. Visitammo un asilo-maternità, dove venivano e vengono ospitati tuttora i figli naturali che nella maggior parte dei casi restano abbandonati. In quella circostanza incontrammo il direttore della sanità pubblica algerina, che ci parlò anche dei tanti ragazzi vittime del terrorismo e privati spesso delle gambe». Di ritorno dall’Algeria, Toschi ne parlò con l’allora assessore regionale alla sanità Claudio Martini. Da quel momento ebbe inizio una trattativa con gli algerini che Toschi definisce «lunga e drammatica». Alla fine la cooperazione si concretizzò con la firma di un protocollo che consentiva ad alcuni giovani algerini di seguire terapie riabilitative in Toscana. Il testo entrò nell’accordo tra governo italiano e governo algerino.

A giugno 1999 arrivarono i primi cinque pazienti: quattro ragazzi e una ragazza. «Fra l’altro – racconta ancora Toschi – la ragazza, a cui mancavano entrambe le gambe, ha sposato uno dei ragazzi e proprio nei giorni scorsi hanno avuto un bambino». Ad agosto 2000 è arrivato un secondo gruppo, sempre di cinque persone, mentre ora sta per terminare il periodo di riabilitazione un terzo gruppo, affiancato questa volta anche da un medico algerino. I cinque, tutti sotto i trent’anni, alcuni dei quali hanno dovuto subire l’amputazione di entrambe le gambe, sono stati curati nel reparto di riabilitazione dell’ospedale di Seravezza, in provincia di Lucca, dopo aver ricevuto le protesi dal Centro ortoprotesico di Campiglia Marittima, in provincia di Livorno.I giovani, che a giorni faranno ritorno nel loro Paese, sono stati ricevuti nei giorni scorsi dal presidente della Regione, che ha voluto conoscerli personalmente. «Il nostro impegno – ha detto Martini – è soltanto una piccola goccia nel mare della necessità, ma vuol essere un segnale tangibile della solidarietà della Toscana e il nostro modo di dire no al terrorismo e all’utilizzo di quel barbaro strumento di sofferenza e di morte rappresentato dalla mine antiuomo».

Tra poco, però, gli algerini feriti negli attentati potranno cominciare a curarsi direttamente nel loro Paese. I sanitari della Toscana stanno infatti lavorando per allestire in Algeria un centro specializzato in grado di realizzare protesi e curare la riabilitazione degli oltre 200 amputati a causa delle mine. La nuova struttura nascerà dall’impegno congiunto dell’Asl di Viareggio e di quella di Livorno, in accordo con la sanità pubblica algerina.

Il 10 marzo, Toschi tornerà nuovamente in Algeria per dare corso ad un nuovo accordo. Infatti, in attesa che sia pronto il centro riabilitativo algerino, la Toscana si è detta disponibile ad ospitare ogni volta un numero doppio di pazienti, passando da cinque a dieci, per un periodo di almeno due mesi. La cooperazione sanitaria, nata da un’esplicita richiesta dell’arcivescovo Teissier, continua così a fare da battistrada a tutte le altre iniziative di solidarietà tra Toscana ed Algeria.

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