Toscana

Morti sul lavoro: Recce (Cisl Toscana), “non rispetto delle regole e scarsa prevenzione”

Oltre 600 morti sul lavoro nei primi 8 mesi del 2022. Una vera e propria strage. Il presidente Mattarella ha detto che «lavorare non può significare porre a rischio la propria vita». E ha aggiunto che è «un termometro della vita civile» e «un generatore di valore per la società, per i lavoratori, per le imprese». Qual è secondo lei la «temperatura» in questo momento e come tornare a generare «valore»?«In questo momento la temperatura è molto alta. A ogni infortunio c’è chi parla di “tragica fatalità”. Un’espressione ipocrita, che offende le vittime e le loro famiglie e che va abbandonata. Di tragico c’è la scarsa prevenzione e il non rispetto delle regole. Le aziende devono capire che bisogna smetterla di risparmiare sulla sicurezza. Serve maggiore attenzione alla qualità del lavoro, bisogna evitare che la competitività si giochi sulla riduzione dei diritti; non può esistere crescita economica e sociale senza difendere e valorizzare il lavoro. Siamo di fronte a un’emergenza e servono perciò misure e strumenti straordinari». Quello che è stato fatto fino a oggi non è sufficiente. E allora cosa fare per invertire questa tendenza?«Partiamo da un dato: le norme sulla sicurezza non mancano; abbiamo una legislazione sulla sicurezza tra le migliori d’Europa, ma gli infortuni non calano e si continua a morire di lavoro. Il perché è evidente: non è sufficiente, non serve avere una legislazione sofisticata se non si è in grado di farla rispettare. Servirebbero più controlli, ma gli ispettori sono pochi e la probabilità per un’impresa di essere controllata è bassissima: statisticamente oltre il 90% delle aziende ha la ragionevole speranza di non essere mai visitata. Mentre nella stragrande maggioranza delle poche aziende che hanno avuto un’ispezione sono state riscontrate delle infrazioni. Questo è il primo fronte, quello della repressione. L’altro è quello della prevenzione e anche qui ci vogliono più investimenti. Serve più formazione: se ne fa poca e non sempre adeguata. Serve maggiore cultura della sicurezza, partendo dalla scuola. E poi ci sono provvedimenti che possono essere messi in campo, come la patente a punti. Cioè un sistema valutativo per qualificare e controllare le aziende. Le criticità legate alla sicurezza riscontrate portano al decurtamento dei punti, così come avviene per la patente di guida, con conseguenti maggiori controlli e sanzioni; una norma che è anche premiale per le aziende in regola. Va poi affrontato meglio il tema degli appalti e dei troppi sub-appalti. E occorre una lotta senza quartiere al lavoro nero». La Toscana è tra le regioni italiane dove avvengono più incidenti sul lavoro. Perché?«Il dato è in parte frutto di un paradosso: in Toscana c’è più trasparenza e così alcuni infortuni che altrove restano nascosti, qui vengono denunciati e dunque ci portano in basso nelle statistiche. Rimane comunque carente anche qui un sistema di coordinamento, controlli e prevenzione». I sindacati possono fare di più?«Fare di più è un impegno che sentiamo ogni giorno e che diventa più doloroso a ogni infortunio. Questa settimana proviamo a farlo con una serie di iniziative straordinarie, assemblee unitarie nei luoghi di lavoro e flash mob che culmineranno sabato in una manifestazione a Roma a cui parteciperanno i segretari nazionali di Cgil, Cisl e Uil. Vogliamo far crescere la cultura della sicurezza in ogni italiano e spingere chi decide come utilizzare le risorse a metterne di più nella prevenzione e nei controlli per la sicurezza. È indispensabile, come dice Papa Francesco, togliere centralità alla legge del profitto e della rendita e rimettere al centro la persona e il lavoro».