Toscana

Psichiatria in Toscana /8: «Sulle orme di Sigerico» il cammino come terapia

Non è frequente che giungano in redazione, con la posta, delle belle sorprese, ma stavolta è capitato. Quasi alla vigilia del forum sulla Via Francigena che avevamo promosso ad Abbadia San Salvatore e Radicofani per lo scorso 31 marzo, ci era stata indirizzata una busta con dentro una pubblicazione di 64 pagine con allegato un dvd. Titolo, senza ombra di dubbio, in tema: «Sulle orme di Sigerico». Sottotitolo un po’ arcano: «Percorsi esperienziali sugli antichi tracciati della Via Francigena, testimonianze dirette di un gruppo trekking assai particolare». Editrice, Cooperativa Sociale Coopass. Nessuna lettera di accompagnamento.

Incuriositi, avevamo pensato a una nuova pubblicazione su storia, percorsi e varianti dell’antico cammino di pellegrinaggio, ma aprendola ci siamo resi subito conto che aveva un respiro molto più ampio perché raccontava qualcosa di ancora più grande: la scommessa che ha interessato un gruppo di residenti della casa famiglia «I Prati», una struttura sanitaria riabilitativa per persone con disagio psichico situata nel territorio di Abbadia San Salvatore, sulle pendici del Monte Amiata, e gestita dalla stessa Coopass, da trent’anni attiva in questo settore. Nello scorso autunno, assieme agli operatori che li seguono – o più precisamente, soprattutto in questo caso, li guidano – hanno percorso con cadenza settimanale un’ampia serie di itinerari lungo il cammino compiuto dall’arcivescovo di Canterbury o nei suoi pressi, riscoprendo nella pur notevole fatica il contatto con la natura e più che altro scoprendosi capaci di piccole imprese fino ad allora impensabili. «Tale esperienza – scrive all’inizio del libro il presidente della Coopass Giulio Bisconti, che abbiamo avuto il piacere di conoscere in occasione del forum sopra citato – ci ha dato lo spunto per questa pubblicazione affinché rimanga una testimonianza dell’integrazione dei nostri ospiti sia con il territorio che con altre persone esterne, le quali hanno condiviso con noi molti di questi momenti».

Il progetto è stato apprezzato e sostenuto dal professor Andrea Fagiolini, direttore del Dipartimento Interaziendale di Salute Mentale di Siena, che abbiamo già avuto modo d’incontrare nel corso della nostra inchiesta. E se di scommessa si trattava, già stando alle parole usate nella prefazione da un collega dello stesso Dism, il dottor Claudio Lucii, si può dire sia stata vinta: «Dopo aver letto queste pagine – scrive infatti – ho provato una sensazione di freschezza, un’emozione poco definibile ma intensa. Nel corso della mia vita ho fatto molte esperienze con persone che hanno attraversato la sofferenza mentale, ma in questa esperienza ci vedo un qualcosa di più, di profondamente sincero e vero». E ancora: «Spesso ci dimentichiamo che siamo pensiero ma nello stesso tempo carne ed ossa, siamo un’entità biologica unica e irripetibile. Da qui ne discendono le innovative tecniche di cura, anche nella salute mentale, basate sul movimento e sulla buona forma».

Dopo essersi soffermato sul valore del gruppo come «motore di cambiamento, corpo che accoglie aiuta e fortifica, che ti sostiene nei momenti difficili e che può diventare il luogo dove riversare e proiettare le tue angosce in momenti di difficoltà», Lucii commenta: «Mi piace immaginare queste passeggiate come un percorso di cambiamento e di ricerca all’interno delle nostre buone pratiche di operatori della salute mentale. Non so come definire questa esperienza, ma certamente ha prodotto buona salute, ha prodotto benessere anche negli operatori. Quando si accetta la sfida della relazione umana, a volte appagante e piacevole, a tratti ricurva e contorta, ci si mette in gioco fino in fondo e l’altro lo capisce, lo apprende emotivamente ed è anche lui disposto ad iniziare un percorso insieme a te, un pezzo di strada, appunto, un pezzo di vita. Queste storie ci raccontano proprio questo, pensieri che si materializzano, emozioni vissute veramente, conoscenza reale dei luoghi che vengono esplorati ed interiorizzati».

Al di là di questo, crediamo che la pubblicazione della Coopass – oltre a divertire e commuovere al tempo stesso, con la lettura delle impressioni di Luciano, Raffaele, Fabiola, Monica, Massimo, Maurizio, Roberta e Giuliano – possa fare anche scuola. Grazie anche al contributo offerto nelle pagine iniziali dagli operatori della comunità terapeutico-riabilitativa, compreso un piccolo saggio sul valore terapeutico del cammino e della «montagnaterapia». «Come spesso avviene – scrive l’operatore socio-sanitario Marco Stolzi – questo tipo di iniziative partono un po’ per caso o quando gli operatori riescono a trasmettere le personali passioni agli assistiti. Sicuramente, a questo va aggiunto un contesto ambientale stimolante, e parliamo di ambiente naturale: montagne, boschi e splendidi paesaggi collinari, che offrono l’attrattiva per “uscire di casa” anche quando il tempo non è dei migliori».

«Già, le passioni!», prosegue Stolzi. «Le persone appassionate hanno, a volte, rivoluzionato il mondo; queste semplici passeggiate hanno trasformato il grigiore di alcune giornate trascorse ad aspettar la sera. Sembra poco, ma conoscendo la pastosità delle abitudini consolidate nei servizi, immaginando le responsabilità per eventuali implicazioni correlabili a ciò che non sia il dormire, l’attendere il nulla del paziente o il semplice contenimento, riuscire a camminare per prati e per boschi ha proprio dello straordinario».

«Per fortuna – conclude l’operatore – accadono anche cose che vanno oltre alle aspettative di tutti: una giornata intera a camminare insieme, a cui si aggiungono persone esterne, gente comune. Lì si perpetua quel miracolo che nella società evoluta è assai raro: si parla di episodi di reintegrazione sociale e in quei momenti si vive come nella vecchia società patriarcale, dove si affermano appieno il concetto della solidarietà e, vivendo insieme, il rispetto dei ruoli reciproci. Oggi, intraprendere “un percorso” insieme ed insieme ridere, scherzare o arrabbiarsi per una strada sbagliata e poi mangiare o ascoltare battute stravaganti, rincuora l’animo».

E che la scommessa sia stata vinta lo conferma anche lo sviluppo che avrà: «L’esperienza descritta nel libro – ci hanno fatto sapere dalla Coopass – ha trovato nuovo impulso dietro la spinta di un’idea divenuta progetto che coinvolgerà diversi centri di Salute Mentale della provincia di Siena. Si tratta di organizzare gruppi trekking di pazienti che intraprendano il cammino sulla Via Francigena lungo i sentieri che riguardano le diverse zone di appartenenza, così da accomunare le molteplici esperienze per creare una staffetta che giunga fino ai confini della Regione. Senza peraltro porsi il limite che, in un tempo non lontano, si possa creare un gruppo di utenti selezionato che possa percorrere l’intero percorso da Canterbury a Roma». Intanto il gruppo dei Prati ha percorso a ritroso il tratto di Via Francigena dal confine del Lazio (Ponte a Rigo) verso Siena. «Sull’onda dell’entusiasmo, in vista del raggiungimento per l’obiettivo finale – affermano ancora gli operatori – stiamo pensando di creare le condizioni per mantenere la forma fisica necessaria continuando l’attività di trekking lungo i sentieri montani dell’Amiata. Per rendere più piacevole quest’ultima cosa, don Francesco, parroco di Abbadia San Salvatore, ha messo a disposizione un rifugio di montagna, nel quale i ragazzi potranno trascorrere ore di svago e riposo tra una passeggiata e l’altra. Oltre ad essere luogo di aggregazione, il rifugio costituirà luogo di riabilitazione diversa, attraverso lo svolgimento dei normali lavori di manutenzione e cura dello stesso».

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