Toscana

Rontano, case nobili ma dimenticate

DI MARCO LAPIe Apuane continuano ad attendere la piena operatività del parco che le comprende. La recente approvazione, da parte del Consiglio regionale, di una legge che consente l’approvazione «a stralci» del piano per la gestione dell’area protetta potrebbe consentire di raggiungere finalmente l’obiettivo, anche se i tempi non saranno comunque brevi. Magari nel 2010, a 25 anni dalla legge istitutiva (sicuramente un record), l’iter sarà finalmente concluso: nel frattempo le cave continueranno tranquillamente a «stralciare» pezzi di montagna anche in aree che meriterebbero la tutela integrale.

Ma tra Garfagnana, Lunigiana e Versilia non ci sono solo cime e valichi da difendere. I ruderi invasi dai rovi che punteggiano qua e là i versanti testimoniano il tramonto della vecchia civiltà montanara. Fanno tristezza, ma nessuno può mettere ragionevolmente in dubbio l’inevitabilità della loro sorte. Quando però questa rischia di toccare anche a edifici di indubbio pregio, allora il discorso si fa diverso. È il caso, ad esempio, della cosiddetta «casa del vescovo» di Rontano, la frazione di Castelnuovo più periferica rispetto al capoluogo garfagnino. Raggiunta solo da una lunga diramazione della strada che risale l’altopiano in direzione di Careggine, quindi ben lontana da flussi turistici, si affaccia come un grande balcone panoramico verso il massiccio delle Panie. In basso, purtroppo, il fondovalle della Turrite secca – percorso dalla strada provinciale per Arni, Seravezza e Forte dei Marmi – è interessato da cave di inerti che ne hanno deturpato soprattutto il lato meridionale, tra cui quella della Fassa Bortolo con il suo incredibile edificio a guisa di grattacielo.

La «casa del vescovo» è l’ultima del paese, che pure presenta altri eleganti edifici e anche veri e propri palazzi: segno dell’importanza di un tempo, quando il centro giunse a contare anche 500 abitanti, mentre oggi sono solo 46. Qua e là si nota qualche cartello «vendesi», ed in vendita è pure l’ex scuola comunale, ma non quell’ultima, nobile dimora che sopra il bel portale, arricchito da uno stemma, presenta due preoccupanti crepe verticali. Colpa di una situazione di comproprietà tra diversi eredi che sembra aver creato una situazione di stallo, di fronte alla quale il Comune potrebbe però intervenire con lo strumento dell’ingiunzione, cercando poi magari assieme ai proprietari la via migliore per la salvezza dell’edificio o almeno il suo restauro conservativo. Potrebbe essere il primo passo per un ulteriore recupero del paese che, come ci ricordava il parroco don Giancarlo Biagioni, attende tra l’altro la risistemazione del vecchio cimitero, oggi in stato di totale abbandono. Ma non sarà facile trovare interesse e fondi per un centro che ha magari da offrire notevoli testimonianze storiche e architettoniche ma non opportunità economiche di rilievo, come quelle di tipo agrituristico che sorgono presso altri centri dell’altopiano, e neppure – con tutta probabilità – un numero di voti sufficiente a garantire adeguata attenzione.