Vita Chiesa

Giornata Comunicazioni sociali: card. Betori, “No al prevalere di opinioni standardizzate, elaborate nei luoghi di fabbricazione del consenso”

L’arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, ha celebrato questa mattina la messa nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore per la solennità dell’Ascensione del Signore e in occasione della 55/ma Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali. 

Di seguito l’omelia del cardinale

«Colui che è disceso dal cielo è colui che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose» (Ef 4,10). La lettura che l’apostolo Paolo propone del mistero dell’Ascensione del Signore congiunge strettamente l’incarnazione del Figlio di Dio e il compimento della redenzione che scaturisce dalla sua morte e risurrezione, scorgendo nell’umanità di Cristo lo strumento della condiscendenza divina verso il mondo peccatore e al tempo stesso dell’esito di questa vicenda di misericordia mediante la congiunzione dell’umano con la realtà divina. Questa riflessione viene collegata alla citazione del versetto 19 del Salmo 68, modificato però in due punti, attribuendo a Cristo quel che il salmo diceva di Dio e rovesciando il significato di un verbo da “prendere/ricevere” a “donare”: «Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini» (Ef 4,8). Nel suo ritorno al Padre, a conclusione della sua missione terrena, Gesù, secondo l’apostolo, porta al Padre il trofeo delle potenze del male che egli ha sconfitto con la sua Pasqua ed è in grado di donare agli uomini i frutti della redenzione. In tal modo il mistero dell’Ascensione si mostra in un’ulteriore profondità, che completa quanto abbiamo colto dalla narrazione del libro degli Atti come pure dal vangelo di Marco, dove questo evento costituisce lo snodo tra il compimento dell’esistenza storica di Cristo e la sua nuova presenza nel mondo mediante la Chiesa. San Paolo aggiunge uno sguardo su ciò che ne viene a noi dal fatto che Cristo è tornato nel seno del Padre, da cui era stato inviato: egli comunica a noi i suoi doni. 

I doni di cui parla l’apostolo sono i doni di grazia che ci permettono di vivere come discepoli di Gesù, e corrispondendo alla sua chiamata alla fede. I caratteri della vita cristiana sono riassunti in quattro sostantivi, quattro atteggiamenti, ricondotti a loro volta al fondamento della carità, necessari perché la comunità dei credenti viva nella comunione, nell’unità. Umiltà e mitezza, anzitutto, accogliendo l’invito di Gesù: «imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29), vale a dire riconoscimento della povertà e piccolezza di tutti noi di fronte a Dio e capacità di opporre la mansuetudine alla violenza che opprime. Poi, magnanimità e sopportazione: la pazienza nelle prove e il farsi carico del peso degli altri. Tutti atteggiamenti che sono generati dall’amore, quella carità che penetra il profondo della persona, raggiungendola nel suo spirito come strumento di unità e di pace. A sostegno di questo progetto di vita cristiana giungono i doni della grazia di Cristo, che hanno come fine di edificare la sua presenza nella storia per farla giungere a pienezza. Un disegno che va oltre i confini stessi della Chiesa e assume una dimensione cosmica. Il fine ultimo, infatti, è che Cristo diventi «pienezza di tutte le cose» (Ef 4,10). Se dunque per l’edificazione del corpo di Cristo, cioè della sua presenza visibile nella storia, c’è bisogno del contributo di tutti – «i fratelli» (Ef 4,10) –, per preparare tutti a compiere questo servizio, ad alcuni vengono affidati specifici ministeri, legati al servizio della Parola: «Egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri» (Ef 4,11). 

Ma se, come abbiamo visto, l’edificazione della presenza di Cristo interessa la storia degli uomini, ne è in realtà la sua pienezza, quanto abbiamo detto non ha solo un risvolto ecclesiale, ma anche storico e sociale. Ciò che porta alla pienezza dell’umano e del cosmico fa parte di questa edificazione di Cristo e ne costituisce un contributo, perché nulla di ciò che è umano ci è estraneo. In tal modo il mistero dell’Ascensione viene a illuminare anche questa Giornata che, come ogni anno, dedichiamo al ruolo della comunicazione sociale. Quest’anno essa è illuminata dall’insegnamento del Papa che prende a prestito le parole con cui Gesù si rivolge ai primi discepoli – «Vieni e vedi» (Gv 1,46) – per esortare la comunicazione a porsi di fronte alla realtà in modo limpido e onesto, partendo da una concreta esperienza, lasciandosi guidare dallo stupore di fronte alla realtà, oltre ogni manipolazione e pregiudizio. Nelle parole del Papa si stabilisce un parallelismo tra l’esperienza della fede come esperienza di un incontro e l’esercizio della comunicazione come conoscenza dei fatti nella loro concretezza. Sullo sfondo si staglia la minaccia del prevalere di opinioni standardizzate, elaborate nei luoghi di fabbricazione del consenso, sotto l’imperativo del politicamente corretto e degli interessi economici, favoriti dalla velocità e capacità moltiplicativa che caratterizza i moderni mezzi di comunicazione sociale. Il fenomeno dei cosiddetti influencer è paradigmatico di questa distorsione della comunicazione. 

Papa Francesco, nel suo Messaggio, ha parole severe nel denunciare «una informazione preconfezionata, “di palazzo”, autoreferenziale, che sempre meno riesce a intercettare la verità delle cose e la vita concreta delle persone, e non sa più cogliere né i fenomeni sociali più gravi né le energie positive che si sprigionano dalla base della società. […] Se non ci apriamo all’incontro, rimaniamo spettatori esterni, nonostante le innovazioni tecnologiche che hanno la capacità di metterci davanti a una realtà aumentata nella quale ci sembra di essere immersi. Ogni strumento è utile e prezioso solo se ci spinge ad andare e vedere cose che altrimenti non sapremmo, se mette in rete conoscenze che altrimenti non circolerebbero, se permette incontri che altrimenti non avverrebbero» (Messaggio per la 55ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali, 2021). Sono parole che possono ben essere collegate all’impegno di quanti lavorano sul campo, ad esempio per informarci sulle tragedie delle migrazioni, ma anche a chi con onestà e competenza demolisce visioni ideologiche che fanno velo alla realtà, non ultimo l’ambito dei problemi riguardanti la natura propria della persona umana e della famiglia. Su questa linea il Papa elogia i giornalisti e i professionisti della comunicazione a cui dobbiamo, a costo di grandi rischi «se oggi conosciamo, ad esempio, la condizione difficile delle minoranze perseguitate in varie parti del mondo; se molti soprusi e ingiustizie contro i poveri e contro il creato sono stati denunciati; se tante guerre dimenticate sono state raccontate». Sta molto a cuore al Papa che la vita e le condizioni dei poveri abbiano chi le racconta, ma altrettanto importante per lui è che le cose siano raccontate nella verità: «Sono diventati evidenti a tutti, ormai, anche i rischi di una comunicazione social priva di verifiche. Abbiamo appreso già da tempo come le notizie e persino le immagini siano facilmente manipolabili, per mille motivi, a volte anche solo per banale narcisismo. […] Tutti siamo responsabili della comunicazione che facciamo, delle informazioni che diamo, del controllo che insieme possiamo esercitare sulle notizie false, smascherandole. Tutti siamo chiamati a essere testimoni della verità: ad andare, vedere e condividere». I moniti e gli orientamenti del Papa ci riguardano tutti, operatori e fruitori della comunicazione sociale. Ci sprona la consapevolezza che anche in questo ambito della vita della società si realizza quel mistero di pienezza dell’incontro tra il divino e l’umano che il Figlio di Dio incarnato e asceso al cielo ci ha donato.

Giuseppe card. Betori