Vita Chiesa

Mons. Mansueto Bianchi: mons. Tardelli, «quanto hai amato e studiato il libro santo»

«M’immagino già cosa starai dicendo ora: che non va bene. Appena ti rividi subito dopo l’operazione, con la tua solita ironia ma già presentendo come sarebbe andata a finire, mi dicesti che volevi leggere in anticipo la mia omelia, per controllare ciò che avrei detto al tuo funerale. Non ti ho obbedito e ora sono qui a presiedere un rito che mai avrei pensato di dover presiedere». Mons. Tardelli ha proseguito sul filo dei ricordi personali: «Quando l’altra sera ti ho incontrato immobile nel tuo letto e ho visto il tuo sorriso, l’ho subito riconosciuto, perché rivisto tante e tante altre volte. Era il sorriso della tua dolce e pungente ironia, come se tu ci dicessi dal letto di morte: ‘Ora ci siete voi nelle peste! Finora c’ero anch’io, ma ora ci siete voi. Io sono al sicuro, ora tocca a voi sbrigarvela…’. Nello stesso tempo però, quel tuo sorriso bonario e un po’ a presa di giro, mi diceva: ‘non abbiate paura, non vi preoccupate: tutto passa, io vi sarò sempre vicino e Dio non vi abbandonerà’».

«Sì, me lo hai scritto anche in fondo al testamento redatto ai primi di gennaio di quest’anno, quando si cominciava ad affacciare il male e ancora non lo sapevi. In calce, dopo la firma, hai scritto a chiare lettere in rosso: ‘Alla fine rimane soltanto la Misericordia di Dio!’. Si, è vero, Dio è infinitamente misericordioso. È misericordia, e noi troviamo vita soltanto in questa misericordia senza confini». Mons. Tardelli ha affermato: «Cosa cerca perdutamente il nostro cuore se non Dio e il suo amore?… E tu, amico mio, nel grigiore dei giorni che acutamente avvertivi, nella banalità delle ore che scorrono dentro la quotidianità, in mezzo alla cronaca delle piccinerie umane come dei drammi più assurdi della stupidità umana, hai cercato il volto di Dio; come a tentoni, come in un antico specchio ma con costanza e fedeltà. Lo hai incontrato in tante situazioni e persone che hai amato e servito con delicatezza e premurosa attenzione, ma sempre di nuovo ti sei ritrovato a cercarlo perché di nuovo perduto, come l’amato del Cantico dei cantici».

«E poi, ecco la Gerusalemme del cielo, la città santa, di cui narra il libro dell’Apocalisse. Quanto hai amato e studiato questo libro santo! E come sapevi raccontarlo, spiegarlo, incantandoci nel parlarci del mistero del senso della storia e del destino del mondo che è saldamente nelle mani di Dio. Quanto ti sei soffermato nella tua giovinezza in particolare a meditare sul verbo ‘vincere’, per scoprire e farci scoprire che la vittoria di Cristo e del cristiano è sconfitta per il mondo e ciò che invece appare come sconfitta per il mondo è vittoria per Cristo. In questi lunghi quattro mesi d’ospedale l’hai ulteriormente capito, testimoniato e insegnato a tutti noi».