Vita Chiesa

Papa Francesco: a Nuovi Orizzonti, «lo sguardo del Signore è uno sguardo paziente»

«Voi, con le vostre testimonianze, mi avete fatto sentire che lo sguardo del Signore è uno sguardo paziente: sempre ha pazienza. Ti aspetta. Ti aspetta. Sempre. È il Signore della pazienza: ti aspetta e mai fa forza per andare avanti, no, rispetta… Perché Lui sa che con quel primo sguardo è entrato nel tuo cuore, Lui sa che una volta che si sente l’amore non si può tornare indietro». Lo ha detto Papa Francesco parlando a braccio questa mattina durante la visita a sorpresa alla «Cittadella Cielo» di Frosinone, struttura di accoglienza collegata alla comunità «Nuovi Orizzonti» fondata da Chiara Amirante nel 1993. Ad accompagnare il Santo Padre anche il cantante Andrea Bocelli.

In questi giorni la «Cittadella Cielo» ospita i lavori del Consiglio centrale di «Nuovi Orizzonti». «Le vostre storie – ha detto il Papa rivolgendosi ai giovani ospiti – sono storie di sguardi, tanti sguardi… e mi hanno colpito. E – sentite bene – erano sguardi che non riempivano la vita, uno dietro l’altro…». Poi «a un certo momento, avete sentito uno sguardo – uno – che non era come gli altri, era quello soltanto: uno sguardo che ti ha guardato con amore. Ti ha guardato con amore. Anch’io conosco quello sguardo. E quando quello sguardo ti ha amato, e ti ha fatto sentire che ti amava, ti ha anche preso per mano, dagli inferi». Francesco si è poi soffermato sulle «voci» di cui hanno parlato i giovani: «le tante voci della vita, le tante voci… Fino al momento in cui avete sentito ‘la’ voce, una voce speciale» che «è unica», «silenziosa e sonora nello stesso tempo».

Il Papa ha riconosciuto di non aver «risposta alle vostre domande perché non so, non mi viene, non ci sono spiegazioni per una vita, non ci sono modi di chiarire. C’è il mistero, il mistero di un Dio che ci ha tolti dagli inferi, il mistero di un Dio che si è fatto vicino, che mi ha guardato, che mi ha amato, che mi ha parlato, che ha vinto le mie resistenze. E questo è quello che a me piace dirvi… Voi siete un mistero». «Quando io ho sentito le vostre testimonianze – ha rivelato -, mi sono sentito davanti a un mistero, il mistero dell’incontro di una persona con Gesù. Io posso soltanto rispondere sottolineando il mistero, ma non con le parole, no».

«Voi siete stati chiamati, guardati, vinti, accarezzati: la carezza di Gesù. Gesù, qui, ci insegna una cosa bella: che l’unico gesto, l’unica volta nella vita in cui si è pienamente umani nel guardare una persona dall’alto in basso, è per aiutarla a sollevarsi. L’unica», ha detto ancora il Papa parlando sempre a braccio. «Il nostro Dio è vicino», ha proseguito Francesco: «Non è un Dio lontano, Gesù non è lontano. Si è fatto Gesù per camminare con noi, per fare questo gesto: alzarci; per riempire il cuore, per guardarci con amore, per parlarci con quella voce che solo Lui ha, per vincere la battaglia dei desideri un po’ confusi che noi non riusciamo a capire».

Francesco ha poi ricordato che «Gesù non ci toglie la libertà di tornare indietro, no, ma, c’è una soglia definitiva». E per spiegarsi ha fatto riferimento alla morte in croce di Gesù: «i segni della morte» – il coltello, i chiodi, tutti i segni della morte di Gesù – «cadono. Sono loro ad andare all’inferno, io ne sono uscito. Ma se ognuno di noi – dopo lo sguardo, dopo la chiamata, dopo la vittoria di Gesù – vuol portarsi uno di questi, ancora gli manca qualcosa». «Gli manca ancora – ha ammonito – di far uscire qualcosa dal cuore, che non ha pienamente aperto. Si porta un dolore, si porta un risentimento, si porta una nostalgia… No, devono cadere tutte, e cadono». «Questo è il segno: questo è il segno che io ho visto in tutti voi. Il mio – ha rivelato – ancora non l’ho visto, ma… È quell’odore, quell’odore brutto che rimane, perché non sono capace di aprire bene le finestre e lasciare che venga lo Spirito Santo a pulire tutto». «Mi porto qualcosa dentro – ha proseguito -, quel ‘ma, però…’, la logica del ‘ma’. ‘Sì, questo sì, il Signore mi ha dato tanto, ho trovato il Signore, ho lasciato… ma…’. Cosa ti manca? ‘Ma’. Quando il Signore ci guarda, ci parla, ci invita, ci vince, il ‘ma’ cade. Se tu vuoi avere questi segni, vuoi camminare sulla logica del ‘ma’, ancora non hai lasciato entrare il Signore».

«È più difficile risistemare una vita che far crescere un bambino. È più difficile. Bisogna cambiare mentalità», ha detto Papa Francesco nell’omelia pronunciata nel corso della Messa celebrata questa mattina alla «Cittadella Cielo» di Frosinone. Commentando la narrazione della ricostruzione del tempio descritta nel libro di Esdra, Francesco ha sottolineato che «anche la ricostruzione di una vita è una grazia, non meritata, tutto è grazia, ma bisogna difenderla, con il lavoro e anche con la lotta, per non lasciare che i mercanti della distruzione tornino a fare di questa vita un mucchio di pietre, di rovine, di mattoni». «Il lavoro della nostra vita, le testimonianze che oggi abbiamo sentito, testimonianze di ricostruzione, vanno difese», ha spiegato il Papa: «quel lavoro va difeso e da soli non possiamo, dobbiamo farci aiutare dall’unico Vincitore, dall’unico che è capace di vincere in noi, e questa è la radice della nostra speranza». «Noi – ha aggiunto – siamo uomini e donne di speranza, perché quest’Uomo è stato capace di ricostruire il popolo di Dio, di salvarci». «Noi – ha ammonito il Papa – non possiamo costruire le nostre vite, non possiamo mantenere il tempio della nostra vita in piedi, bene, senza Gesù, senza la fiducia in Gesù. È Lui che ci aiuterà in questo, con questa potenza propria di chi è capace di ri-sistemare le cose, che è più difficile di sistemarle».

Francesco ha invitato ad «avere la voglia di ricostruire sempre» la propria vita, ad «andare avanti». «È Lui che è con noi, che ci difende da quelli che amano le rovine, che vogliono distruggerci. Anche noi abbiamo sempre un po’ di quella voglia di autodistruzione e a volte viene, è normale, siamo umani. E a questo dobbiamo stare attenti: i mattoni in una mano e la spada nell’altra, cioè il lavoro e la preghiera, la fiducia nelle nostre mani e la fiducia nella preghiera in Dio, che è la spada che ci farà andare avanti». «Che il Signore ci dia questa grazia, la voglia di ricostruire sempre, sempre! Mai scoraggiarci!», nonostante le sconfitte.