Vita Chiesa

Papa Francesco ai Nunzi: difendete la Chiesa, mai unirsi a blog e a gruppi ostili al Papa

«Il nunzio che dimentica di essere uomo di Dio rovina sé stesso e gli altri; va fuori binario e danneggia anche la Chiesa, alla quale ha dedicato la sua vita». E’ quanto scrive il Papa, nell’ampio e dettagliato ritratto dei rappresentanti pontifici, contenuto nel testo scritto consegnato ricevendo in udienza, nella Sala Clementina, i partecipanti alla riunione dei rappresentanti pontifici – la terza del genere in Vaticano – che si è aperta ieri con la Messa celebrata dal card. nella basilica di San Pietro e proseguirà fino al 15 giugno.

«Essere un ‘uomo di Dio’ vuol dire seguire Dio in tutto e per tutto», esordisce Francesco: «Ubbidire ai suoi comandamenti con gioia; vivere per le cose di Dio e non per quelle del mondo; dedicargli liberamente tutte le proprie risorse accettando con animo generoso le sofferenze che sopraggiungono in conseguenza della fede in Lui». «L’uomo di Dio non raggira né froda il suo prossimo; non si lascia andare a pettegolezzi e maldicenze; conserva la mente e il cuore puri, preservando occhi e orecchie dalla sporcizia del mondo», l’identikit del Papa, che  definisce il nunzio «uomo di Dio, uomo di Chiesa, uomo di zelo apostolico, uomo di riconciliazione, uomo del Papa, uomo di iniziativa, uomo di obbedienza, uomo di preghiera, uomo di carità operosa, uomo di umiltà». «Non si lascia ingannare dai valori mondani, ma guarda alla Parola di Dio per giudicare cosa sia saggio e buono»,  prosegue Francesco: «L’uomo di Dio cerca seriamente di essere santo e irreprensibile davanti a Lui. L’uomo di Dio sa camminare umilmente con il suo Signore, sapendo di dover fare affidamento solo su di Lui per poter vivere in pienezza e perseverare sino alla fine, mantenendo il cuore aperto verso gli svantaggiati e i reietti dalla società e ascoltando i problemi delle persone senza giudicarle. L’uomo di Dio è colui che pratica la giustizia, l’amore, la clemenza, la pietà e la misericordia».

«È brutto vedere un nunzio che cerca il lusso, gli indumenti e gli oggetti “firmati” in mezzo a gente priva del necessario. È una contro-testimonianza. L’onore più grande per un uomo di Chiesa è quello di essere ‘servo di tutti’». Sono nette e inequivocabili le parole del Papa che mette in guardia i rappresentanti pontifici dalla «tentazione del servo malvagio». «Il nunzio cessa di essere ‘uomo di Chiesa’ quando inizia a trattare male i suoi collaboratori, il personale, le suore e la comunità della nunziatura come un cattivo padrone e non come padre e pastore», il monito di Francesco, secondo il quale «è triste vedere taluni nunzi che affliggono i loro collaboratori con gli stessi dispiaceri che loro stessi hanno ricevuto da altri nunzi quando erano collaboratori. Invece i segretari e i consiglieri sono stati affidati all’esperienza del nunzio perché possano formarsi e fiorire come diplomatici e, se Dio vuole, in futuro come nunzi». «Essere uomo di Chiesa richiede anche l’umiltà di rappresentare il volto, gli insegnamenti e le posizioni della Chiesa, cioè mettere da parte le convinzioni personali», l’indicazione del Papa: «Essere uomo di Chiesa vuol dire difendere coraggiosamente la Chiesa dinanzi alle forze del male che cercano sempre di screditarla, di diffamarla o di calunniarla». E ancora: «Essere uomo di Chiesa richiede di essere amico dei vescovi, dei sacerdoti, dei religiosi e dei fedeli, con confidenza e calore umano, svolgendo al loro fianco la propria missione e avendo sempre uno sguardo ecclesiale, cioè di un uomo che si sente responsabile della salvezza degli altri». La «salus animarum» (salvezza delle anime) è la «legge suprema della Chiesa ed è la base di ogni azione ecclesiale», ricorda il Santo Padre: «Questa identità del nunzio lo porta anche a distinguersi dagli altri ambasciatori nelle grandi feste, Natale e Pasqua: quando quelli si assentano per raggiungere le famiglie, il nunzio rimane in sede per celebrare la festa col popolo di Dio del Paese perché, essendo uomo di Chiesa, questa è la sua famiglia».

«È pericoloso cadere nella timidezza o nella tiepidezza dei calcoli politici o diplomatici, o addirittura nel “politicamente corretto”, rinunciando all’annuncio», ammonisce il Papa. «Lo zelo apostolico è quella forza che ci tiene in piedi e ci protegge dal cancro della disillusione», scrive Francesco, secondo il quale «il nunzio è annunciatore della Buona Novella ed essendo un apostolo del Vangelo ha il compito di illuminare il mondo con la luce del Risorto, di portare Cristo sino ai confini della terra. È un uomo in cammino che semina il buon seme della fede nei cuori di chi incontra. E chi incontra il nunzio dovrebbe sentirsi in qualche modo interrogato». A questo proposito, il Papa ricorda «la grande figura di San Massimiliano Maria Kolbe», che in una delle sue lettere ha stigmatizzato il propagarsi dell’»indifferentismo», «una malattia quasi epidemica che si va diffondendo in varie forme non solo nella generalità dei fedeli, ma anche tra i membri degli istituti religiosi». Ancora attuali anche le parole di San Paolo, nella prima lettera ai Corinzi: «Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il Vangelo!».

«Se un nunzio si chiudesse nella nunziatura ed evitasse di incontrare la gente, tradirebbe la sua missione e invece di essere fattore di comunione e di riconciliazione ne diverrebbe ostacolo e impedimento», scrive ancora il Papa, nel suo identikit «in uscita» della figura del nunzio. «Non dovete dimenticare mai che voi rappresentate il volto della cattolicità e l’universalità della Chiesa presso le Chiese locali sparse in tutto il mondo e presso i governi», l’appello: «È parte importante del lavoro di ogni nunzio essere uomo di mediazione, di comunione, di dialogo e di riconciliazione. Il nunzio deve cercare sempre di rimanere imparziale e obbiettivo, affinché tutte le parti trovino in lui l’arbitro giusto che cerca sinceramente di difendere e tutelare solo la giustizia e la pace, senza lasciarsi mai coinvolgere negativamente». In quanto «uomo di comunicazione», il nunzio «non si sovrappone all’esercizio dei poteri dei Vescovi, né lo sostituisce o intralcia, ma lo rispetta e, anzi, lo favorisce e lo sostiene col fraterno e discreto consiglio».

«È inconciliabile l’essere rappresentante pontificio con il criticare alle spalle il Papa, avere dei blog o addirittura unirsi a gruppi ostili a lui, alla Curia e alla Chiesa di Roma». Lo rimarca il Papa nella parte centrale del testo. «In quanto rappresentante pontificio il nunzio non rappresenta sé stesso ma il successore di Pietro e agisce per suo conto presso la Chiesa e i Governi, cioè concretizza, attua e simboleggia la presenza del Papa tra i fedeli e le popolazioni», ricordato Francesco, secondo il quale «è bello che in diversi Paesi la nunziatura viene chiamata ‘Casa del Papa’». «Certamente ogni persona potrebbe avere delle riserve, simpatie e antipatie – ammette il Santo Padre – ma un buon nunzio non può essere ipocrita perché il rappresentante è un tramite, o meglio, un ponte di collegamento tra il vicario di Cristo e le persone a cui è stato inviato, in una determinata zona, per la quale è stato nominato e inviato dallo stesso Romano Pontefice».

Vivere con la valigia sempre pronta. «La vostra missione, dunque, è molto impegnativa perché richiede disponibilità e flessibilità, umiltà, impeccabile professionalità, capacità di comunicazione e di negoziazione», scrive ancora il Papa ai diplomatici vaticani: «Richiede frequenti spostamenti in automobile e lunghi viaggi, cioè vivere con la valigia sempre pronta». «Essendo inviato del Papa e della Chiesa, il nunzio dev’essere predisposto per i rapporti umani, avere una naturale inclinazione per le relazioni interpersonali, cioè essere vicino ai fedeli, ai sacerdoti, ai Vescovi locali, e anche agli altri diplomatici e ai governanti», scrive Francesco, secondo il quale «il servizio del rappresentante è anche quello di visitare le comunità dove il Papa non riesce a recarsi, assicurando loro la vicinanza di Cristo e della Chiesa», come raccomandava Paolo VI. In qualità di rappresentante, inoltre, il nunzio «deve continuamente aggiornarsi e studiare, in modo da conoscere bene il pensiero e le istruzioni di chi rappresenta» «ha anche il dovere di aggiornare e informare continuamente il Papa sulle diverse situazioni e sui mutamenti ecclesiastici e sociopolitici del Paese a cui inviato».

Esiste «un pericolo permanente» a cui è sottoposto un rappresentante pontificio: le «regalie». Nella parte finale del testo scritto consegnato durante l’udienza concessa oggi ai diplomatici vaticani, Francesco li mette in guardia anche su questo. «La carità operosa ci deve portare ad essere prudenti nell’accettare i doni che vengono offerti per annebbiare la nostra oggettività e in alcuni casi purtroppo per comprare la nostra libertà», la tesi di Francesco, che ammonisce: «Nessun regalo di qualsiasi valore deve mai renderci schiavi! Rifiutate i regali troppo costosi e spesso inutili o indirizzateli alla carità, e ricordate che ricevere un regalo costoso non giustifica mai il suo uso». Il Papa conclude il suo testo con un «decalogo» sulle «Litanie dell’umiltà», scritte dal cardinale Rafael Merry del Val, segretario di Stato e collaboratore di San Pio X, «un vostro ex collega».