Grosseto

Benedizione alle famiglie, un’occasione per incontrare tutti:

Padre Valerio Mauro, Grosseto: «Sono parroco anche di chi non viene in chiesa»

Per un sacerdote che arriva come parroco non solo in una parrocchia per lui nuova, ma anche in una città dove non ha mai vissuto prima, prendere le «misure» della nuova realtà è tutt’altro che semplice. C’è da conoscere persone, abitudini, modi di fare e di approcciare anche la vita di fede… c’è, insomma, da sintonizzarsi con la realtà. Ma, tutto sommato, non è questa la sfida più esaltante per un prete, per non correre il rischio di diventare, pian piano, un burocrate del sacro? La visita alle famiglie è senza dubbio un’occasione preziosa per rompere il ghiaccio, conoscere tante persone e farsi conoscere, avere un po’ più chiara l’identità di un quartiere.
È quanto sta sperimentando padre Valerio Mauro, religioso cappuccino, docente alla Facoltà teologica dell’Italia centrale, e da settembre scorso parroco nella comunità di Santa Lucia, nel quartiere Barbanella, a Grosseto. Quartiere sostanzialmente popolare, dall’identità molto marcata (a Grosseto essere «barbanellini» è quasi un marchio di fabbrica) e forgiato, nella parte sorta attorno alla chiesa di Santa Lucia, dal carisma francescano-cappuccino. Qui i frati arrivarono nel ’66, sostituendo il primo parroco, don Quinto, che stette nel quartiere solo per un breve periodo. Molte delle case tirate su negli anni, quando i cappuccini arrivarono a Grosseto neppure c’erano. Dunque il lavoro è andato aumentando. Molti anni fa Barbanella era un quartiere in espansione, vicinissimo alla base militare del 4 Stormo; oggi è un quartiere ormai assestato, dove c’è un nucleo consistente di famiglie giovani, ma dove lo «zoccolo duro» è rappresentato da nuclei che vivono nel quartiere da quarant’anni o anche di più: arrivati giovani, oggi sono invecchiati. È quindi cambiata anche la fisionomia della zona. E per padre Valerio, che dal 5 febbraio scorso ha iniziato la sua prima visita alle famiglie, è una scoperta continua. «Non è facile – dice – combinare gli orari della vita parrocchiale con quelli delle famiglie, per cui quando mi sono messo a organizzare la visita, sono partito dalla consapevolezza che le ore 15 non sono ottimali per iniziare le benedizioni, ma – come si dice – l’ottimo è nemico del bene…e quindi si cerca comunque di far sì che laddove una famiglia a quell’ora o nel giorno previsto sia impossibilitata ad accogliermi, ci organizziamo con loro per tornare in un momento successivo». Certo che il compito è arduo. Oltre 1200 nuclei familiari residenti nei confini parrocchiali richiedono tempo. E infatti, partite – come detto – il 5 febbraio scorso, le benedizioni alle famiglie si concluderanno il 12 aprile.
«In questo momento mi faccio aiutare da un confratello che è stato vice parroco qui a Grosseto per tre anni – racconta padre Valerio – mentre le prime settimane ho fatto da solo, perchè l’altro confratello che mi aiuta in parrocchia ha un’età avanzata e sarebbe improponibile, per lui, far fronte alle scale da salire e scendere. Nel periodo in cui sono stato solo avevo in programma di visitare non più di 40 famiglie al giorno; ora con l’aiuto di fr. Agapit ci proponiamo di passare insieme da circa ottanta famiglie ogni giorno». C’è chi attende la benedizione, preannunciata da fogliettini che vengono lasciati nelle cassette postali da qualche volontario della comunità; c’è chi, nonostante questo, ignora che arrivi «il prete»; c’è chi dice apertamente: «Grazie padre, ma non voglio la benedizione».
«Si – conferma padre Mauro – questo accade con una frequenza maggiore che nel passato. Mi ha colpito come il rifiuto della benedizione arrivi anche da persone anziane, che pensiamo più legate a un gesto che fa parte della tradizione. Io ho scelto di evitare in futuro di passare da coloro che non desiderano la visita del sacerdote: lo considero un gesto di carità, perché la fede si propone, non si impone. Nella gran parte dei casi, comunque, trovo persone disponibili e per me è una grande occasione per conoscere uno spaccato della vita di questa parrocchia, che non riuscirei a cogliere limitandomi solo alle persone che frequentano almeno la Messa domenicale».
In un quartiere di 7000 persone circa, la partecipazione alle liturgie festive si aggira intorno alle 800. C’è, dunque, tutta una realtà che difficilmente un parroco riuscirebbe a intercettare. «Ma io – dice padre Valerio – sono il parroco anche di chi non viene e me ne devo far carico». Per questo si tengono presenti le famiglie dei bambini del catechismo che abitano nelle vie da visitare con la benedizione, «così da ricordarmi di loro e poterci avere uno scambio», dice il parroco «maremmano», che a ogni visita lascia, oltre a una stampa che raffigura il Crocifisso della parrocchia e una preghiera, anche un depliant che racconta la comunità, con le iniziative settimanali, gli orari, i riferimenti telefonici e social per restare in contatto. «Abbiamo realizzato tutto in casa – racconta – col gruppo della comunicazione che abbiamo messo su. Anche questo è un modo pensato per approcciare un modo più personale le famiglie del quartiere».
Ma le visite sono un’occasione preziosa soprattutto per venire a conoscenza di situazioni di bisogno. «Colgo tanta solitudine che va colmata – confida p. Valerio – Quando sono arrivato in parrocchia mi è stata fornita una lista di persone anziane o ammalate a cui viene fatta visita, ma con le benedizioni sto conoscendo realtà ulteriori, che hanno bisogno di essere sostenute. Per questo, terminata la benedizione delle famiglie, rimetterò insieme tutti i contatti avuti, per predisporre un servizio di visita che coinvolga, sì, noi frati, ma anche qualche laico. Portare l’Eucaristia, certo, ma anche portare semplicemente la propria presenza di ascolto e di amicizia».