Toscana

Crisi per i piccoli esercizi la ripresa stenta ad arrivare

di Ennio Cicali

Scompaiono le botteghe, i cosiddetti «negozi di vicinato», principalmente di generi alimentari e a conduzione familiare, spesso presenti nei paesi e nei quartieri popolari. Il 2005 non è stato un buon anno per il commercio in Toscana, il progressivo calo delle vendite è iniziato due anni più tardi rispetto all’Italia In questo quadro la piccola distribuzione perde fatturato, mentre la grande distribuzione, invece, cresce.

Le province toscane con più chiusure di imprese di commercio al dettaglio tra il giugno 2005 e il giugno 2006 sono state Firenze e Livorno (–5,6%), seguite da tre province della costa: Lucca e Massa Carrara (–4,4%) e Pisa (–4,0%). Percentuali inferiori per Pistoia, Prato e Arezzo. Se tra gli specializzati non alimentari non ci sono stati forti scossoni, in alcune province si sono realizzati radicali cambiamenti nel tessuto commerciale. Il caso più eclatante è quello di Prato con un calo del 23,1% degli alimentari sostituiti da un 67,9% di non specializzati. La stessa dinamica si ripropone, su valori molto consistenti, anche a Firenze (+34% non specializzati, –18,2% alimentari) e a Livorno (25.2% non specializzati, –15,1% alimentari). Tra il 2004 ed il 2005 il settore ha perso complessivamente 7.100 posti di lavoro in Toscana, il 2,8% tra occupati dipendenti e indipendenti, un risultato peggiore di quello, pur negativo, dell’Italia. Nel complesso, il commercio dà segni di maggiore sofferenza se rapportato ad altri settori economici.

Un pesante onere per le aziende – il 50% dei bilanci – è rappresentato dai costi dell’energia, dell’intermediazione monetaria e finanziaria e dei servizi alle imprese (pulizia, contabilità e amministrazione, sicurezza, pubblicità, ecc.). Questi alcuni dati che emergono dal Rapporto sul commercio, realizzato da Unioncamere e Irpet.

Oltre a fotografare lo stato di salute del commercio regionale, il Rapporto si sofferma anche sulle abitudini dei consumatori, mostrando come il totale della spesa media mensile delle famiglie toscane nel 2005 è stato di 2.566 euro (Italia 2.398 euro), di cui 470 euro circa (il 18,3%) è destinato ai consumi alimentari ed il restante 81,7% (equivalente a 2.096 euro) a varie voci. Tra le spese rilevanti: tempo libero e cultura (intrattenimento prettamente culturali, giochi, televisori, Hi-Fi, computer, libri non scolastici, giornali e riviste, musica, abbonamento radiotelevisivo e internet, animali domestici), spese sanitarie (3,2%), comunicazioni (2,2%). Allargando il confronto agli anni 2001–2005, si osserva come dopo l’introduzione dell’euro i beni alimentari in Toscana abbiano perso peso, passando dal 18,5% del 2001 al 17,3% del 2003, per poi tornare al valore iniziale nel 2005. Aumentati i prezzi per «abitazione, acqua, elettricità e combustibili» (+5,2%).

In questo contesto il ricorso delle famiglie toscane al credito al consumo è un fenomeno piuttosto recente ed in costante aumento, nella nostra regione come in Italia (17,1% nel 2004; 15,4% nel 2005 per un totale annuale di oltre 5 miliardi di euro erogati da banche e società finanziarie). In Italia il totale è stato di oltre 72 miliardi e 600 milioni e la percentuale di crescita del 19,2%. Per il futuro è previsto uno scenario abbastanza complesso perchè i settori che più domandano al commercio crescono meno della media regionale.