Toscana

Gli incontri di Toscana Oggi: la sanità secondo il prof. Grifoni

L'appuntamento con il direttore del Dea e della Medicina d’urgenza e del Pronto soccorso di Careggi, con ingresso libero, è alle 17,30 presso il Teatro Cartiere Carrara (ex Teatro Tenda) in Lungarno Aldo Moro a Firenze

Stefano Grifoni

Di sanità non possiamo proprio dire che non se ne intenda. Toccherà a Stefano Grifoni, direttore del Dea e della Medicina d’urgenza e del Pronto soccorso di Careggi, aprire domani, mercoledì 10 aprile, il ciclo d’incontri organizzati da Toscana Oggi in collaborazione con Radio Toscana dal titolo «La sanità “semplice”. Gli esperti incontrano i cittadini». L’appuntamento, con ingresso libero, è alle 17,30 presso il Teatro Cartiere Carrara (ex Teatro Tenda) in Lungarno Aldo Moro a Firenze (info su www.toscanaoggi.it). Grifoni, che è anche coordinatore dell’Organismo toscano per il governo clinico, in particolare parlerà di accesso al Pronto soccorso e dei rapporti con la medicina di base.

Professor Grifoni, ma una sanità semplice esiste?
«No, non esiste una sanità semplice. Non esiste perché ci sono molte cose da affrontare, da semplificare. Soprattutto credo che il problema della nostra sanità sia la comunicazione. Eppure la Regione Toscana ha messo in atto numerosissime delibere per migliorare la sanità e organizzarla al meglio. Purtroppo alla fine non vengono applicate e non si capisce quale sia il meccanismo, non si concretizzano nella realtà».

All’incontro organizzato dal nostro settimanale cercherà di spiegare ai presenti le problematiche relative all’accesso al Pronto soccorso e i rapporti con la medicina di base…
«È un vecchio problema che ha portato a non grossi cambiamenti ma forse a un peggioramento dell’affluenza al Pronto soccorso. Molte cose che si potrebbero fare sul territorio arrivano al Pronto soccorso perché il 70 per cento delle persone che vi giungono si autopresentano, non sono certificate almeno per quanto riguarda le forme croniche, non certo quelle acute o riacutizzate per le quali i pazienti vengono direttamente con l’ambulanza. Il resto dei cittadini, ripeto, viene al Pronto soccorso direttamente e questo non si è modificato negli anni; quello che si è modificato sono i sistemi organizzativi all’interno del Pronto soccorso perché i medici sono sempre di meno, avendo scelto materie diverse dalla medicina d’urgenza, e i nuovi hanno un po’ di timore a venire a lavorare in Pronto soccorso. Le persone devono rivolgersi al medico curante e questa figura deve essere rivalorizzata. C’è una situazione in cui è difficile dare delle indicazioni, la gente vede la propria patologia in modo molto soggettivo e si sente più grave degli altri. C’è un sistema che ancora non funziona e che stiamo cercando di riorganizzare».

Più precisamente, rispetto al passato, com’è cambiato il «ruolo» del paziente e il suo rapporto con i medici?
«Secondo me i pazienti sono molti di più e il rapporto è molto migliorato dall’informazione perché prima non c’era un dialogo tra sanitario e paziente, c’era un rapporto completamente diverso. E siccome invece si vince in due siamo in vantaggio, questa relazione medico-paziente è a vantaggio del paziente».

E i medici di famiglia come sono cambiati? In meglio o in peggio?
«Sono cambiati, hanno molto più da fare rispetto a prima, il problema è che non ce la fanno. La richiesta di salute è aumentata enormemente, aumenta la tecnologia, aumentano i nuovi farmaci, aumenta l’età dei pazienti, è ovvio che si lavora di più anche perché si muore di meno. La medicina ha un compito di salvaguardia della salute ma nello stesso tempo favorisce l’aumento dell’invalidità».

Non ci dimentichiamo però le difficoltà che le persone incontrano per prenotare un esame nel pubblico e alla fine devono per forza ricorrere alle strutture private…
«Molte sono richieste personali e non sono vagliate dai medici, quelle che sono vagliate dai medici a volte sono delle ripetizioni. Questo per dire che le richieste esponenzialmente aumentano col fatto che la popolazione, essendo più anziana, è sempre più ammalata in maniera cronica. Il sistema risponde parzialmente. Oggi molti si fanno le analisi, poi si ricontrollano, le ripetono, c’è un sistema che è permissivo quindi le persone riescono a fare cose anche non necessarie prendendo magari il posto a chi ha veramente bisogno».

La sanità toscana come sta? Sta bene, ha qualche acciacco o è ammalata grave?
«La sanità toscana è una delle migliori, la Toscana sta offrendo tutto a tutti, è sempre stato così, noi manteniamo ancora piccoli ospedali e invece sarebbe bene recuperare le risorse o modificare questi ospedali in altre direzioni sanitarie. Li manteniamo così per soddisfare i bisogni della popolazione finché sarà possibile».

Tra i suoi molti incarichi lei è anche coordinatore dell’Organismo toscano per il governo clinico. Scusi, può spiegare questo ruolo in maniera semplice?
«Io presiedo un senato di professionisti e porto alla loro attenzione le problematiche, insieme si definiscono i gruppi di studio nella linea tecnico scientifica per portare un miglioramento all’offerta della salute dei cittadini. Cioè coordino un gruppo che è quello del comitato tecnico scientifico che presenta alla politica delle soluzioni».

Che consigli darebbe a chi guida la sanità? O, se preferisce, cosa farebbe se la guidasse lei?
«Ho dato vita a una delibera che è la 532 sulla riorganizzazione dei Pronti soccorso, ce ne sono altre per quanto riguarda le attività organizzative. Diciamo che tenterei di dare applicazione alle delibere della Regione Toscana che non hanno trovato totale applicabilità. Ridurrei le diseguaglianze sociali che si stanno sempre più verificando all’interno della nostra società».

Rispetto alle altre regioni italiane qual è secondo lei lo stato di salute dei toscani?
«Molto buono perché noi abbiamo toscani sani, che vivono di più e siamo sempre attenti ai bisogni dei cittadini».

Oggi ci si ammala di più, di meno o piuttosto ci si ammala in modo diverso?
«Ci si ammala non di più, veniamo seguiti di più, seguiamo la cronicità in modo costante e continuo. Le patologie croniche, aumentando l’età dei pazienti, sono molte di più: se aumenta l’età dei pazienti che dal 20 sono arrivati al 40 per cento degli anziani, quest’ultimi hanno più criticità di salute».

Che peso hanno le cure fai-da-te e il riferimento a internet piuttosto che al dottore?
Una sola parola. È un disastro. Una cura con farmaci che non sono da banco prevede una diagnosi e non un’autodiagnosi. Per quanto riguarda la Tachipirina, per esempio, si può anche usarla in autonomia ma quando si entra in antibiotici o altre terapie come il cortisone è bene consultare il proprio medico e non il proprio computer».

Cosa bisogna fare per stare bene?
«Serve la prevenzione, la prevenzione è una rivoluzione culturale, prevenire costa molto di più che curare. Curare significa che curi un qualcosa che vedi, prevenire qualcosa vuol dire che non sai se potrà esserci o meno. E l’intelligenza artificiale su questo tipo di prevenzione può darci molto aiuto».