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Israele: i familiari degli ostaggi al Papa, “riportiamoli a casa ora”

È in Italia una delegazione dei parenti degli ostaggi israeliani ancora in mano ad Hamas. Ieri mattina è stata ricevuta dal Santo Padre

“Bring them home now! Riportiamoli a casa adesso”. Stretti nelle loro magliette raffiguranti mogli, figli, nipoti, fratelli, una delegazione dei parenti degli ostaggi israeliani ancora in mano ad Hamas, a Gaza, è giunta in Italia dove ieri mattina è stata ricevuta da Papa Francesco nel palazzo apostolico. Un incontro privato – giunto a sei mesi dall’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023 – durante il quale hanno ringraziato il Pontefice per il suo impegno volto a favorire il rilascio dei loro congiunti, tra questi anche Kfir Bibas che ha compiuto il suo primo compleanno lo scorso 18 gennaio, il più piccolo sequestrato nelle mani di Hamas, insieme alla sua famiglia, catturata nella loro casa nel kibbutz di Nir-Oz, il padre Yarden, la madre Shiri e il fratellino Ariel di 4 anni.

Della delegazione facevano parte anche i parenti di Omri Miran (46 anni) e Agam Berger (soldatessa di 19 anni), rapiti a Nahal Oz, di Guy Gilboa Dalal, 23 anni, prelevato al Nova Music festival e Tamir Nimrodi (19 anni), membro dell’Amministrazione per il coordinamento e il Collegamento a Gaza del Cogat, l’ente governativo in capo alle attività umanitarie nei territori palestinesi.

L’incontro con il Papa e la stampa. Al Pontefice che li ha accolti hanno mostrato le foto dei loro parenti e la stessa cosa hanno fatto anche nel pomeriggio nel corso di un incontro con la stampa. A turno hanno rievocato, non senza commozione, quella mattina del 7 ottobre 2023, le telefonate e i messaggi scambiati con i loro parenti sotto attacco fino alla fine di ogni comunicazione. “Da quel momento in poi – ha detto Bezalel Schneider, zio di Shiri Bibas – non abbiamo più saputo niente. Il nostro unico pensiero adesso è di riportarli a casa”. Ad aumentare la preoccupazione per la loro sorte, hanno rimarcato i familiari, “è che Hamas sino ad oggi ha rifiutato di darci una lista degli ostaggi ancora vivi nelle sue mani. Una crudeltà che siamo costretti a sopportare”. “Sono trascorsi sei mesi – ha detto Naami Miran, sorella di Omri – ma tutti siamo rimasti fermi al 7 ottobre”.

Il padre di Omri, Dani, non si taglia la barba dal giorno del rapimento, “credo che mio figlio non abbia la possibilità di farlo e così ho deciso di portare la barba lunga per sentirmi più vicino a lui”. Grande lo sconforto di Meirav Gilboa Dalal, madre di Guy, 23 anni, rapito al Nova Music festival di Re’ìm. Il fratello maggiore Gal, invece si è salvato. Ed oggi ricorda il fratello come “amato e benvoluto da tutti. Un amante della musica e della cultura giapponese, con il sogno di recarsi in Giappone per la stagione dei sakura, i ciliegi in fiore”. Rispondendo alle domande dei giornalisti presenti tutti i familiari hanno espresso “apprezzamento” per l’impegno del Governo israeliano nel cercare di liberare gli ostaggi prendendo le distanze dalle manifestazioni di piazza in Israele condotte da altri parenti degli ostaggi. Tutti concordi, anche, nel criticare l’Onu e la Gran Bretagna per le posizioni ritenute “filopalestinesi”.

“Le Nazioni unite – ha dichiarato Alon Nimrodi – guardano in un’unica direzione, vedono solo i palestinesi, ma noi abbiamo il diritto di difenderci”.

Ly-Yam Berger e Ashely Waxman Bakshi, rispettivamente sorella gemella e cugina di Agam Berger hanno denunciato l’antisemitismo dilagante: “si trova ovunque, on line, nei campus universitari e questo fa paura per il futuro”. “Hamas – hanno ribadito i familiari degli ostaggi – conosce solo il linguaggio della violenza, della decapitazione, dello stupro. I nostri valori non sono questi. Dobbiamo riportare i nostri cari a casa”.