Vita Chiesa

Mons. Corallini, esser prete a novant’anni

di Graziella Teta

Lo scorso 29 giugno mons. Guido Corallini era tra i 36 officianti alla messa solenne, nella ricorrenza dei Santi Pietro e Paolo, celebrata dall’Arcivescovo Giovanni Paolo Benotto, in San Paolo a Ripa d’Arno a Pisa, per la chiusura dell’anno dedicato all’apostolo di Tarso. Celebrazione che ha idealmente segnato il passaggio di testimone al nuovo anno giubilare dedicato ai sacerdoti.

Giornata ricca di significati, dunque: ma il novantenne don Guido aveva un motivo in più per considerarla «speciale». Il 29 giugno, infatti, ricorreva il suo 65° anniversario di sacerdozio. Che lui, storico parroco dell’antica chiesa pisana di Santa Caterina, ha festeggiato il giorno prima, domenica 28, semplicemente con una Messa. E i suoi amati parrocchiani hanno donato una nuova tovaglia per l’altare maggiore e contributi per i lavori di cui abbisogna il tetto della chiesa.

È lieto don Guido per questo traguardo: ben 65 dei suoi 90 anni di vita dedicati alla Chiesa. E continua il suo impegno sacerdotale: «Ogni giorno, preghiere e Messa», e dando testimonianza di fede con l’esempio di vita, ma anche col segno esteriore dell’abito: tonaca e croce, sempre. «Non è un rigore formale fine a se stesso – spiega – ma è utile anche alle persone il poter “riconoscere” il ministro di Dio».

D’altronde, altro non avrebbe potuto essere don Guido, se non un fedele servitore della chiesa. Nasce a Pisa il 20 maggio del 1919, battezzato al Battistero. Racconta: «Avevo uno zio prete, mons. Guido Pagni, educatore; mamma Gina devota, babbo Donato un po’ meno. Sono stato cresimato dal Cardinale Pietro Maffi a 7 anni; come usava a quell’epoca, prima si faceva la cresima poi la comunione. La mia l’ho celebrata nel 1928 al Congresso Eucaristico diocesano, in Duomo con l’Arcivescovo Maffi, insieme con tutti i bambini delle scuole elementari schierati nella navata centrale per “la messa degli angeli”». Studia pianoforte per sette anni ed accompagna all’organo (harmonium) la Schola Cantorum di Porta a Lucca prima, ed anche la Schola del Seminario poi. «Da piccolo suonavo anche il “quartino” nella fanfara cittadina», ricorda. E dal suo album emerge la fotografia in bianco e nero che lo ritrae ragazzo «vestito alla marinara». «Eh, allora usava così», commenta don Guido mentre sfoglia mentalmente la sua biografia: giovanissimo presidente dell’Associazione «Giosuè Borsi» di S. Caterina, sua parrocchia di nascita e di vita, e componente della presidenza diocesana della Gioventù Cattolica («che bei ricordi, tra Aspiranti e Juniores, cordate e picozze»). Don Guido si diploma all’Istituto Magistrale nel 1936 a 17 anni e si laurea in Lettere a soli 21 anni, al Magistero di Firenze nel ’40. «Subito entrai al Seminario S. Caterina di Pisa: ho ricordi meravigliosi di quegli anni, tanto studio rigoroso, tanti bravi giovani con voglia di futuro, mentre fuori delle nostre aule c’era la guerra. Ricordo ancora bene il primo bombardamento del ’43. Tanto che, per motivi di sicurezza, io con i miei compagni, fummo ordinati sacerdoti dall’Arcivescovo Gabriele Vettori nella cappella del palazzo arcivescovile». Era il 29 giugno del 1944, «una giornata piena di sole…», come titola il bel volumetto-ricordo realizzato dai suoi parrocchiani in occasione del 50° anniversario di sacerdozio di don Guido: «È vero, era una splendida giornata, anche se era guerra piena, poco tempo prima ci furono tre giorni di bombardamento ai ponti; ma quel giorno neppure un allarme, neppure un aereo; c’era un gruppetto di familiari (i genitori, il fratello Mario, lo zio don Guido) e amici, avevo 25 anni ed ero diventato sacerdote, per sempre». Inizia il suo ministero nella parrocchia di S. Marco come cappellano, un anno dopo è nominato parroco di S. Caterina. Nell’omonimo e adiacente istituto scolastico arcivescovile per oltre 50 anni don Guido insegna materie letterarie, fino al 1989. «Qualche mio ex allievo ancora oggi ricorda qualche brutto voto in latino che gli ho appioppato: serviva per educare al rigore e all’impegno». Ed è riconosciuto da tutti che, grazie alla guida spirituale e morale di questo prete-educatore, tanti di quei giovani nella vita sono poi diventati «bravi ragazzi», come li definisce don Guido.

Rigoroso sì, ma comprensivo e bonario: ai giovani ha dato tanto. «Ed ho ricevuto tanto, semmai l’unico cruccio – non lo nascondo – è quello di non aver avuto la gioia di suscitare vocazioni, di cui c’è tanto bisogno. Ma, come non manca di ricordare il Papa, a noi preti tocca pregare per domandare al Signore di far dono alla sua chiesa di numerosi e santi sacerdoti». Ma in verità una vocazione è nata nella sua parrocchia, quella di una impegnata catechista, Annalisa Arrigoni, poi diventata suora.

E proprio ai giovani, dice don Guido, dedicherà in quest’anno sacerdotale le preghiere più intense, perché sono loro a preoccuparlo di più: «In questa chiesa cittadina, come dappertutto, i giovani sono sempre meno rispetto a venti, trent’anni fa quando affollavano il cortile per il catechismo e per i momenti di svago. Erano seguiti e guidati, dai genitori, dagli insegnanti e dal prete. Oggi lo sono molto meno, e rischiano di essere attratti dal male e di perdersi».

Nominato monsignore da Giovanni Paolo II nel 1994, don Guido commenta: «Sempre con impegno e gioia mi sono occupato dei giovani, sin dall’inizio della mia vita sacerdotale: degli Aspiranti della Gioventù Cattolica, poi del Comitato Civico diocesano, infine del Circolo Mario Fani: ho visto scorrere tre generazioni, quante prime comunioni, quante cresime, e quante gite in treno o col pulmino!». I giovani, dunque, sono sempre nel suo cuore, insieme con l’amata e splendida chiesa di Santa Caterina, alla cui storia don Guido ha dedicato numerosi scritti e pubblicazioni.