Il film: “Foglie al vento”, c’era una volta a Helsinki…

Torna in sala Aki Kaurismäki con il film presentato in anteprima al Festival di Cannes, una pellicola che recupera il filo in sospeso della «Trilogia del proletariato» interrotta nel 1989.

Nella sua vita Aki Kaurismäki ha cambiato una quantità notevole di mestieri, e scherzando confessa di fare il regista perché non è mai riuscito a tenersi un lavoro onesto. Quando ha cominciato e concluso la sua ideale «Trilogia del proletariato», che comprende «Ombre nel paradiso», «Ariel» e «La fiammiferaia», ha riversato nel proprio cinema molte delle sue esperienze del mondo del lavoro della Finlandia anni Settanta, raccontando la storia di protagonisti che affidano al proprio mestiere ogni speranza di rivalsa sociale e di una vita migliore, per fallire miseramente.

«Foglie al vento» segue per un tratto la stessa strada, ma cambia poi bruscamente di rotta. La vicenda narrata è quella di Ansa, dipendente di un supermercato licenziata per aver conservato prodotti scaduti destinati al macero, e di Holappa, operaio metalmeccanico che invece non riesce a tenersi un posto per via dell’alcolismo. I due si incontrano, si perdono, si ritrovano, si separano di nuovo, in una storia d’amore sui generis che non mancherà di sorprendere.

L’ambientazione è sempre la stessa, quella Finlandia senza tempo e perciò universale che contraddistinue i lavori di  Kaurismäki: il calendario segna l’anno 2024, ma dalla radio arrivano i bollettini di guerra dei primi mesi del conflitto russo-ucraino, gli interni oscillano tra gli anni Sessanta e gli Ottanta, e i cellulari dei protagonisti sono modelli dei primissimi anni Duemila.

È in questo mondo privo di qualunque collocazione univoca che si muovono gli ultimi immortalati da  Kaurismäki, gli esclusi per definizione, proletari che vivono e lavorano in una Finlandia che fortunatamente non esiste più da decenni. Alma Pöysti e Jussi Vatanen li interpretano, come tipico dello stile del regista, in modo freddo e distaccato, con lo sguardo perennemente perso su un punto oltre l’orizzonte, la voce monotòna e monocorde che pronuncia battute artefatte ed elaborate, contro ogni principio di realismo.

Se i due sembrano destinati a una conclusione tragica come i precedenti protagonisti della «Trilogia», però, c’è un elemento che li salva e li redime, conducendoli verso un happy ending insperato che molto deve alla poetica scoperta da Kaurismäki col bel «Miracolo a Le Havre».

Il mondo è cambiato, e il regista se ne rende perfettamente conto. I suoi personaggi non cercano più la realizzazione, la liberazione o anche solo una qualche forma di stabilità nel lavoro, mondo che ormai è lontano dalla mitologia marxista ma anche dalle vuote promesse capitaliste, e si aprono perciò ad altro, cioè all’altro: è nelle relazioni e nell’amore che finalmente si individua una via alla felicità, un’isola di stabilità, pur in un mondo sempre ingiusto, sempre ineguale, sempre spietato verso i poveri e gli ultimi.

Se la cosa ha un vago sapore fiabesco, l’effetto è del tutto voluto, d’altronde i due si innamorano e si ritrovano proprio al cinema: al primo appuntamento guardano insieme Jim Jarmush, e per tutto il film sono “vegliati” da angeli custodi in forma di locandina che portano i nomi di Visconti, Ozu, Lean, Godard, Huston, e soprattutto Charlie Chaplin, il grande maestro che dà a  Kaurismäki la chiave di volta per trovare la poesia nella miseria e la risata nel degrado.

Il titolo originale suona più come “foglie morte”, le stesse che pavimentano il parco nel bellissimo finale: un’immagine di decadimento che genera però anche una struggente bellezza, la stessa a cui si aggrappa disperatamente Kaurismäki nel cercare un nuovo orizzonte da aprire ai propri personaggi.

FOGLIE AL VENTO di Aki Kaurismäki. Con Alma Pöysti, Jussi Vatanen, Janne Hyytiäinen, Nuppu Koivu. Finlandia, 2023. Commedia.