Il film: “Inu-Oh”, rivendicare il passato a ritmo di rock

Forte della premiere a Venezia nella categoria Orizzonti e del successo al Festival Internazionale del Cinema di Toronto e a quello di Tokyo, arriva in sala «Inu-Oh», un anime surreale che tratta eventi reali con un piglio fantasy e un'anima rock.

Inu-Oh è una figura realmente esistita, per quanto ogni dettaglio circa la sua persona sia ormai perso nella leggenda. Per quanto ne sappiamo, era un danzatore professionista che attraverso la propria arte si esibiva nel «Racconto degli Heike», un poema epico incentrato su uno dei clan sconfitti durante la Guerra Genpei, un’opera che glorificasse gli eroici guerrieri caduti per placare l’animo dei sopravvissuti ed evitare un rianimarsi del conflitto.

Nel romanzo storico «Heike monogatari: Inu-Oh no maki», Hideo Furukawa tenta di ricostruire la figura del leggendario narratore, prendendosi ovviamente ampie libertà e dipingendolo come un emarginato che ha raggiunto l’apice della fama partendo dai bassifondi. È su questo lavoro che si basa la nuova collaborazione tra il regista Masaaki Yuasa e il mangaka Taiyō Matsumoto, di nuovo insieme dopo «Ping Pong», pronti a raccontare sullo schermo uno dei periodi più complessi e ambigui del Giappone feudale.

La storia si focalizza su due outsider: da un lato c’è Tomona, ragazzo reso cieco da una maledizione in seguito a un inganno degli uomini dello shogun Ashikaga Yoshimitsu, diventato monaco suonatore di biwa; dall’altro c’è ovviamente Inu-Oh, vittima di un’altra maledizione che l’ha reso mostruosamente deforme fin dalla nascita, ma con un incredibile talento nella danza. I due formeranno un sodalizio e con la loro arte racconteranno la storia dei guerrieri Heike, creando una narrazione alternativa a quella ufficiale, l’unica permessa, e consentendo così alle anime degli eroi caduti di trovare la pace, liberando al contempo Inu-Oh dalla sua maledizione.

Masaaki Yuasa sceglie di raccontare la storia come un’epopea rock, che regala a tratti le stesse emozioni dell’assistere a un concerto vero e proprio. Otomo Yoshihide compone una colonna sonora che, pescando a piene mani dal repertorio dei Queen, dei Deep Purple e dei Foreigner coinvolge, appassiona, travolge con un ritmo irresistibile, riadattando il rock contemporaneo agli strumenti musicali dell’epoca.

Soprattutto, però, la storia delle due rockstar ante litteram diventa uno spunto per analizzare il potere liberante dell’arte e la forza che questa ha nell’opporsi al potere costituito. Mentre Tomona e Inu-Oh raccontano le storie che il nuovo shogunato vorrebbe consegnare all’oblio, l’intera popolazione si riappropria del passato, e così facendo ha modo di comprendere il proprio presente e costruire consapevolmente il proprio futuro.

Proprio su quello che sembra essere il tanto atteso lieto fine si allunga però l’ombra del potere, tenace quanto ottuso, e di fronte all’artista di Yuasa si pone una scelta: o piegarsi ai dettami della censura e del governo per amore di fama e successo, o rinunciare a questi per perseguire l’ideale, il sogno, la libertà.

Tra spiriti e maledizioni, demoni e armi incantate, il messaggio di «Inu-Oh» arriva forte e chiaro, veicolato da una animazione fluida e dinamicissima, da una colonna sonora travolgente ed emozionante, da una visione della Storia come una tra le storie che fanno da fondamenta alle nostre culture, alle nostre società, al nostro senso di identità. Non capita tutti i giorni di assistere a concerti rock nel Giappone del XII secolo, ma è un’esperienza più che benvenuta.

INU-OH di Masaaki Yuasa. Con Mirai Moriyama, Avu-chan, Yutaka Matsuhige, Kenjiro Tsuda. Giappone, 2021. Animazione.