Lontano lontano

È un minimalismo di periferia, evidentemente legato a esperienze vissute, che non pretende mai di pontificare o di enunciare verità assolute, che in ogni personaggio trasmette l’impressione di qualcuno che l’autore conosce o frequenta abitualmente, che magari arriva a conclusioni di una facilità estrema che oscillano tra l’ironia e il buonismo e che quindi usa liberamente dell’arma della semplicità per comunicare idee che (secondo lui) dovrebbero essere diffuse a macchia d’olio in un mondo troppo cinico e cattivo per essere vero. Adesso, con Lontano lontano, Di Gregorio affronta senza cambiare modalità la tematica degli anziani (più specificamente dei pensionati), dei loro poveri sogni di cambiamento e di come tutto questo finisca per impattare sulla durezza della realtà.

Il professore, di latino e greco, e il suo amico Giorgetto devono quotidianamente fare i conti con una pensione che sembra assottigliarsi sempre più e che non dà alcuna prospettiva di miglioramento. Ma una soluzione deve esserci: siccome hanno sentito dire che ci sono posti al mondo dove con la loro pensione si vive comodamente, progettano l’espatrio cercando consulenza in Attilio, che pensionato non è (e neanche lavora) ma si dimostra interessato. Seguendo il consiglio del professor Federmann, scelgono le Azzorre in virtù del sistema bancario, del potere d’acquisto e delle scarse controindicazioni. Poi cominciano le pratiche per il trasferimento della pensione, i saluti a parenti e amici, la creazione di una cassa comune e tutto quello che serve a non lasciare niente dietro di sé. Prevedibilmente, alla fine non partiranno più destinando i soldi racimolati a un giovane africano che deve raggiungere il fratello in Canada e finiranno a mangiare il cocomero a Terracina.

La facilità nella soluzione della vicenda, evidentemente, sta nel fatto che la solidarietà dimostrata dai tre amici verso l’africano non è minimamente preparata nello sviluppo del racconto e piove dall’alto (senza per questo essere meno prevedibile) per avvicinare strettamente i tre alla realtà che viviamo. Eppure Lontano lontano, nella sua schematica semplicità, riesce a trovare accenti di sincerità che alla fine ci costringono a passare sopra ai difetti. Di Gregorio, regista, soggettista e sceneggiatore, è fermamente convinto che in un mondo distratto e sempre meno a misura d’uomo un piccolo gesto di solidarietà possa fare la differenza. È evidente che questa solidarietà correrà da un poveraccio all’altro senza che né le istituzioni né i potenti né quelli con i soldi ne abbiano alcuna notizia: e forse neanche Giorgetto, Attilio e il professore si renderanno conto della portata del loro gesto, che sicuramente non cambierà una virgola delle loro vite. Ma noi, il pubblico, sapremo che c’è qualcuno disposto a farlo senza alcun contraccambio e magari saremo indotti a farci qualche domanda sulle nostre vite. Ma, a parte questa ipotesi forse remota, Lontano lontano riesce con pochissimi tocchi a dare una rappresentazione sentita di problemi contemporanei senza magniloquenza, con una buona dose di ingenuità e con un certo trasporto che a lungo andare diventano contagiosi. E così Di Gregorio allontana le perplessità che avevamo sul suo cinema forse fatto di niente, dimostrando che credendo nelle cose senza giocare di furbizia o malizia si riesce anche a far dimenticare che una storia così forse non è ispirata a una storia vera. Meglio. Se è dettata dalla fantasia è anche sorretta dalla ferma speranza che quanto visto al cinema potrebbe un giorno diventare realtà. Un film minimalista, ingenuo, girato con due lire al bar sotto casa: anche questo è cinema.

LONTANO LONTANO di Gianni Di Gregorio. Con Ennio Fantastichini, Giorgio Colangeli, Gianni Di Gregorio, Roberto Herlitzka, Salih Saadin Khalid. ITALIA 2019; Commedia; Colore