Undine. Un amore per sempre

 L’Ondina sarebbe una creatura acquatica priva di anima, ma con la possibilità di acquisirne una sposando un essere umano e dandogli un figlio. Poi, a seconda delle tradizioni, diventa benevola o maligna. In alcuni casi è stata assimilata alla sirena. Di sicuro è un’entità che vaga in cerca d’amore. Se n’è appropriato Christian Petzold nel suo ultimo film Undine – Un amore per sempre, eliminando gli aspetti fiabeschi e trasformandolo in una riflessione sul presente piena di simbologie e atmosfere sospese. D’altronde chi abbia un minimo di familiarità con il suo cinema sa benissimo che i percorsi di Petzold non sono mai lineari e semplici, ma perseguono un obiettivo che richiede al pubblico impegno e attenzione. Poi, nel caso qualcuno dovesse decidere che la complessità sia ermetismo, gli rimarrebbe comunque un cinema avvolgente, capace di creare atmosfere particolari, dove immagine e suono non danno mai l’impressione di casualità o compiacimento. E così Petzold si conferma uno dei cineasti più interessanti della sua generazione, nome di punta di un cinema (quello tedesco) da un po’ di tempo abbastanza latitante e dal fiato corto.

Undine lavora come free lance presso il Märkisches Museum di Berlino, dove spiega ai visitatori con l’aiuto di plastici molto dettagliati l’evoluzione dell’architettura cittadina. Johannes, l’uomo che ama, la informa di amare un’altra e lei, come fosse una cosa all’ordine del giorno, gli dice che se le cose resteranno così dovrà ucciderlo. Ma qui subentra Christoph, che ha assistito a una lezione di Undine e ne è rimasto profondamente affascinato. Si accorgerà comunque che non è facile amare per sempre….

Undine mantiene un’atmosfera sospesa che, nonostante i precisi riferimenti all’architettura, alla sua evoluzione e ai legami tra passato e presente, rende molto difficile collocare esattamente il film in un dove e in un quando. Così Petzold costruisce una parabola sull’amore senza dimenticare mai la sua passione per il cinema (evidenti, ad esempio, i riferimenti a L’Atalante di Jean Vigo) e, in un certo senso, divertendosi a legare e sciogliere, a unire e dividere, a far morire e rinascere, nella consapevolezza che sopra ogni altra cosa l’amore ha una sua continuità e che, anche se con volti e corpi differenti, sopravvive a tutto. Per questo motivo è praticamente impossibile dare al film un percorso logico e razionale da seguire secondo gli schemi tradizionali: persino la favola, che Petzold sembra aver accantonato, ritrova un suo spazio quando il realismo non basta più a far quadrare i conti.

Così, andando a ritroso, si possono individuare piccoli elementi che aiutano a capire in quale direzione si debba andare per non perdersi dietro false piste o obiettivi sbagliati. L’incontro tra Undine e Christoph che avviene in un bar in mezzo all’acqua di un acquario distrutto. La statuina del sommozzatore che perde una gamba e che Undine ripara con la colla. Il misterioso pesce gatto che appare e scompare nel bacino idrico. Ma anche la morte di Christoph e la sua rigenerazione, come se anche lui fosse stato riparato con una colla speciale. Tutto questo parla di mito e di favole mentre Petzold continua a raccontare la storia di Berlino riprendendo i plastici del museo. Undine è un film forse inafferrabile, ma di straordinario fascino e di grande bellezza visiva. Paula Beer e Franz Rogowski, la stessa coppia de La donna dello scrittore, sembrano ideali per i rispettivi personaggi: enigmatica e bellissima lei, imbranato e stordito lui. E il film riconcilia con il cinema alto ma non irraggiungibile.

UNDINE – UN AMORE PER SEMPRE (Undine) di Christian Petzold. Con Paula Beer, Franz Rogowski, Maryam Zaree, Jacob Matschenz. GERMANIA/FRANCIA 2020; Drammatico; Colore