L’Arte della fuga BWV 1080

Un’aggiunta passata per lo più inosservata e riportata in luce da chi scrive per la prima volta in epoca moderna nel 2013. L’Arte della fuga rimane incompiuta poiché Bach termina i giorni terreni, il 28 luglio di una torrida estate 1750, mentre scrive gli ultimi contrappunti del suo capolavoro. L’ultimo soggetto è composto sulle note Sib-La-Do-Si, cioè il suo stesso nome BACH, posto a suggello di tutta una vita spesa fra musica e Dio.

Carl Philipp Emanuel Bach, suo figlio, seguendo le disposizioni paterne, aggiunge il corale Von deinen Thron tret ich hiermit scritto da suo padre trent’anni prima: «Davanti al tuo trono mi presento, / O Dio, e devotamente ti prego […] Rimanga tesa sopra di me anche oggi; tutto di me, / Affido alla tua protezione. […] Donami una fine beata». Ecco parte del lungo testo del corale che Bach aggiunge in calce all’Arte della fuga, monumento che  diventa così un omaggio della ragione alla fede nel momento supremo della morte.

Cosa si nasconde dietro la monumentale costruzione dell’Arte della fuga? L’opera si presta a una voluta ambiguità, espressione altissima di un sapere «segreto». Cattedrale della ragione destinata «alla gloria di Dio e all’ammaestramento dell’uomo». Con Die Kunst der Fuge / L’Arte della fuga i parametri della tecnica si tramutano in scienza: siamo di fronte a musica pura in cui il suono diventa inafferrabile e il suo significato ineffabile.

Con questo speciale omaggio all’ultima composizione di Johann Sebastian Bach, chiudiamo anche noi questa rubrica «Bach e la Bibbia», nata nel primo gennaio 2015 e arrivata ininterrottamente con questo al numero 171. Ringrazio Toscana Oggi, che mi ha permesso di percorrere insieme queste ardue vie fra ragione musicale e fede.