Sanità

Tumori, ondata di casi dopo la pandemia

I numeri dello screening sono crollati a partire dagli anni del Covid-19. Ma la Toscana si distingue: la rete oncologica è prima in classifica. Amunni (oncologo di Careggi): «Perché risponde ai criteri di prossimità, equità e omogeneità dell’offerta»

Duri colpi arrivano da anni al Sistema sanitario nazionale. L’aggravarsi della pandemia ha reso evidente la necessità di nuovi camici bianchi, mentre l’allungarsi delle liste d’attesa continua a impedire ai pazienti di effettuare visite nei tempi consigliati. Gli ultimi a farne le spese, in ordine di tempo, sono i malati oncologici. In Italia, secondo il recente report «I numeri del cancro in Italia 2023» redatto dall’Istituto superiore di sanità (Iss), i numeri dello screening sono crollati a partire dagli anni della pandemia: le adesioni alle mammografie sono calate dal 63% al 54%, mentre quelle per i test colon-rettali sono passate dal 45% al 38%. Ma in Toscana, come spiega il report «Welfare e salute in Toscana» pubblicato dall’Agenzia regionale di sanità, le indagini diagnostiche sono in progressivo aumento. Non solo. Secondo Agenas, la rete oncologica toscana è prima in classifica nel trattamento dei sette tumori più diffusi: mammella, colon, retto, polmone, prostata, ovaie e utero.
Il motivo è presto detto. «Il modello a rete è il migliore per l’oncologia – spiega Gianni Amunni, direttore di oncologia medica ginecologica a Careggi e già direttore generale di Ispro (Istituto per lo studio, la prevenzione e la rete oncologica) –. Risponde ai criteri di prossimità, equità e omogeneità dell’offerta». In altre parole, ogni cittadino avrebbe una struttura vicina a casa, avrebbe accesso al servizio senza distinzioni di reddito e godrebbe di terapie condivise dai medici in tutta la Regione. In realtà, la strada verso un meccanismo perfettamente oliato è ancora lunga, ma quanto fatto va nella giusta direzione: le strutture della rete toscana prendono in carico oltre il 90% dei pazienti regionali con tumore alla mammella, polmone, colon e retto. «La grande sfida dei prossimi anni – continua Amunni – sarà l’integrazione fra ospedali e territorio».
Intanto, però, la lotta ai tumori corre su due binari paralleli. Da un lato, crescono le diagnosi e le guarigioni: sempre secondo l’Iss, in Italia dal 2007 al 2019 sono stati evitati 268.471 decessi per patologie oncologiche e, nei prossimi due decenni, il numero medio di nuovi accertamenti aumenterà dell’1% all’anno. Dall’altro, il fumo nelle donne e il tumore al pancreas in entrambi i sessi continuano a mietere lo stesso numero di vittime ogni anno. «Il fumo è fra i fattori più importanti per l’insorgere di un tumore polmonare – sostiene Amunni –. Serve una prevenzione primaria, proponendo la disassuefazione al fumo, e secondaria, attraverso lo screening».
Ma l’impatto delle cattive abitudini non si limita alle sole sigarette: «Quando parliamo di buoni comportamenti individuali – spiega il dottore – parliamo di una corretta alimentazione ricca in fibre, di una buona attività fisica e del controllo del peso». A confermare l’importanza di uno stile di vita sano, è l’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro (Iarc), che sostiene che circa un terzo dei tumori potrebbe essere evitato adottando definitivamente buoni comportamenti individuali e collettivi.
I ricoveri, però, continuano ad aumentare: in Toscana, secondo l’Agenzia regionale di sanità, erano 64.072 nel 2022 a fronte dei 50.571 del 2019. Con loro, crescono anche i guariti grazie ai progressi della ricerca. «Rispetto all’inizio del secolo – commenta il direttore Amunni –, salviamo una vita in più ogni dieci. Oggi la chirurgia permette di attaccare il tumore senza essere invasivi, la radioterapia ha una precisione millimetrica nel bruciare le cellule maligne e i farmaci dell’oncologia medica sono sempre più specifici». Così, aumentano anche i tempi di convivenza in buone condizioni con la malattia, passati in molti casi da pochi mesi fino a tre o quattro anni.
Non ovunque, però, la medicina arriva con la stessa efficacia: se il tumore alla mammella ha oggi una sopravvivenza a cinque anni del 90%, per il corrispettivo al pancreas le chance si riducono al 15%. «La sede del tumore al pancreas è nascosta, silente e con organi importanti vicini che rischiano l’infiltrazione – continua Amunni –. Siamo in una fase di evoluzione veloce della scienza: alcuni tumori risentono di più delle nuove acquisizioni, altri meno. Ma serve anche dare messaggi di speranza». Perciò, secondo il dottore, le cure più efficaci passano anche dalle parole usate per definire la malattia: male incurabile, sopravvissuti e lungo-sopravviventi sono solo alcuni dei lemmi – più e meno tecnici – ancora adottati dal lessico oncologico. «Non ci sono altre malattie in cui i guariti vengono scientificamente chiamati “sopravvissuti”, sembra più un film dell’orrore che non la fotografia di un quadro epidemiologico – scherza Amunni –. I tumori sono una malattia grave e complessa, ma bisogna demitizzare alcuni luoghi comuni per accompagnare i pazienti allo screening».
Del resto, è proprio dalla diagnosi e dalla prevenzione che passa in primis la cura delle patologie oncologiche. Cure che, solo se somministrate in tempo, possono ormai guarire o – quantomeno – allungare gli anni di vita sana. Dal 2020, però, in Italia le adesioni ai test sono in calo. «Durante la pandemia – spiega il direttore Amunni – per tre mesi sono stati bloccati gli screening istituzionali: per capire il danno, vi dico che solo in Toscana si diagnosticano cento tumori alla mammella all’anno». Ciononostante, quello lasciato dal Covid è soprattutto un contraccolpo psicologico: «C’è una tendenza diffusa a pensare meno alla propria salute – conclude –. Sembra quasi che il Covid abbia allentato l’attenzione verso gli eventi di sanità pubblica: basti pensare ai vaccini».