Opinioni & Commenti

Verso le elezioni: i cattolici e l’intransigente senso del bene comune

Le elezioni politiche del 13-14 aprile – che in molte comunità vedranno aggiungersi anche i rinnovi di enti locali – rappresentano una nuova sfida per chi si ostina a credere al valore nobile della Politica pur sapendo che la salvezza della vita (e della stessa Politica) viene da Altre fonti.

1. Noi siamo convinti che, nonostante ogni difficoltà e delusione, è necessario e doveroso interessarsi anch’oggi, come sempre e più di sempre, della vita politica interna e internazionale, perché «siamo tutti responsabili di tutti» (Giovanni Paolo II).

In un contesto globale dove il potere è sempre più sottratto ai luoghi ufficiali della democrazia rappresentativa e largamente affidato a logiche basate su un sempre più opaco, incontrollato e disumano potere della finanza e sugli interessi delle grandi potenze, riscoprire e valorizzare – in quanto attività di per sé finalizzata al bene comune – la centralità della politica in mezzo alle vicende sociali costituisce un servizio per tutti gli uomini. Ma – parlando dell’Italia – il diritto-dovere alla partecipazione è ancora messo alla prova, e proprio nell’anno in cui si ricorda il sessantesimo di una Carta Costituzionale che va difesa nei suoi principi essenziali e nella sua architettura di fondo: difesa ma anche applicata. Invece non viene applicata, ad esempio, in un punto per niente secondario. In un sistema parlamentare come il nostro le elezioni servono per rinnovare il Parlamento, non per eleggere il Presidente del Consiglio dei ministri così come oggi avviene di fatto, in modo non rispettoso per la Costituzione vigente. Qualunque modifica costituzionale, se ritenuta necessaria, dovrà essere introdotta con procedimenti costituzionali e non in modi surrettizi. Di qui la difesa delle assemblee e della loro centralità, a tutti i livelli, dai Consigli Comunali alle aule del Parlamento.

Ma non basta. Oggi si è costretti a votare con una legge elettorale che ha tolto ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti: una legge che ci consegnerà un Parlamento viziato da un deficit di democrazia sostanziale: una legge che sarebbe stato meglio modificare prima della nuova prova elettorale e che sarà comunque necessario cambiare subito dopo.

Al sistema dei partiti era comunque chiesto un grande sforzo di intelligenza per interpretare il forte disagio di moltissimi cittadini. Purtroppo, nei diversi schieramenti, le liste sono state troppo spesso composte senza tener conto di tale disagio motivato sia dal malumore più generale verso la politica, sia dalla suddetta legge elettorale, ma anche dalla non credibilità di alcuni candidati così come dall’esclusione di persone preparate e ineccepibili. E così è cresciuta, in tanti, la delusione.

Fra gli elementi di delusione, che meriterebbero immediate correzioni, anche un costoso e intollerabile sistema di rimborsi elettorali: dar vita a una formazione politica può, oggi, essere non un servizio disinteressato ai cittadini ma un triste sistema per «far cassa» con i denari pubblici. Anche per queste ragioni non meraviglia perciò la larga insoddisfazione avvertibile in ogni ambiente, che può portare a un consistente incremento del «partito del non voto» o di un voto non convinto, «strappato» all’ultimo momento.

2. È necessario comunque – per quanto sia difficile – non farsi scoraggiare e fermare dalle ragioni dell’antipolitica. C’è anche un’anti-politica non giustificata.

I giovani, ad esempio, dovrebbero sapere – e i non più giovani ricordare – che la politica italiana dei decenni passati non ha prodotto solo guai e disfunzioni. Siamo una democrazia che, nonostante tutti i suoi mali, è tuttora solida e sviluppata: può farcela a riprendersi e a crescere in giustizia, moralità ed efficienza.

Ed è pure vero che nel panorama nazionale ci sono, al centro e nelle periferie, persone di valore morale, politico e culturale talvolta anche grande.

Tra l’altro, mentre è cosa sacrosanta contestare e decidersi a diminuire i costi della politica e dell’apparato, così come a tagliare gli enormi e scandalosi guadagni di manager pubblici e privati, sarebbe un grave errore finire in un sistema nel quale potesse far politica e influire sull’opinione pubblica solo chi disponesse di ingenti capitali.

È quindi importante non farsi paralizzare da una sorta di analisi disperata della situazione, né manipolare da una campagna elettorale nutrita di preoccupante populismo e giocata su illusioni mediatiche, compresa la tendenza all’uso distorto di sondaggi, attraverso cui il cittadino non viene informato con la correttezza cui avrebbe diritto bensì usato con un cinismo spesso brutale.

Più importante ancora è cercare di farsi un giudizio il più possibile veritiero e non partigiano delle persone e dei programmi. Ci sono sulla scena comunicatori molto capaci, ma capaci anche di «abbindolare» la gente.

Ci pare giusto rilevare, infine, che si è creata una novità interessante nell’attuale fase politica-elettorale: non abbiamo più da scegliere prevalentemente fra due grandi poli opposti: centro-sinistra + sinistra, e centro destra; ci sono altri soggetti. C’è una sinistra; un centrosinistra rappresentato in maggior parte da un nuovo partito (la cui nascita ha mosso senza dubbio le acque stagnanti del bipolarismo); c’è un centro-destra (diverrà anch’esso un solo partito?); e quindi una destra; e infine un centro: un centro messo insieme in fretta e offerto a quanti non si sentono «né da una parte né dall’altra» ma desiderano da anni qualcosa di nuovo, di vivo e di idealmente e programmaticamente omogeneo. Purtroppo questo «qualcosa di nuovo» non è stato capace di liberarsi da «qualcosa di vecchio». E comunque c’è, e non pochi cattolici che non si sentono rappresentati da nessuno dei due maggiori poli contrapposti pensano, nonostante le delusioni, che non sia il caso di ignorarlo e di affossarlo. Il «dopo elezioni» sarà interessante, anzi probabilmente decisivo, e non solo per questa nuova formazione di centro.

3. Ai cittadini è chiesto di non trasformarsi in sudditi; ai cittadini cattolici è chiesto un discernimento guidato da un intransigente senso del bene comune alla luce di una «prima» ispirazione cristiana. In un Paese che presenta segni di declino anche sul terreno del rispetto per le regole, l’etica della responsabilità è chiesta a tutti. È dunque doveroso per ciascuno, prima della scadenza elettorale, cercare di farsi un’idea il più possibile vera ed onesta, allo scopo di compiere, in coscienza, la scelta migliore possibile.

In ogni modo – nonostante il sopruso delle liste bloccate, che un Governo Marini poteva eliminare – tutti gli elettori potranno scegliere con più libertà che nel passato fra vari soggetti politici. Non esiste un voto «utile» e responsabile se anzitutto non è, nella sostanza del meccanismo elettorale, pienamente (o il più possibile) libero.

Giorgio Campanini (Avvenire del 29 marzo p. 32) riduce in pratica lo spazio delle scelte: «quello che si pone oggi ai cattolici italiani – afferma – appare di fatto un “trilemma”: dare fiducia» o al centro-destra o al centro-sinistra o al nuovo centro. Questa legittima pluralità («trilemma» o no) è un limite o una risorsa? Noi la consideriamo una risorsa, a due condizioni, però. Prima: che non manchi mai il rispetto reciproco (anzi, si dovrebbe parlare di carità) fra uomini e donne credenti. Seconda: che non venga meno l’impegno di servire attraverso l’azione legislativa e amministrativa, nelle modalità più alte possibile, tutti i valori di tale umanesimo. Il che comporta che la dottrina sociale della Chiesa venga letta e interpretata senza dimenticanze e senza furbizie. Fra i valori della dottrina sociale nel loro insieme non si può scegliere ciò che fa comodo e dimenticare il resto.

E attenzione sia a chi combatte frontalmente la Chiesa, sia a chi si vuol servire del Papa e dei Vescovi e si erge a paladino di alcuni valori cristiani e ne lascia da parte altri.

4. Tra le questioni eticamente sensibili su cui impostare opportune e democratiche battaglie di civiltà – fatte di «resistenze» e «insistenze» – come, insieme ai diritti del concepito, alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio e all’educazione e istruzione dei figli, come non lottare in favore del lavoro giustamente retribuito, del tutto necessario perchè un famiglia possa vivere? E quando ci si batte contro le guerre e la proliferazione degli armamenti, come non batterci anche in favore della vita embrionale e terminale? Inoltre, si possono forse separare la sussidiarietà (più cara alla cultura liberale) e la solidarietà (più cara a quella di ispirazione socialista)? Possono essere considerati obiettivi meno «eticamente sensibili» la giustizia e la legalità insieme alla liberazione della politica (e dell’informazione) dallo strapotere del denaro e da quella logica dei favori e dei ricatti tipici della mentalità e della prassi mafiosa? E come non impegnarsi a fondo, programmaticamente, cominciando a combattere l’illecito e umiliante voto di scambio, per sconfiggere il gravissimo cancro della mafia, che non riguarda soltanto il Sud? E ancora: possono considerarsi obiettivi meno «eticamente sensibili» il supremo bene della pace, il rafforzamento del diritto internazionale e delle sue istituzioni (da rendere forti anche coi forti), nonché l’obiettivo della “globalizzazione della solidarietà”(Giovanni Paolo II), la quale esige almeno un freno da parte di una politica alta e giusta al capitalismo finanziario selvaggio, che mette in crisi la stessa libera economia di mercato?Riteniamo significativo che la Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana – nota per aver costantemente e fortemente richiamato i valori della vita, della famiglia e della libertà scolastica – abbia di recente sottolineato una questione, quella salariale, che riguarda in maniera drammatica il diritto a vivere di tante famiglie e quello di tanti giovani a farsi una famiglia.

Su tutto questo – in particolare per chi si professa cristiano – è obbligatorio un forte richiamo alla piena coerenza. Non basta «proclamarsi» per «essere»: nessuno è escluso dal dovere della testimonianza personale inseparabile dal sacrificio (e talvolta dal martirio).

Collegamento sociale cristiano