Cultura & Società

Bergman inedito per la Festa del teatro a San Miniato

Il 4 luglio si è aperta, con un convegno sul maestro Orazio Costa Giovangigli, la LXV edizione della Festa del Teatro di San Miniato, “il più antico festival di produzione d’Italia”. Nato con la volontà di ricostruire le sorti della cittadina, privata con la guerra del suo teatro, il dramma popolare inaugura nel 1947 la sua attività con lo spettacolo “La Maschera e la grazia” di Henri Ghéon, rappresentazione delle vicende di san Genesio, patrono di San Miniato, folgorato dalla fede mentre si trova sul palcoscenico a recitare. Da allora a luglio la cittadina pisana si trasforma in un teatro a cielo aperto, dove va in scena “un dramma autenticamente popolare”, che incontra gli uomini lì dove gli uomini si incontrano: le piazze, le chiese. In vista della rappresentazione in prima nazionale di “Sarabanda” di Bergman, il 21 luglio, spettacolo scelto come manifesto di questa edizione, il SIR ha intervistato Salvatore Ciulla , direttore artistico della Fondazione Istituto dramma popolare di San Miniato. (nella foto, «Il custode dell’acqua», uno degli allestimenti delle scorse edizioni)

Quali sono gli elementi di continuità che mantengono questo festival ancora vivo e vitale?

“È la scelta di un teatro dello spirito, cioè la scelta di spettacoli che tocchino e affrontino il tema della ricerca del senso della vita, che s’incentrino sulla parola, sul testo, dunque un teatro che sia comprensibile, che comunichi, che abbracci il pubblico e non lo tenga a distanza con estremismi o con ricerche artistiche assurde. Per questo il punto di riferimento della Festa di San Miniato è Orazio Costa Giovangigli, che proprio qui ha firmato alcune delle sue regie più significative. Tra le novità di quest’anno ci sono alcune collaborazioni importanti. La prima è quella con il festival di musica sacra Anima Mundi, con il quale abbiamo co-prodotto Le jongleur de Notre Dame, spettacolo che ha aperto la Festa. Il 13 luglio inoltre è andato in scena lo spettacolo in ebraico Il re David, del regista israeliano Gili Shanit; abbiamo così inaugurato una nuova collaborazione con il Cnr di Pisa, grazie alla quale è stato possibile trasmettere in diretta web lo spettacolo, utilizzando il server dell’istituto. È solo l’inizio di una collaborazione che spero nel futuro ci porti alla possibilità di consentire, a chi naviga sul nostro sito, di accedere al ricchissimo archivio della fondazione”.

Lo spettacolo scelto per rappresentare questa edizione è “Sarabanda” di Bergman, un testo che mette in scena, come si legge nelle note di regia, un “autismo dei sentimenti”…

Sarabanda è l’ultimo testo di Bergman, scritto nel 2003 e pensato come la prosecuzione di Scene da un matrimonio, film del 1973. La scelta di questo testo è significativa per quella che è la poetica della Festa: scegliere temi di conflitto che pongono problemi ma che manifestano la ricerca della dimensione del sacro. È un testo bellissimo, splendido, durissimo, cattivissimo. Un testo che mette a nudo tutti i difetti dell’incomunicabilità dell’uomo, che mette in risalto la tragedia delle scelte delle persone che non vogliono accettare la vita per quello che è, che non vogliono accettare il piano che Dio ha su ciascuno di noi. Il tema, non dichiarato, è quello di perdere la vita per ritrovarla”.

Il teatro oggi ha ancora qualcosa da dire, ha ancora quella funzione etico-sociale, popolare che gli veniva riconosciuta in passato, quando era l’unico luogo d’incontro e di condivisione?

“Nel nostro Paese ci sono molte esperienze interessanti. Io credo che il teatro abbia un senso se fa cose vere, sincere, di grande qualità artistica, senza sprechi, che abbiano come obiettivo quello di parlare della vita. La risposta molto positiva del pubblico ai nostri spettacoli dimostra che il teatro ha un senso se la proposta è interessante e importante, anche se non ‘semplice’, cioè non di evasione, di massa, come è il nostro. L’importante è che sia un teatro vero, sincero, autenticamente popolare. Se invece il teatro vuole dimostrare le proprie doti, o intraprendere ricerche difficili e forzate, allora rischia di perdere di senso. Ma credo comunque che oggi il teatro sia davvero vivissimo”.

a cura di Marta Fallani