Cultura & Società

Cristina di Bolsena, la martire fanciulla

di Carlo LapucciA Bolsena nel 1880 scavi archeologici hanno portato in luce le testimonianze di un culto tributato a Santa Cristina risalente al IV secolo, insieme alla presenza di catacombe, sviluppatesi intorno al suo sepolcro e diramantesi sotto le colline intorno, cosa che indica l’attività di una consistente comunità cristiana. Non mancano di questa Santa, martirizzata forse sotto Diocleziano, le testimonianze iconografiche e la sua figura compare nella teoria delle vergini martiri nella chiesa di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna risalente al VI secolo. Furono trovate parte delle sue ossa, delle quali si era persa la traccia, in un grande sarcofago. Sulla storicità di questa primitiva figura è difficile avanzare dubbi, mentre ve ne sono sulla sua identificazione, non potendosi fare affidamento sui documenti scritti, molto più tardi e intrisi di elementi fantastici. È forse questo l’elemento determinante che ha fatto togliere Cristina dal calendario liturgico dalla riforma del 1969. Le redazioni diverse, greche e latine, della sua Passio non risalgono oltre al IX secolo e discordano sulla sua origine: quelle greche, su un modello compilato probabilmente in Egitto, la vogliono nata a Tiro, nella Fenicia, quelle latine la dicono appunto di Bolsena.È stata forse la versione orientale ad aggiungere in parte quel che di fantasioso ha la storia di questa Santa, nelle cui pieghe però si può intravedere l’ossatura di fatti essenziali che hanno buone probabilità di essere accaduti e si riducono al feroce martirio di una nobile e intrepida giovinetta quattordicenne, il cui sacrificio rimase perpetuamente impresso nella memoria delle popolazione, che ancora la ricordano, la onorano e la venerano. Bisogna sottolineare che i contenuti leggendari non valgono tanto per asserire una verità storica, quando per comprendere un messaggio e una testimonianza che in tali racconti si esprime, si esemplifica e si perpetua.Il teatro un po’ conturbante della nostra leggenda è il Lago di Bolsena: un immenso cratere vulcanico, il più grande del mondo tra i vulcani spenti, tanto profondo che si disse comunicasse col mare, o con l’inferno. Di fatto presenta il fenomeno delle sesse, ossia oscillazioni rapide del livello delle acque, per cui si dice che il lago respira come un immenso drago, ansima, oppure come dicono i in loco «renfia».Una delle sue due isolette è quella di Bisentina dove una cappella ricorda il miracolo più celebre di Cristina; nell’altra, Martana, furono custodite le reliquie di Cristina durante le invasioni barbariche e vi fu uccisa la regina Amalasunta, fatta strangolare dal cugino Teodato. Il voto agli deiCristina era una fanciulla di Bolsena, figlia del prefetto romano Urbano, grande e feroce persecutore dei cristiani, il quale, vedendo languire il culto degli dei, pensò di destinare la figlia a diventare sacerdotessa del culto pagano. Per questo fece edificare sul lago di Bolsena una grande torre, nella quale fece chiudere Cristina, circondata da dodici ancelle e da ogni comodità e lusso. Dette alla figlia vesti e gioielli e quello che una ragazza può desiderare e dispose che si conservasse vergine coltivando la religione pagana. Disseminò l’edificio di simulacri di idoli d’oro, di crateri e bacili per i riti e le abluzioni, ugualmente d’oro, disponendo che continuamente fumassero i turiboli davanti alle immagini divine.

Cristina aveva deciso per suo conto di conservare la sua verginità essendosi fatta cristiana e avendo votato a Dio la propria vita. Per questo gettava dalle finestre tutti gli incensi, fece vendere le vesti preziose e i gioielli, spezzò gl’idoli ricavandone di che soccorrere i poveri e aiutare chi si rivolgeva a lei nel bisogno.

Tutto questo venne ben presto a conoscenza del padre Urbano, il quale pretese dalla figlia l’abiura e la sottomissione al suo volere, ma la fanciulla intrepida resistette e il prefetto incominciò ad applicare sulla figlia le torture nelle quali era maestro.

Il lungo martirioComincia qui la lunga passione della Santa, la parte più fantasiosa della sua storia, in quanto vi sono confluite, al fine di pia edificazione, un’infinità di aggiunte che tendono a generare commozione contrapponendo alla fragilità di una bella fanciulla quattordicenne una serie di orripilanti e crudelissime torture: una via crucis percorsa da colei che era poco più di una bambina. I temi sono ripresi sia dal materiale tipico dei martiri cristiani, come dall’Antico Testamento, dalla storia e dalla mitologia. Cristina fu denudata ed esposta al pubblico ludibrio. Le furono tagliati i capelli, che aveva lunghissimi e biondi e sottoposta a una lunga flagellazione che fece cadere stremati gli sgherri del padre, ma non intaccò minimamente le carni della Santa.

La lista di supplizi prosegue: viene posta su una graticola arroventata, presso una ruota uncinata, e altro.

Il supplizio della macinaVisti inutili tutti gli espedienti per sopprimerla Urbano decise di annegarla nel Lago di Bolsena. Le fece legare una pietra enorme al collo, che si vuole sia stata una macina da mulino, e la fece spingere nelle acque del lago, che sono assai profonde. Ma gli angeli scesero dal cielo e resero la macina tanto leggera che, invece di sprofondare, galleggiò sulle onde, sostenendo Cristina la quale raggiunse la riva, là dove oggi sorge il suo tempio, stando in piedi sul macigno, nel quale lasciò impresse le orme dei suoi piedi.A tanto miracolo molti pagani si convertirono e il padre morì per il furore nel vederla tornare sana e salva. La morteSempre seguendo la leggenda, nella carica di prefetto subentra Dione il quale prosegue con la stessa ferocia l’opera di Urbano: cominciò immergendo la ragazza nell’olio bollente, dalla quale essa uscì come da una vasca di acque tiepide. Fu sottoposta allo stiramento con la ruota, che si spezzò, uccidendo i suoi carnefici. Portata nel tempio d’Apollo per procedere al suo sacrificio, la grande statua del dio precipitò sul prefetto uccidendolo. Scomparso Dione è il suo successore Giuliano che provvede a porre Cristina in mezzo alle vipere, le quali tutte quante rimangono inoffensive e non la mordono. Chiusa in una fornace incandescente Cristina vi rimane ben cinque giorni, dopo i quali è trovata incolume a conversare con gli angeli. Le vengono tagliati i seni e la lingua, poi muore trafitta da due frecce, una nel cuore e una nel fianco, si dice nel 292, altri nel 301. Il simbolo e l’esempioLa martire giovinetta è una figura quanto mai suggestiva che unisce vari ‘incanti’: l’innocenza, la bellezza, la fermezza (che nell’adolescenza si confonde in una santa ostinazione), e la fragilità della persona di fronte a una forza feroce, della quale finisce per aver ragione. Il tema risorge costantemente, come nella recente vicenda di Santa Maria Goretti.

Al di là dei particolari diversi, la lettura che il mondo popolare ha fatto di questa figura non è diversa da quanto rappresenta la vicenda di David e Golia: la singolarità è costituita dal fatto che la storia è volta al femminile, ed è tanto più significativa. La donna, indicata come debole, facile vittima di seduzione come Eva, presenta qui la sua forza capace di sfidare con la fede i tiranni e la morte, confermando che nessuno è mai troppo fragile per affermare la propria dignità, la propria volontà, i propri valori. Rispetto a David, che trionfa nella storia, tanto più è grande Cristina che soccombe nella vita e trionfa nell’eternità. Sollevata un po’ di polvere, scartati gli orpelli, appare anche qui una bella figura di donna e di santa, che avrebbe molto da dire al mondo contemporaneo.

I Misteri di Santa CristinaDalla sera del 23 luglio fino alla mattina del 24 di rappresentano a Bolsena ogni anno I misteri di Santa Cristina. Sono manifestazioni tipiche della zona meridionale, come quelli celebri di Campobasso e consistono nel rappresentare in modi diversi e fantasiosi aspetti del culto o momenti della vita della figura che viene celebrata. Risentono certamente di una religiosità molto antica e paganeggiante, nella quale si ripetevano tali manifestazioni durante le processioni, portando carri con simili composizioni o distribuendole come grandi tabernacoli lungo un percorso. Non è difficile che dietro Santa Cristina si nascondano le tracce di una divinità pagana, come abbiamo visto essere accaduto per Sant’Agata e Santa Lucia. Ricorrono elementi simbolici universali: il lago, l’acqua, la pietra, la macina. Quest’ultima può trovare un’analogia con l’antica divinità etrusca Norzia, venerata a Bolsena, la quale, assimilata a Nemesi e a Fotuna, aveva come queste il simbolo della ruota. Plinio inoltre (Naturalis historia, XXXVI, 31) riferisce che Varrone sostenne come le macini rotanti furono scoperte a Bolsena e là se ne videro alcune «mosse da loro stesse», forse dalla forza dell’acqua.

Tutti i momenti della passione che abbiamo visto narrati nella leggenda sono temi che vengono scelti di anno in anno per formare dieci «quadri» plastici, viventi, nei quali appare Santa Cristina sottoposta a una delle sue torture. In passato si esagerava nel verismo e nel raccapricciante; oggi si segue un criterio devozionale, ma lontano dalle tinte troppo forti. La vigilia della festa una grande processione con la statua lignea della protettrice della città, parte dalla cattedrale e raggiunge il castello dove il simulacro passa la notte, per ridiscendere il giorno della festa nella Cattedrale. Durante le due tratte del tragitto, una notturna e una diurna, la processione passa davanti ai quadri viventi, dei quali si aprono i sipari, per cinque minuti, dando tempo ai figuranti, tutta gente del luogo, di riposarsi, mostrando decine di attori impegnati nella rappresentazione immobile della vicenda. Sono, ad esempio, il quadro della cottura, il quadro della fornace, il quadro della ruota, il quadro della pietra. L’unico quadro in movimento è quello dei demoni che trascinano all’inferno l’anima di Urbano che sta sul letto di morte.

La festa del Corpus Domini a OrvietoA Santa Cristina è dedicata la splendida cattedrale d’Orvieto, edificata a ricordo del miracolo del corporale insanguinato. A Bolsena le è dedicata la Collegiata sotto il cui altar maggiore riposano le sue ossa. Nella Cappella del Miracolo si trova l’Altare di Santa Cristina o delle Quattro Colonne, il cui paliotto si dice sia la pietra sulla quale navigò Santa Cristina e conserva le impronte dei suoi piedi. Là disse la messa nel 1263 un prete boemo, Pietro da Praga, che si recava a Roma per chiedere perdono e cercare conforto per la sua incredulità nella transustanziazione del corpo di Cristo nell’ostia. Durante la consacrazione vide proprio l’ostia consacrata sanguinare nelle sue mani. Il papa Urbano IV, che si trovava a Orvieto, seppe del miracolo che ebbe grande risonanza e vi fece portare i lini insanguinati e istituì la festa del Corpus Domini l’11 agosto 1264. Quindi fu costruito il grande Duomo d’Orvieto.

L’altare è un nodo di elementi sacri che coinvolgono aspetti miracolosi avvenuti nell’acqua, altri che hanno fruttificato nella storia attraverso il culto dell’Eucarestia e memorie di santità che rimandano alla testimonianza dei martiri racchiusa dalla terra. Infatti per la Cappella del Miracolo si accede alla Grotta di Santa Cristina, scavata nella roccia, e, per la Cappella di San Michele si entrano nelle grandi catacombe. Anche qui, come si è detto per Sant’Agata e Santa Lucia, si ritrova una radice forse dalla traccia pagana, ma di misteriosa e forte testimonianza cristiana.

Proverbi e protezioniCristina di Bolsena aveva, come si è detto, la sua festa nel calendario liturgico il 24 luglio, ora la festa è lasciata ai calendari locali. È stata molto venerata e conosciuta in tutta la cristianità e altre sante, più tarde, portano il suo nome. Queste non hanno avuto però la penetrazione nel culto popolare che ha avuto Santa Caterina di Bolsena. Per avere la festa nel momento dell’anno in cui sono pressoché finiti i grandi lavori agricoli, nonostante che il suo nome si presti molto alla rima, i proverbi che si raccolgono intorno ai suo nome, anche nei dialetti non sono molti. Per S. Cristinasi sementa la saggina.

Si semina non la saggina, ma la sagginella in questo periodo come erbaio temporaneo per ricavarne foraggio per il bestiame.

Santa Cristina vuota la tina.

È questo il momento di sistemare in vasi di conservazione il vino da invecchiamento e di liberare i recipienti per verificarli, accomodarli e averli pronti alla fine d’agosto per la bagnatura e la preparazione alla vendemmia.

Cristina, oltre ad essere titolare di molte chiese e parrocchie, protegge naturalmente la sua città Bolsena ed è patrona di mote località, come Santa Cristina Val Gardena, Gallipoli, Gela.

Per quanto riguarda le categorie di persone a lei si raccomandano in particolare i mugnai, per la macina destinata al suo supplizio, coloro che sono affetti da piaghe inguaribili, essendo passata indenne dalle verghe e le persone in pericolo di annegamento, per essersi salvata dalle acque del lago.

Le grandi sante: le precedenti puntate

4. Mustiola, la santa che camminò sulle acque

3. S. Caterina d’Alessandria tra culto e mito

2. Agata, la Santa del mistero della vita