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Concistoro Medio Oriente: card. Parolin, agire contro metodi terroristici Is

«Il primo passo urgente per il bene della popolazione della Siria, dell'Iraq, e di tutto il Medio Oriente è quello di deporre le armi e di dialogare». Lo ha detto il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, intervenuto oggi al Concistoro sul Medio Oriente.

«La comunità internazionale – il suo appello – non può rimanere inerte o indifferente di fronte alla drammatica situazione attuale»: bisogna «andare alla radice dei problemi, riconoscere anche gli errori del passato e cercare di favorire un avvenire di pace e di sviluppo per la Regione mettendo al centro il bene della persona e il bene comune». «L’esperienza ha mostrato che la scelta della guerra, invece che del dialogo e del negoziato, moltiplica la sofferenza di tutta la popolazione mediorientale. La via della violenza porta solo alla distruzione; la via della pace porta alla speranza e al progresso». «La distruzione di città e viaggi, l’uccisione di civili innocenti, di donne e bambini, di giovani reclutati o forati a combattere, la separazione di famiglie – ha proseguito il porporato – ci dicono che è un obbligo morale di tutti dire basta a tanta sofferenza e ingiustizia e cominciare un nuovo cammino in cui tutti partecipino con uguali diritti e doveri come cittadini impegnati nella costruzione del bene comune, nel rispetto delle differenze e nella valorizzazione del contributo di ciascuno».

«Nel caso specifico delle violazioni e degli abusi commessi dal cosiddetto Stato Islamico la comunità internazionale, attraverso le Nazioni Unite e le strutture che si so date per simili emergenze, dovrà agire per prevenire possibili e nuovi genocidi e per assistere i numerosi rifugiati». È l’appello rivolto dal card. Pietro Parolin, durante il Concistoro sul Medio Oriente. «Abbiamo ascoltato con commozione e grande preoccupazione – ha esordito – la testimonianza delle atrocità inaudite perpetrate da più parti nella Regione ma in particolare dai fondamentalisti del gruppo denominatosi Stato Islamico, un’entità che calpesta il diritto e adotta metodi terroristici per tentare di espandere il suo potere: uccisioni di massa, decapitazione di chi la pensa diversamente, vendita di donne al mercato, arruolamento di bambini nei combattimenti, distruzione dei luoghi di culto». Tutto ciò «ha costretto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalle proprie case e cercare rifugio altrove in condizioni di precarietà, sottoposte a sofferenze fisiche e morali».

«Sembra opportuno che gli Stati della Regione siano direttamente coinvolti, assieme al resto della comunità internazionale – la proposta del segretario di Stato vaticano -, nelle azioni da intraprendere con la consapevolezza che non si tratta di proteggere l’una o l’altra comunità religiosa o l’uno o l’altro gruppo etnico, ma delle persone che sono parte dell’unica famiglia umana e i cui diritti fondamentali sono sistematicamente violati». Per la Santa Sede, «è necessaria una rinnovata volontà di solidarietà da parte della comunità internazionale e delle sue strutture umanitarie per provvedere cibo, acqua, case, educazione per i giovani e assistenza medica ai tanti bisognosi di assistenza umanitaria, agli sfollati e ai rifugiati in tutto il Medio Oriente». «La difesa dei cristiani e di tutte le altre minoranze religiose o etniche – ha spiegato il porporato – va situata nel contesto della difesa della persona e nel rispetto dei diritti umani, in particolare quelli della libertà religiosa e della libertà di coscienza». Sempre per quanto riguarda l’Is, secondo Parolin «una responsabilità particolare ricade sui leader musulmani non soltanto per sconfessare la pretesa di denominarsi ‘Stato islamico’ e di formare un califfato, ma anche per condannare l’uccisione dell’altro per ragioni religiose e ogni tipo di discriminazione».

«La Chiesa non può rimanere in silenzio di fronte alle persecuzioni sofferte dai suoi figli e da tante persone innocenti», ha detto il cardinale Pietro Parlin durante il Concistoro sul Medio Oriente, in cui ha fatto presente «l’urgenza sempre più grande di affrontare lo sconvolgente dramma umanitario che si vive in Medio Oriente», garantendo anzitutto «il diritto dei profughi di fare ritorno e di vivere in dignità e sicurezza nel proprio Paese e nel proprio ambiente». Riguardo al «dibattito sull’uso della forza per fermare le aggressioni e per proteggere i cristiani e gli altri gruppi vittime della persecuzione», il segretario di Stato ha ribadito che «è lecito fermare l’aggressore ingiusto, sempre, però, nel rispetto del diritto internazionale», come ha affermato anche il Papa. Tuttavia, «non si può affidare la risoluzione del problema alla sola risposta militare. Esso va affrontato più approfonditamente a partire dalle cause che ne sono all’origine e vengono sfruttate dall’ideologia fondamentalista». Per quanto riguarda il cosiddetto Stato islamico, «va prestata attenzione anche alle fonti che sostengono le sue attività terroristiche attraverso un più o men chiaro appoggio politico, nonché tramite il commercio illegale di petrolio e la fornitura di armi e di tecnologia», sena contare il traffico delle armi.

I cattolici «sono chiamati a essere artefici di pace e di riconciliazione» e non devono «cedere alla tentazione di cercare di farsi tutelare o proteggere dalle autorità politiche o militari di turno per ‘garantire’ la propria sopravvivenza», ha detto ancora il cardinale Pietro Parolin. Nel suo intervento il cardinale è tornato a chiedere protezione per «i cristiani e gli altri gruppi vittime della persecuzione» da parte dei miliziani dello Stato islamico, ribadendo che «è lecito fermare l’aggressore ingiusto, sempre, però, nel rispetto del diritto internazionale. Tuttavia si è visto con chiarezza che non si può affidare la risoluzione del problema alla sola risposta militare. Esso va affrontato più approfonditamente a partire delle cause che ne sono all’origine e vengono sfruttate dall’ideologia fondamentalista». Da parte loro, ha aggiunto «i cattolici, come un piccolo gregge, hanno la vocazione di essere lievito nella massa. Essi, uniti tra di loro e con i fedeli delle altre Chiese e confessioni cristiane, e collaborando con gli appartenenti ad altre religioni, soprattutto con i musulmani, sono chiamati ad essere artefici di pace e di riconciliazione». Da qui il monito a dare un contributo alle «società che si trovano in un processo di trasformazione verso la modernità, la democrazia, lo stato di diritto e il pluralismo».