Opinioni & Commenti

I poveri, la carne di Cristo e la salvezza eterna

Il cammino del discepolato e la conversione infatti trovano nella carità la verifica della loro autenticità evangelica. Il Papa nel suo messaggio fa riferimento all’esperienza di San Francesco che, abbracciato il lebbroso, si sentì profondamente trasformato, ciò che gli sembrava ripugnante e disgustoso, gli diventò dolce e amabile e da quel momento, scrive il santo di Assisi nel suo testamento «uscii dal mondo»: nell’accogliere il poveraccio coperto di piaghe, egli abbandonò infatti le logiche mondane che inseguono ossessivamente potere, possesso e piacere, per aprirsi alla logica divina di Cristo del dono e dell’amore gratuito. Nei poveri dunque il Signore ci incontra, ci chiama, ci libera e ci rende fratelli.

Da questo modo di vivere derivano gioia e serenità d’animo, perché si tocca con mano la carne di Cristo. «Se vogliamo incontrare realmente Cristo – ci ricorda ancora Papa Francesco – è necessario che ne tocchiamo il corpo in quello piagato dei poveri, come riscontro della comunione sacramentale ricevuta nell’Eucaristia. Il Corpo di Cristo, spezzato nella sacra liturgia, si lascia ritrovare dalla carità condivisa nei volti e nelle persone dei fratelli e delle sorelle più deboli. Sempre attuali risuonano le parole del santo vescovo Crisostomo: «Se volete onorare il corpo di Cristo, non disdegnatelo quando è nudo; non onorate il Cristo eucaristico con paramenti di seta, mentre fuori del tempio trascurate quest’altro Cristo che è afflitto dal freddo e dalla nudità» (Hom. in Matthaeum, 50, 3: PG 58).

È Gesù stesso che si identifica con i suoi fratelli più piccoli, affamati, assetati, nudi, malati o in carcere e avverte che solo chi lo avrà servito in loro, prenderà parte al suo Regno (Mt 25, 31-46). Se i giusti della pagina evangelica possono meravigliarsi perché ignari della presenza del Signore nei poveri che hanno assistito, noi non potremo accampare scuse, avendo beneficiato dello svelamento di grazia su dove il nostro Re si nasconde  e su quale sarà il criterio del suo giudizio. Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore che si è chinato  sopra le miserie dei fratelli.

L’opzione dei poveri non è dunque il distintivo di un cristianesimo sociale o la fissa di alcuni credenti politicizzati che dimenticano il Regno dei cieli, schiacciando la fede sul versante orizzontale e terreno della storia. L’opzione per i poveri è caso serio, serissimo su cui ci si gioca l’incontro col Signore qui sulla terra e la salvezza eterna dell’anima, in termini tradizionali , il Paradiso.

Basta ripercorrere il capitolo 16 del Vangelo di Luca e cogliere la stretta connessione delle due parabole raccontate da Gesù, per confermarci in questa inquietante convinzione.

Sorprende sempre che Gesù lodi l’amministratore disonesto, protagonista della prima,  «per la sua scaltrezza!» perché si è assicurato il futuro facendosi amici con la ricchezza non sua…ma è  certamente una scelta intenzionale,  per scuotere l’uditorio e attirare l’attenzione: «Siete indignati? – sembra dire il Maestro di Nazareth- Imparate la lezione». Tutti siamo come quell’amministratore. Il Signore Dio ci ha affidato ciò che abbiamo, i beni materiali che possediamo e quelli intellettuali e spirituali e alla fine ci chiederà conto di come li abbiamo trafficati,  se solo per noi e per il nostro interesse o per arricchirci davanti a Lui. Gesù esorta ad amministrare bene ciò che abbiamo «per farci degli  amici che possano accoglierci nelle dimore eterne». Gesù dunque sta parlando anche qui del giudizio finale e ci invita a procurarci con i beni terreni…. la vita eterna, magari per l’intervento di qualcuno che parli a nostro favore, al momento dell’ultima sentenza.

La storia del povero Lazzaro  e del ricco che se la gode nella più sorda indifferenza, completa la lezione del Signore e ci chiarisce senza ombra di dubbio chi siano gli amici da farci, per poter essere ammessi alla festa celeste, «nel seno di Abramo».

Gesù ci invita a avere occhi di riguardo e di pietà per i poveri Lazzari che sono alla soglia di casa nostra, anche quelli che attraversano il nostro mare sui barconi dei mercanti di carne umana, sfidando mille pericoli  e mille sofferenze e bussano alla porta del nostro cuore:  accoglierli fraternamente, in una solidarietà che verrà tenuta di conto al momento giusto…. può essere il migliore investimento della nostra vita.

*Vescovo di PesciaDelegato della Conferenza episcopale toscana per la pastorale della carità