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Patente a punti, la strada per la sicurezza è lunga

di Claudio TurriniNei primi due week-end di luglio il numero di morti sulle strade italiane si è praticamente dimezzato rispetto al 2002. Anche il numero di feriti e quello complessivo di incidenti sono in netto calo. Forse è presto per i trionfalismi, ma l’introduzione della patente a punti sembra aver dato qualche frutto. Stando a quanto dichiarano le forze dell’ordine, per paura di perdere punti gli italiani sono diventati molto più disciplinati nella guida. Anche se su 1.955 controllati con l’etilometro ben 411 (il 21%) avevano bevuto più del consentito e le contravvenzioni per mancato uso delle cinture di sicurezza sono state, sempre lo scorso fine settimana, 2.856.

Che dopo tanti anni di chiacchiere si sia riusciti a fare qualcosa per limitare queste inutili stragi (in un anno oltre 8 mila morti!) è davvero una bella notizia. Fa passare in secondo piano anche la solita approssimazione con cui il provvedimento è stato varato. Quella fretta per metterlo in vigore, senza che neanche chi doveva vigilare conoscesse le nuove regole. Quell’abitudine, tutta italiana, di cambiare di continuo le norme, senza dare alla gente il tempo di assimilarle. Alzi la mano chi ha capito, ad esempio, dove scatta di preciso l’obbligo degli anabbaglianti quando si esce da un centro abitato.

Adesso il decreto Lunardi è all’esame delle Camere per la conversione in legge e il testo rischia di cambiare ancora, creando altra confusione. Giusto rimediare a qualche «svista» (come il punire più severamente chi non si allaccia la cintura di sicurezza rispetto a chi compie manovre killer, tipo imboccare in retromarcia una rampa autostradale), ma perché stravolgere il testo con migliaia di emendamenti? E perché introdurre norme stravaganti, come quella voluta dalla Lega che prevede indicazioni toponomastiche «in lingue regionali e idiomi locali» sulle strade in costruzione?

Quei morti e quei feriti che ancora insanguinano le nostre strade (anche nell’ultimo week-end, non dimentichiamolo, sono morti in incidenti 18 giovani) ci impongono un soprassalto di dignità. Invece di andare avanti a colpi di decreto e di annunci sensazionali ci si sieda finalmente attorno ad un tavolo, tutti insieme: ministero dei trasporti, forze dell’ordine, Anas, autostrade, Aci, associazioni dei consumatori, rappresentanti degli enti locali, case costruttrici di veicoli. Solo da un «patto forte» tra tutti questi soggetti può nascere qualcosa di duraturo. Si imbocchi con decisione la strada della «tolleranza zero», ma con norme chiare e senza prevaricazioni (come l’uso di autovelox in posti utili solo a far cassa). Si controlli in tempi rapidi tutta la segnaletica, razionalizzandola e semplificandola, verificando anche la congruenza dei limiti di velocità (si arriva all’assurdo di grandi arterie di scorrimento con il limite a 50 e di pessime strade senza limiti). Si costringano gli enti locali ad intervenire sulla manutenzione dei tratti stradali pericolosi (invece di metterci un bel limite a 30 km, che toglie le responsabilità ma che nessuno poi è in grado di rispettare). Si coinvolga seriamente la scuola nell’educazione stradale. E si intervenga anche sul fronte delle case automobilistiche per costringerle a investire in sicurezza.

La strada per la sicurezza è solo questa. Le scorciatoie sembrano invitanti, ma alla lunga non portano alla mèta.

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