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Se il giudice condanna il crocifisso

Un magistrato abruzzese ha ordinato in via d’urgenza e in attesa di pronunciarsi sul merito, la rimozione del crocifisso dalle aule della scuola statale di Ofena, in provincia dell’Aquila, frequentata dai figli di Adel Smith, presidente dell’Unione Musulmani d’Italia, che aveva presentato un ricorso contro l’esposizione del simbolo cristiano. “L’imparzialità dell’istituzione scolastica pubblica di fronte al fenomeno religioso – afferma il giudice Mario Montanaro – deve realizzarsi attraverso la mancata esposizione di simboli religiosi piuttosto che attraverso l’affissione di una pluralità, che peraltro non potrebbe in concreto essere tendenzialmente esaustiva e, comunque, finirebbe per ledere la libertà religiosa negativa di coloro che non hanno alcun credo”.

L’ordinanza prosegue affermando che “la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche comunica un’implicita adesione a valori che non sono realmente patrimonio comune di tutti i cittadini. Presume un’omogeneità che, in verità, non c’è mai stata e, soprattutto, non può sicuramente affermarsi sussistere oggi, e che, però, chiaramente tende a determinare, imponendo un’istruzione religiosa che diviene obbligatoria per tutti, poiché non è consentito non avvalersene, connotando così in maniera confessionale la struttura pubblica ‘scuola’ e ridimensionandone fortemente l’immagine pluralista”.

“Questa sentenza rischia di turbare la sincera disposizione al dialogo che esiste tra la stragrande maggioranza delle chiese, delle comunità e dei gruppi religiosi presenti in Italia”. La preoccupazione è stata espressa dal ministro del’Interno, Beppe Pisanu, dopo l’ordinanza sui crocefissi. “Mi sento offeso come cristiano, ma anche come cittadino. Il crocefisso non è soltanto il simbolo della mia religione, ma anche l’espressione più alta di 2000 anni di civiltà che appartengono al popolo italiano”, ha detto Pisanu.

E’ una sentenza “che sembra fatta apposta per offrire argomenti a chi contesta la possibilità di una pacifica convivenza e di una rispettosa integrazione nella nostra società”. Questo il commento del vicepresidente del Consiglio, Gianfranco Fini, per il quale si tratta di una “decisione assurda operata da un magistrato evidentemente in cerca di notorietà che offende i sentimenti profondi della stragrande maggioranza degli italiani”.

“Si tratta di una decisione non definitiva, suscettibile di impugnazione” ha commentato il presidente Carlo Azeglio Ciampi. “A mio giudizio” ha chiarito il Capo dello Stato, “il crocifisso nelle scuole è sempre stato considerato non solo come segno distintivo di un determinato credo religioso, ma soprattutto come simbolo di valori che stanno alla base della nostra identità”. E ricorda: “Non a caso il filosofo laico Benedetto Croce intitolò un suo saggio Perché non possiamo non dirci cristiani”.

Sulla vicenda pubblichiamo una nota dell’Agenzia Sir

La sentenza del tribunale dell’Aquila, che ordina di rimuovere il crocifisso da una scuola di Ofena non può non lasciare sconcertati. Anzitutto perché esistono delle leggi che dispongono l’esposizione dei crocifissi nelle aule, poi perché i toni della sentenza, per quanto è stato diffuso, appaiono davvero fuori misura. Si parla di “imposizione”, di Stato che pone “il culto cattolico al centro dell’universo”…Sul crocifisso a scuola (o nei luoghi pubblici in generale) si polemizza in modo ricorrente. Ogni tanto succede che qualcuno ne avverta la presenza come offensiva o capace di “turbare” alunni non cristiani. In realtà una sentenza del Consiglio di Stato di qualche anno (è la n. 63 del 1988) fa chiariva bene come, al di là del significato per i credenti, la croce rappresenti “il simbolo della civiltà e della cultura cristiana nella sua radice storica, come valore universale, indipendente da specifica confessione religiosa”.

Il cardinale Ruini ha ricordato, domenica, come il crocifisso esprime “l’anima profonda del Paese” e deve rimanere nelle scuole come “segno dell’identità della nostra nazione”. Non c’è prevaricazione religiosa nell’esposizione di un simbolo che tra l’altro, per se stesso, indica invece tutt’altro. La sentenza dell’Aquila, dunque, ha le gambe corte. Tuttavia pone una serie di questioni serie, che in questo inizio di millennio chiedono un ripensamento efficace. Si tratta di riflettere sui rapporti tra le religioni e la società civile e politica, sul ruolo della scuola, sulla prospettiva multiculturale e interculturale verso cui, inevitabilmente, il nostro mondo si incammina. L’incontro tra diversità non può ridursi a scontro o a indifferenza reciproca. Né si può pensare che l’accoglienza richieda l’annullamento delle identità. Il caso recente, in Francia, delle ragazze espulse da scuola perché portavano il velo islamico, le discussioni in Germania, dove è stato attivato anche un insegnamento di religione musulmana, il dibattito, di scenario, sul riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa nella futura Costituzione dell’Ue sono tutti segnali di quanto sia decisivo ripensare i termini di una moderna laicità che non sia neutralità o indifferentismo e superare i falsi pudori nei confronti delle matrici religiose della nostra cultura. La scuola è, per questo, un luogo privilegiato. A scuola si può e si deve studiare e approfondire la storia dei nostri popoli, per cogliere vitalità e prospettive di futuro. A scuola si può superare la paura del “diverso”, dello straniero, innescando invece meccanismi virtuosi di conoscenza e rispetto reciproco. Come di fatto succede nelle tantissime classi reali del nostro Paese, dove ragazze e ragazzi diversi, aiutati da adulti consapevoli, provano a camminare insieme. E allora lasciateli camminare. Parte da qui la costruzione di quella nuova cultura della convivenza necessaria per affrontare gli anni a venire, se non vogliamo trasformarli in una infinita sequela di “atti di forza”. Giù le mani dal crocifisso, giù le mani dalla scuola. Basta con le squallide provocazioni come è anche quest’ultima che parte da Ofena. Sconcerta e inquieta che un giudice l’abbia raccolta e che ci siano ora pesanti strumentalizzazioni politiche anche contro la Chiesa.

Una sentenza assurda e dannosa per tutti

Il testo integrale dell’Ordinanza contro il Crocifisso

OFENA, SOSPESA DAL TRIBUNALE L’ORDINANZA CONTRO IL CROCIFISSO

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