Sport

Toscana contagiata dal pallone «malato»

di Simone Spadaro

L’ombra del sospetto si aggira sulla Nazionale e su tutto il mondo del calcio italiano. Un sospetto non nuovo e che ricorda scandali che hanno caratterizzato il mondo del pallone prima dei Mondiali del 1982 e, più recentemente, prima del 2006. Ma questa nuova «calciopoli» costruita da piccoli delinquenti di provincia, giocatori di secondo piano che scommettevano su gare di serie A, di serie B ma, soprattutto, nelle serie minori, infanga, in maniera indelebile, quello che tutti considerano lo sport più bello del mondo.

Mai auto della Polizia si erano presentate al centro Tecnico di Coverciano alle prime luci del mattino per consegnare un avviso di garanzia ad un giocatore della Nazionale azzurra, Domenico Criscito, che poi il Ct Prandelli ha escluso dalla lista dei convocati per gli imminenti Europei che si svolgeranno in Polonia ed Ucraina; mai altri due giocatori (cosa che al momento riguarda Bonucci e Buffon) erano scesi in campo con l’ombra del sospetto di essere invischiati in «calciopoli». Leonardo Bonucci è indagato, come Criscito; e non si capisce come mai siano stati usati due pesi e due misure diverse. Al difensore della Juventus doveva essere riservato lo stesso trattamento del giocatore dello Zenit San Pietroburgo ma così, fino ad ora, non è stato. E la rete, attraverso i social network sta sottolineando questa assurda disparità di trattamento. Completamente diversa la vicenda del capitano della Nazionale, Gigi Buffon, che si era scagliato contro la magistratura («Vergognosa fuga di notizie» le sue parole) e per il quale si parla di scommesse vietate per oltre un milione e mezzo di euro. Per il portiere un’informativa della Guardia di Finanza di Torino, allegata agli atti dell’inchiesta di Cremona, scaturita da una segnalazione di operazioni sospette. La vicenda Buffon potrebbe aprire un nuovo fronte sulle scommesse di «calciopoli».

Quanto sia tranquillo il clima in casa Italia, a questo punto, non ci è dato sapere. Certo che l’aria avvelenata delle ultime settimane non agevolerà la trasferta europea. E proprio questo campionato europeo, in piena recessione, parte con il piede sbagliato. Come in ogni scandalo c’è anche un «pentito». Qualcuno che ha scoperchiato questo malaffare. Si chiama Filippo Carobbio (già calciatore di Siena e Grosseto). È lui che sta letteralmente inguaiando oltre alle sue ex squadre anche Pisa, Livorno ed Empoli. Insieme al già citato Carobbio gli elementi di spicco sono Cristiano Doni, ex capitano dell’Atalanta, Luigi Sartor, Alessandro Zamperini, Cristian Bertani e Mario Cassano. Tutti sono accusati di associazione a delinquere per aver commesso illeciti. Si è, per ora, svolto il secondo processo – il primo andò in scena nel giugno scorso – e sono, in totale, alla sbarra 61 tesserati e ben 22 club per un filone d’inchiesta che ha trattato, prevalentemente, la serie B. Se la posizione del Siena è per ora marginale (ma la situazione del club bianconero è molto pesante e sarà trattata nel terzo filone che andrà in scena a luglio) il Grosseto, al quale erano state contestate sette partite ed il Livorno, con tre gare sospette, ha scelto il patteggiamento. Per i labronici 15 mila euro di ammenda; per il Grosseto 6 punti di penalizzazione da scontare nel prossimo campionato di serie B e 40 mila euro di ammenda. Situazione diversa per l’Empoli coinvolto solo per «responsabilità presunta» e che non rischia molto. Stesso ragionamento per il Pisa.

Innegabile che la società che sta tremando maggiormente è il Siena che, senza tanti giri di parole, rischia la retrocessione diretta nel torneo cadetto. Sotto la Torre del Mangia è stato tirato in ballo il Presidente Massimo Mezzaroma che, a detta dei pentiti, avrebbe addirittura chiesto alla sua squadra di perdere la partita contro il Varese del 21 maggio 2011 (l’ultima di Antonio Conte, ex tecnico senese ora Campione d’Italia con la Juventus ed anche lui indagato) e che invece finì 5-0 per i bianconeri. Conte è stato chiamato in causa in quanto sarebbe stato a conoscenza di altre due «combine» che riguardavano il Siena con il Novara e l’Albinoleffe. Solo a fine luglio capiremo dove giocherà il Siena. Ma, con tutta franchezza, vista la dimensione dello scandalo è difficile al momento capire quali sono, in generale, le squadre che giocheranno ancora in serie A, in B, in Lega Pro o, addirittura, ancora più in basso. È chiaro che questa situazione sta innescando una serie di addii a Siena è ciò sta complicando, ulteriormente, la situazione. Via il dg Perinetti e l’allenatore Sannino, la squadra della città del Palio rischia di non avere più alle spalle il Monte dei Paschi che già sta vivendo momenti inquietanti sulla scena finanziaria nazionale. Il Monte con oltre otto milioni all’anno è il quinto sponsor più munifico d’Italia e per il Siena è una sorta di tutor che già si era impegnato per la realizzazione di una cittadella dello sport ad Isola d’Arbia. Sarà un’estate ricca di colpi di scena per questo calcio, finito nella cenere e che non ha nessuna voglia di risorgere.

Se i calciatori sono presi da feroce avidità

Altro che scosse di assestamento: anche se di questi tempi è meglio non abusare del termine, ma il sisma Scommessopoli è in piena attività e rischia di scuotere il nostro calcio non più dalle fondamenta, ma fino ai piani più alti del sistema. Raffiche di arresti, avvisi di garanzia, perquisizioni hanno toccato i «santuari» più esclusivi del pallone nostrano, da Antonio Conte, allenatore dei freschi campioni d’Italia della Juventus, fino al centro di Coverciano, la casa degli azzurri in procinto di debuttare per l’avventura degli Europei. Forse è proprio questa l’analogia più inquietante rispetto a solo 6 anni fa, quando proprio alla vigilia dei Mondiali 2006, esplose dirompente quella Calciopoli che provocò un uragano mai visto e che vide la Juventus precipitare in B. Per gli amanti della cabala, almeno ci sarà la consolazione di ricordarsi come sul campo gli azzurri reagirono alla grande, conquistando il loro quarto Mondiale in terra di Germania: buon auspicio per la banda Prandelli e per la sua avventura europea a Danzica contro i campioni uscenti della Spagna. Ma le buone notizie finiscono qui, il resto è notte fonda.

A 32 anni dal primo diluvio che affondò il pallone, nel 1980, con le allora «Pantere» della polizia che violarono gli stadi arrestando nomi eccellenti come Albertosi, Morini, Manfredonia, Giordano e inguaiando pure Paolo Rossi, il marcio è continuato a crescere. A fare da effetto moltiplicatore ci hanno pensato Internet e un sistema che permette di scommettere praticamente su tutto, persino a evento in corso. Anche sul fronte malavitoso c’è stato un salto di qualità: allora il «business» illecito era affidato a due dilettanti allo sbaraglio, un fruttivendolo e un ristoratore (Trinca e Cruciani). Ora la rete criminale ha travalicato i confini, utilizza ogni mezzo tecnologico a disposizione ed è in grado da Singapore di controllare flussi di denaro di mezza Europa.

Alla base di tutto resta però la stessa feroce avidità con cui campioni celebrati del nostro calcio vogliono sempre di più e non si accontentano neppure dei loro ingaggi principeschi: pur di saziare la loro sete di denaro sono così disposti a vendere o comprare partite, corrompere compagni e diventare collettori di scommesse anche per altri. Uno scenario da brividi su cui il premier Monti si è pronunciato in modo drastico, interrogandosi se, per sanare una volta per tutte il marciume, non sia meglio «sospendere anche per due-tre anni i campionati». Parole che naturalmente al Palazzo del calcio non sono affatto piaciute, ma che forse devono far riflettere: ormai il danno d’immagine a livello planetario è compiuto e non è neppure il primo di questa sciagurata stagione, se pensiamo al ricatto degli ultrà di Genova o alla rissa allenatore-giocatore di Firenze. Lo stesso Prandelli, a testimonianza del caos e della pressione che regna in questi giorni, è arrivato al punto di dire che «se sarà opportuno, come Nazionale siamo anche disposti a non andare all’Europeo». Provocazione estrema, che però fotografa bene il momento.

Vedremo come giustizia ordinaria e giustizia sportiva porteranno avanti i loro processi, con immancabili cataclismi a livello di classifiche, con retrocessioni annunciate e radiazioni a vita. Basta non avere troppa fretta, anche se, possiamo già scommetterci (legalmente), nessuno rispetterà i diktat di Monti e bene o male il campionato ricomincerà a fine agosto, come sempre, con il rischio, già patito nel 2006, che solo una parte delle magagne venga fuori e che i furbi o i fortunati si ritrovino più avanti con un reato caduto in prescrizione. Nonostante la caduta di ogni illusione, proviamo ancora a nutrire una speranza: nelle stesse ore, infatti, in cui i finanzieri entravano a Coverciano notificando a Criscito la sua posizione d’indagato, varcavano i cancelli del centro tecnico anche Farina e Pisacane, i giocatori simbolo della lotta al malaffare, coloro che si erano rifiutati di accettare la combine, denunciando i fatti. È dal loro esempio che tutto il movimento dovrà ripartire, con l’auspicio che i giovani riescano a comprendere ancora quali sono le mele marce in un sistema in cui ormai la trasparenza sembra diventata un trascurabile accessorio.

Leo Gabbi

L’intervista: Oltre all’etica sconfitto sul campo ogni possibile valore educativo

di Maria Michela Nicolais

Uno scandalo «devastante», che arriva addirittura alla formulazione di capi d’imputazione come «associazione a delinquere» e che – per la prima volta in Italia – contiene «implicazioni anche di denaro riciclato in Paesi lontani». A descriverlo in questi termini è Bruno Pizzul, storico telecronista e commentatore sportivo.

Come valutare quello che leggiamo in questi giorni sul «calcioscommesse»?

«Purtroppo si tratta di un’ulteriore conferma del momento di grave crisi, del deficit di carattere etico che caratterizza il nostro calcio. Ormai possiamo dire che si tratta di situazioni ricorrenti, ma stavolta la sensazione è che siamo in presenza di qualcosa di ancora più grave. In precedenza, infatti, si trattava di aggiustamenti di partite, di accordi truffaldini all’interno del movimento calcistico nostrano. Adesso si parla addirittura di associazione a delinquere con implicazione – ed è la prima volta in Italia – anche di riciclaggio di denaro in Paesi lontani. Quello a cui assistiamo è sicuramente un fenomeno molto inquietante, ferma restando la prudenza nel valutare la situazione e i suoi sviluppi».

Secondo lei si tratta di un fenomeno che si poteva prevedere?

«Questo che stiamo attraversando è certamente un momento particolarmente difficile, ma direi che c’è stato un movimento quasi anticipatorio dei fatti di questi giorni. Il Gip di Cremona, ad esempio, mentre ancora sta indagando, ha già parlato della necessità di un’amnistia generale, che a suo avviso è l’unico modo per uscirne. Ma il lavoro di Cremona non è isolato: si sta lavorando anche nei Tribunali di Napoli e di Bari, e siamo ancora alle prime avvisaglie…».

Quali conseguenze può avere lo scandalo che ha travolto i vertici calcistici sui giovani che praticano questo sport?

«Noi tutti comprendiamo che in un mondo come quello di oggi, dove sono ormai caduti i valori fondamentali, è difficile individuare agenzie educative. Lo sport, se viene praticato in maniera giusta, può diventare anche un percorso educativo, se non altro perché insegna il rispetto delle regole e rappresenta un corretto approccio verso la legalità. Al di là dello stato di salute morale del nostro calcio questa situazione dei nostri vertici calcistici, davvero devastante, non consente invece di utilizzare la pratica sportiva come un percorso di crescita, per i giovani, non solo agonistica e tecnica, ma anche civile e morale».

Quali potrebbero essere, allora, le proposte per cercare d’invertire la tendenza?

«La prima risposta che mi viene, d’istinto, è: fermiamoci! Certo, fermare il calcio in Italia non è facile, ma c’è una corrente di pensiero, forse paradossale, che comincia a esprimersi in questo senso. Ed è un segnale da non lasciare cadere. Sicuramente non ci aiuta, in questa direzione, il fatto che gli organi che stanno ai vertici del calcio, cioè la Federazione e la Lega, siano caratterizzati da un tasso di litigiosità esasperato, perché concentrato solo sulle cose da fare per reperire risorse finanziarie, scavalcando in questo modo tutte le regole del fairplay…».