Vita Chiesa

BENEDETTO XVI, UDIENZA: INSEGNAMENTO DI S. ALFONSO ANCORA DI GRANDE ATTUALITÀ

“Un santo Dottore della Chiesa”, “un insigne teologo moralista e un maestro di vita spirituale per tutti, soprattutto per la gente semplice”, “autore delle parole e della musica di uno dei canti natalizi più popolari in Italia e non solo: Tu scendi dalle stelle”. Con queste parole, stamattina, Benedetto XVI ha descritto il protagonista della catechesi dell’udienza generale di oggi, Alfonso Maria de’ Liguori. Il santo, “appartenente a una nobile e ricca famiglia napoletana, nacque nel 1696” e, dopo una brillante carriera di avvocato, “nel 1723, indignato per la corruzione e l’ingiustizia che viziavano l’ambiente forense, abbandonò la sua professione – e con essa la ricchezza e il successo – e decise di diventare sacerdote, nonostante l’opposizione del padre”. Ordinato sacerdote nel 1726, si legò alla Congregazione diocesana delle missioni apostoliche. “Alfonso – ha ricordato il Papa – iniziò un’azione di evangelizzazione e di catechesi tra gli strati più umili della società napoletana, a cui amava predicare, e che istruiva sulle verità basilari della fede”. Alfonso “ottenne ottimi risultati: nei quartieri più miseri della città si moltiplicavano gruppi di persone che, alla sera, si riunivano nelle case private e nelle botteghe, per pregare e per meditare la Parola di Dio, sotto la guida di alcuni catechisti formati da Alfonso e da altri sacerdoti”.“Quando, per desiderio dell’arcivescovo di Napoli, queste riunioni vennero tenute nelle cappelle della città – ha aggiunto Benedetto XVI -, presero il nome di ‘cappelle serotine’. Esse furono una vera e propria fonte di educazione morale, di risanamento sociale, di aiuto reciproco tra i poveri: furti, duelli, prostituzione finirono quasi per scomparire”. Secondo il Papa, “anche se il contesto sociale e religioso dell’epoca di sant’Alfonso era ben diverso dal nostro, le ‘cappelle serotine’ appaiono un modello di azione missionaria a cui possiamo ispirarci anche oggi per una ‘nuova evangelizzazione’, particolarmente dei più poveri, e per costruire una convivenza umana più giusta, fraterna e solidale”. Entrato in contatto con i contadini e i pastori delle regioni interne del Regno di Napoli, Alfonso “decise di lasciare la capitale e di dedicarsi a queste persone”. Nel 1732 “fondò la Congregazione religiosa del Santissimo Redentore”. Questi religiosi, guidati da Alfonso, “furono degli autentici missionari itineranti, che raggiungevano anche i villaggi più remoti esortando alla conversione e alla perseveranza nella vita cristiana soprattutto per mezzo della preghiera. Ancor oggi i Redentoristi – ha precisato il Papa -, sparsi in tanti Paesi del mondo, con nuove forme di apostolato, continuano questa missione di evangelizzazione”. Alfonso “fu canonizzato nel 1839, e nel 1871 venne dichiarato Dottore della Chiesa”, titolo che gli si addice per molteplici ragioni, ha spiegato Benedetto XVI, nella catechesi odierna: “Anzitutto, perché ha proposto un ricco insegnamento di teologia morale, che esprime adeguatamente la dottrina cattolica, al punto che fu proclamato dal Papa Pio XII ‘Patrono di tutti i confessori e i moralisti’”. Infatti, Sant’Alfonso “propone una sintesi equilibrata e convincente tra le esigenze della legge di Dio, scolpita nei nostri cuori, rivelata pienamente da Cristo e interpretata autorevolmente dalla Chiesa, e i dinamismi della coscienza e della libertà dell’uomo, che proprio nell’adesione alla verità e al bene permettono la maturazione e la realizzazione della persona”. Sant’Alfonso “non si stancava mai di ripetere che i sacerdoti sono un segno visibile dell’infinita misericordia di Dio – ha aggiunto il Papa -, che perdona e illumina la mente e il cuore del peccatore affinché si converta e cambi vita”. “Nella nostra epoca, in cui vi sono chiari segni di smarrimento della coscienza morale e – occorre riconoscerlo con preoccupazione – di una certa mancanza di stima verso il Sacramento della Confessione, l’insegnamento di sant’Alfonso è ancora di grande attualità”, ha osservato il Papa. Sant’Alfonso compose anche moltissimi scritti, “destinati alla formazione religiosa del popolo”. Alfonso “insiste molto sulla necessità della preghiera, che consente di aprirsi alla Grazia divina per compiere quotidianamente la volontà di Dio e conseguire la propria santificazione”. Tra le forme di preghiera consigliate “la visita al Santissimo Sacramento”. “La spiritualità alfonsiana – ha spiegato il Pontefice – è infatti eminentemente cristologica, centrata su Cristo e il Suo Vangelo”. E proprio perché cristologica, “la pietà alfonsiana è anche squisitamente mariana”. Il santo, ha aggiunto, “è un esempio di pastore zelante, che ha conquistato le anime predicando il Vangelo e amministrando i Sacramenti, unito ad un modo di agire improntato a una soave e mite bontà, che nasceva dall’intenso rapporto con Dio”. Ha avuto “una visione realisticamente ottimista delle risorse di bene che il Signore dona ad ogni uomo e ha dato importanza agli affetti e ai sentimenti del cuore, oltre che alla mente, per poter amare Dio e il prossimo”. Infine, questo santo, come san Francesco di Sales, “insiste nel dire che la santità è accessibile ad ogni cristiano”. “Ringraziamo il Signore che, con la sua Provvidenza, suscita santi e dottori in luoghi e tempi diversi – ha concluso il Papa -, che parlano lo stesso linguaggio per invitarci a crescere nella fede e a vivere con amore e con gioia il nostro essere cristiani nelle semplici azioni di ogni giorno, per camminare sulla strada della santità”.Nei saluti plurilingue, dopo l’udienza generale, Benedetto XVI si è rivolto in polacco agli aderenti della Associazione polacca dei ciechi che festeggia il 60° anniversario di fondazione e ai giornalisti che si preparano a divulgare gli eventi riguardanti la beatificazione di Giovanni Paolo II. In ucraino ha salutato mons. Sviatoslav Schevchuk, nuovo arcivescovo maggiore di Kiev, i vescovi e i fedeli della Chiesa greco-cattolica ucraina presenti all’udienza del Santo Padre: “Assicuro la mia costante preghiera perché la Santissima Trinità conceda abbondanza di doni, confermando nella pace e nella concordia l’amata nazione Ucraina”. “Beatitudine – ha aggiunto il Papa rivolgendosi a mons. Schevchuk -, il Signore l’ha chiamata al servizio e guida di questa nobile Chiesa, parte di quel popolo che oltre mille anni fa ha ricevuto il battesimo a Kiev. Sono certo che illuminato dall’azione dello Spirito Santo presiederà la sua chiesa, guidandola nella fede in Cristo Gesù secondo la propria tradizione e spiritualità in comunione con la sede di Pietro che è vincolo visibile di quell’unità per la quale tanti figli non hanno esitato ad offrire persino la propria vita”. “In questo momento – ha concluso – il mio grato ricordo va anche al venerato fratello sua beatitudine card. Lubomyr Husar, arcivescovo maggiore emerito”.Sir