Vita Chiesa

Papa Francesco, Angelus, «se vivo per me stesso sto seminando morte»

«Questa dimensione terrena in cui viviamo adesso non è l’unica dimensione, ma ce n’è un’altra, non più soggetta alla morte, in cui si manifesterà pienamente che siamo figli di Dio». Lo ha ricordato il Papa, durante l’Angelus di ieri. «Dà grande consolazione e speranza ascoltare questa parola semplice e chiara di Gesù sulla vita oltre la morte», ha proseguito: «ne abbiamo tanto bisogno specialmente nel nostro tempo, così ricco di conoscenze sull’universo ma così povero di sapienza sulla vita eterna». «Dopo questo pellegrinaggio terreno, che ne sarà della nostra vita? Apparterrà al nulla, alla morte?». È questo, per il Papa il «dubbio che tocca l’uomo di tutti i tempi e anche noi». «Gesù risponde che la vita appartiene a Dio, il quale ci ama e si preoccupa tanto di noi, al punto di legare il suo nome al nostro», ha spiegato Francesco: è «il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui». «La vita sussiste dove c’è legame, comunione, fratellanza; ed è una vita più forte della morte quando è costruita su relazioni vere e legami di fedeltà», ha detto il Papa: «Al contrario, non c’è vita dove si ha la pretesa di appartenere solo a sé stessi e di vivere come isole: in questi atteggiamenti prevale la morte. È l’egoismo. Se io vivo per me stesso, sto seminando morte nel mio cuore».

«Che non si sfruttino i lavoratori, che ci sia lavoro per tutti ma lavoro vero, non lavoro da schiavi». È l’appello rivolto dal Papa, al termine dell’Angelus, nel giorno in cui la Chiesa italiana ha celebrato la Giornata nazionale del Ringraziamento per i frutti della terra e del lavoro. «Mi associo ai vescovi – le parole di Francesco – nel richiamare il forte legame tra il pane e il lavoro, auspicando coraggiose politiche occupazionali che tengano conto della dignità e della solidarietà e prevengano i rischi di corruzione».

«Rivolgo un pensiero speciale al caro popolo del Sud Sudan, che io dovrò visitare quest’anno», ha detto il Papa, al termine dell’Angelus. «Con il ricordo ancora vivo del ritiro spirituale per le autorità del Paese, svoltosi in Vaticano nell’aprile scorso, desidero rinnovare il mio invito a tutti gli attori del processo politico nazionale a cercare ciò che unisce e a superare ciò che divide, in spirito di vera fratellanza», l’appello di Francesco: «Il popolo sud-sudanese ha sofferto troppo negli ultimi anni e attende con grande speranza un futuro migliore, soprattutto la fine definitiva dei conflitti e una pace duratura. Esorto pertanto i responsabili a proseguire, senza stancarsi, l’impegno in favore di un dialogo inclusivo nella ricerca del consenso per il bene della nazione. Esprimo inoltre l’auspicio che la comunità internazionale non trascuri di accompagnare il Sud Sudan nel cammino di riconciliazione nazionale. Vi invito tutti a pregare insieme per questo Paese, per il quale nutro un affetto particolare». Il secondo appello del Papa è dedicato all’«amata Bolivia, vicina alla mia patria»: «Invito tutti i boliviani, in particolare gli attori politici e sociali, ad attendere con spirito costruttivo, e senza alcuna previa condizione, in un clima di pace e serenità, i risultati del processo di revisione delle elezioni, che è attualmente in corso. In pace».