Vita Chiesa

Papa Francesco: udienza, «La Chiesa siamo tutti»

«Quando ci riferiamo alla Chiesa – ha esordito – immediatamente il pensiero va alle nostre comunità, alle nostre parrocchie, alle nostre diocesi, alle strutture nelle quale siamo soliti riunirci e, ovviamente, anche alla componente e alle figure più istituzionali che la reggono, che la governano. È questa la realtà visibile della Chiesa. Dobbiamo chiederci: si tratta di due cose diverse o dell’unica Chiesa? E, se è sempre l’unica Chiesa, come possiamo intendere il rapporto tra la sua realtà visibile e quella spirituale?». «Quando parliamo della realtà visibile della Chiesa, non dobbiamo pensare solamente al Papa, ai vescovi, ai preti e alle persone consacrate», ha spiegato il Papa: «La realtà visibile della Chiesa è costituita dai tanti fratelli e sorelle battezzati che nel mondo credono, sperano e amano. Da tutti coloro che seguono il Signore Gesù e che, nel suo nome, si fanno vicini agli ultimi e ai sofferenti, cercando di offrire un po’ di sollievo, di conforto e di pace».

«La Chiesa non si può misurare, è tanto grande!», ha esclamato il Papa, che a braccio ha citato come prova «le tante opere di amore, tante fedeltà nelle famiglie, tanto lavoro per educare i figli per curare i malati, per trasmettere la fede», e «la tanta sofferenza degli ammalati, che gli ammalati offrono al Signore». «Come si fa a conoscere tutto il bene che viene fatto? Come si fa a conoscere tutte le meraviglie che, attraverso di noi, Cristo riesce ad operare nel cuore e nella vita di ogni persona?», si è chiesto il Papa: «La realtà visibile della Chiesa – ha commentato – va oltre il nostro controllo, va oltre le nostre forze, ed è una realtà misteriosa, perché viene da Dio».

«Guardare a Cristo non si sbaglia!». Con queste parole, pronunciate ancora una volta a braccio, il Papa ha spiegato che «anche la Chiesa», come Cristo, «è un mistero, nel quale ciò che non si vede è più importante di ciò che si vede, e può essere riconosciuto solo con gli occhi della fede». «Per comprendere il rapporto, nella Chiesa, tra la sua realtà visibile e quella spirituale – ha spiegato Francesco – non c’è altra via che guardare a Cristo, del quale la Chiesa costituisce il corpo e dal quale essa viene generata, in un atto di infinito amore». Anche in Cristo, infatti, «in forza del mistero dell’incarnazione, riconosciamo una natura umana e una natura divina, unite nella stessa persona in modo mirabile e indissolubile. Ciò vale in modo analogo anche per la Chiesa». «E come in Cristo – ha proseguito il Papa – la natura umana asseconda pienamente quella divina e si pone al suo servizio, in funzione del compimento della salvezza, così avviene, nella Chiesa, per la sua realtà visibile, nei confronti di quella spirituale». «Cristo è modello per la Chiesa, per tutti i cristiani, per tutti noi», ha aggiunto a braccio.

«Attraverso la sua realtà visibile, i sacramenti e la sua testimonianza», la Chiesa «è chiamata ogni giorno a farsi vicina ad ogni uomo, a cominciare da chi è povero, da chi soffre e da chi è emarginato, in modo da continuare a far sentire su tutti lo sguardo compassionevole e misericordioso di Gesù». Così il Papa ha descritto il compito della Chiesa visibile, rispondendo alla domanda: «Come la realtà visibile può porsi a servizio di quella spirituale?». «Possiamo comprenderlo guardando a Cristo», ha spiegato Francesco: «Come Cristo si è servito della sua umanità per annunciare e realizzare il disegno divino di redenzione e di salvezza, così deve essere anche per la Chiesa».

«Tutti noi siamo peccatori, tutti». Ad esclamarlo, a braccio, è stato il Papa che al termine della catechesi dell’udienza di oggi, pronunciata davanti a circa 30mila persone, ha detto che «nessuno di tutti noi può dire: ‘non sono peccatore’». «Ma se qualcuno se la sente, alzi la mano!», ha poi scherzato rivolgendosi ai fedeli: «Vediamo quanti!», ha sorriso, «non si può!». «Spesso come Chiesa facciamo esperienza della nostra fragilità e dei nostri limiti», ha detto il Papa: «Tutti ne abbiamo», ha aggiunto a braccio. «E questo – ha proseguito – è giusto che procuri in noi un profondo dispiacere, soprattutto quando diamo cattivo esempio e ci accorgiamo di diventare motivo di scandalo».

«Tutti noi possiamo diventare motivo di sandalo ma anche motivo di testimonianza», ha detto il Papa nella parentesi a braccio che ha concluso la catechesi odierna. Come esempio di scandalo, Francesco ha citato «quella persona che sta sempre in chiesa ma sparla di tutti», e ha esclamato: «Che cattivo esempio sparlare dell’altro: questo non è un cristiano, è un cattivo esempio», a causa del quale qualcuno potrebbe dire «se questo è cristiano, mi faccio ateo». «La nostra testimonianza invece – ha detto Francesco -, è quella che fa capire cosa è essere cristiani». «Chiediamo allora il dono della fede, perché possiamo comprendere come, nonostante la nostra pochezza e la nostra povertà, il Signore ci ha reso davvero strumento di grazia e segno visibile del suo amore per tutta l’umanità», la preghiera finale del Papa.

«Vorrei oggi elevare una preghiera e avvicinare al nostro cuore il popolo messicano, che soffre per la scomparsa dei suoi studenti e per tanti problemi simili. Che il nostro cuore di fratelli stia loro vicino, pregando in questo momento». Sono le parole pronunciate dal Papa, nei saluti rivolti durante l’udienza di oggi ai pellegrini di lingua spagnola. Papa Francesco si è rivolto in particolare ai fedeli provenienti dal Messico, e ha parlato dei 43 studenti messicani scomparsi il 26 settembre scorso a Iguala, nello Stato meridionale di Guerrero, bruciati vivi dai narcos, secondo la testimonianza di padre Alejandro Solalinde.

Prima dell’udienza generale di oggi, Papa Francesco ha sostato davanti all’Arco delle Campane per benedire una statua in pietra di sette quintali, raffigurante Giovanni Paolo II, opera di Antonio Peretti (Tom Perri). Tra gli oltre 30mila fedeli presenti in piazza, c’erano anche i fedeli di lingua tedesca, che hanno presentato al Papa un modello della basilica di Hildesheim. Gli studenti del Gymnasiun Hocstadt an der Aish e della Maristenschule Recklinghausen hanno portato al Papa, che li ha benedetti, i crocifissi che metteranno nelle loro aule. In piazza San Pietro oggi c’erano anche i carri di San Leo: tre carri trainati dai buoi provenienti da san Pietro in Pensilis, in Molise. Il Papa li ha menzionati nei saluti di lingua italiana, salutando anche il vescovo di Termoli Larino, monsignor Gianfranco De Luca. Un saluto speciale anche gli infermieri e ai tecnici dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù. Citando, infine, ai termini dei saluti in lingua italiana la festività imminente di Tutti i Santi, Papa Francesco ha detto ai giovani: «Guardate ai santi come a modelli di vita».