Vita Chiesa

Se il catechista impara a parlare con le immagini

di Fabio Barni

Troni, dominazioni, vincastro e olio d’esultanza. Meglio lasciar perdere, almeno nelle ore di dottrina, davanti ai più piccoli. Perché con i giovani, e forse non soltanto con loro, è meglio parlare un linguaggio diretto e comprensibile, senza dare per scontati certi termini o, peggio che mai, limitarsi a quelli. Parola di don Antonio (Tonino) Lasconi, parroco a Fabriano, dov’è nato e dove dirige l’Ufficio catechistico diocesano, e autore di numerosi libri fra i quali quel «Gesù il grande rompi» che sulle prime lasciò a dir poco perplesse, visto il titolo, le Edizioni Paoline. Per il sacerdote e catechista, che è pure saggista e giornalista, nelle aule parrocchiali è l’ora di parlare il linguaggio di chi ascolta, quello dei giovanissimi, per giunta sapendo utilizzare i loro mezzi, tv, internet ed sms compresi.

Lo ha ripetuto, mercoledì 9 gennaio, intervenendo a Prato a un incontro organizzato dalla parrocchia dell’Annunciazione alla Castellina, in collaborazione con l’Ufficio catechistico diocesano. Ai catechisti, don Tonino dice che «Gesù merita il meglio». Sempre. A cominciare dai posti dove si parla di Lui ai più giovani.«Mi è capitato spesso di vedere che la sala della catechesi è la più brutta di tutta una parrocchia – dice don Lasconi – È l’ora di finirla. Lì si parla di Gesù ai più piccoli e deve essere la più bella, colorata, accogliente». Per carità, il parroco marchigiano non intende improvvisarsi architetto o designer. Ma dal meglio della cultura dell’immagine, il catechismo ha molto da prendere. «Pensiamo un po’ alla bellezza dei dipinti di tante chiese di diversi secoli fa, ai tesori che hanno fatto la storia dell’arte – osserva – Oggi, invece, non è raro trovare nelle chiese e nelle sale parrocchiali opere di una bruttezza unica». Affreschi e tele dal tardo medioevo al rinascimento, in definitiva, parlavano, inviavano messaggi immediati e comprensibili. E per di più in maniera quanto meno accattivante.

Sull’immagine, non necessariamente quella sacra, don Antonio Lasconi punta deciso. Parla di pubblicità e si sa quanto ammiri i suoi artefici; non per i messaggi che mandano, certo, ma per come li mandano. Così, allo stesso modo, «per comunicare Gesù ci vuole il meglio delle immagini, delle parole e delle competenze». «Qualcuno mi dice che gli piaceva di più il catechismo senza immagini. Se obbediamo a Cristo, però, dobbiamo attrezzarci a evangelizzare, oggi, questa gente qui», avverte il sacerdote. Insomma, non si scappa.

Beninteso, le parole restano importanti, centrali. L’ipotesi di don Tonino non è quella di un catechismo modello pubblicità, sola immagine e poca sostanza. Anzi. Ma anche a proposito di parole «non dimentichiamoci che alcune hanno cambiato significato nell’uso corrente. Se oggi dico che “Dio è pietoso” – sottolina Lasconi – nel linguaggio comune non ispiro granché». Il problema di fondo, secondo il sacerdote di Fabriano, è che «ci sono ragazzini che, tre mesi dopo la cresima, è come non avessero sentito mai parlare di Gesù». Non gli è rimasto impresso, insomma. «Non ci dobbiamo però scoraggiare – dice ancora – Impariamo a utilizzare tutti gli strumenti della comunicazione. Per i catechisti è il minimo sapersene servire». Sul linguaggio da adottare, i catechisti non dovrebbero trovare troppe difficoltà. «Le catechiste, ma anche i catechisti, i bambini ce li hanno generalmente in casa – rileva don Lasconi – Sanno come parlare con loro e sanno come guardare, criticamente, la tv in loro compagnia. Solo che quando escono di casa e vanno a fare catechismo, cambiano. E fanno una lezione come a scuola. Noi, per annunciare Gesù, che merita le parole più convincenti e le immagini più belle, dobbiamo fare qualcosa di diverso». Possibilmente, di meglio.

Allora, immagini e parole insieme, tanto per cominciare. «Anche i telegiornali, quando danno una notizia, si servono di una diapositiva perché si capisca subito di chi o di che cosa si parla». «La parola va prima al cervello e poi al cuore – continua il parroco fabrianese – L’immagine va prima al cuore e poi al cervello e chi fa pubblicità prova a far sì che non raggiunga il cervello». Chi insegna Gesù deve fare in modo, invece, che l’immagine colpisca il cuore e che vada alla mente, la stimoli.

Ma al di là del catechismo, tornando ai messaggi tv, don Lasconi lancia anche un avvertimento. «Mi capita spesso di parlare con signore che mi dicono di seguire un programma o l’altro mentre fanno le faccende o che mi riferiscono che i loro figli guardano la tv mentre giochicchiano. Attenzione: sono quelli i momenti nei quali si assorbe di più», senza il minimo di critica.

In un catechismo nuovo e per immagini, è ovvia conseguenza che «non si possa rinunciare a parlare, al momento critico. Anche su quello che i ragazzi vedono tutti i giorni – sottolinea Lasconi – Se non siamo noi a fare arrivare al cervello quello che la pubblicità non vuole che arrivi, chi altro può farlo?». Come procedere? «Suscitiamo le domande nei bambini. È lo stesso Gesù risorto a cercare la domanda».

Un suggerimento anche per la Messa. «Che sia calda ma senza banalizzare – suggerisce ancora il parroco marchigiano – Ai bambini dobbiamo dire che la messa è per i grandi ma che loro sono graditi ospiti».

Internet, il telefonino, i trucchi della pubblicità…

Un incontro dal titolo che è difficile equivocare: «Doppio clic sulla catechesi». Di tasti del mouse, computer e videoproiettore alla mano, don Antonio Lasconi ne ha schiacciati parecchi, mercoledì 9, nella sua serata pratese organizzata dalla parrocchia dell’Annunciazione e dall’Ufficio catechistico diocesano. Ha parlato mostrando immagini tratte dal web come dalla pubblicità, comprese signore provocanti e signorine in bikini. Nella saletta parrocchiale, bella piena, non ha mancato di strappere consensi e qualche risata, soprattutto quando ha messo ancor di più a nudo quelle che sono le insidie e gli escamotage dei pubblicitari. Ma si parlava di catechismo e i catechisti, non soltanto donne e non solo suore, hanno seguito con attenzione. Dimostrando, qua e là, di comprendere benino la materia ma di non aver quasi mai pensato di adottarla nelle lezioni in parrocchia.L’oratore era di quelli da tenere di conto. Sacerdote, scrittore e giornalista, don Antonio Lasconi collabora da anni con numerose testate cattoliche tra cui Avvenire; esperto di catechesi per bambini, ragazzi e adolescenti, da anni tiene seminari in tutta Italia per catechisti e operatori pastorali. Attualmente svolge servizio di parroco nella parrocchia di San Giuseppe Lavoratore di Fabriano, suo paese natale. È anche assistente diocesano dell’Azione Cattolica e direttore dell’Ufficio Catechistico della Diocesi di Fabriano-Matelica. Alla fine, tutti consapevoli, com’era in premessa dell’incontro, che internet, telefonino, computer, home video sono la nostra vita quotidiana e che, per i più giovani, sono i sistemi di comunicazione quasi esclusivi. È l’ora d’applicarli, per poi riappropriarsi della parola e delle competenze critiche, per aiutare i giovanissimi a crescere e, sia chiaro, per annunciare Gesù con simboli, parole e immagini di vera, se non rara, bellezza. Non è mancato, durante la serata pratese, un cenno ad halloween. Se la festa dei santi e dei morti, in cinque anni, è stata ridotta a quella sorta di mascherata, è l’ora della riscossa. «Facciamo come gli antichi cristiani – ha suggerito don Lasconi – quando si appropriavano delle feste pagane».