Cultura & Società

Festival Internazionale Teatro Romano Volterra, la XVIII edizione al via con un omaggio a Moby Dick

Per la prima volta a Volterra, Daniela Giovanetti, dichiara con entusiasmo che sarà “felice di esserci. Da tempo, infatti, mi sarebbe piaciuto, e questa volta, finalmente, è stato possibile”. Sull’origine dello spettacolo racconta: “l’idea è nata da un’esigenza. Avevo riletto Moby Dick e questa si è rivelata molto più di una lettura. È stato, per me, come intraprendere realmente un viaggio. Lo spettacolo nasce come omaggio alla balena bianca, a Melville che ha scritto qualcosa di straordinario, di unico, un capolavoro. Così è sorta per me una necessità. Ho pensato che mi sarebbe piaciuto molto portare in scena quello che Melville è riuscito a darmi con la sua opera: un’emozione fortissima. Ne ho parlato con Alessandro Di Murro e nonostante non lo conoscessi da molto tempo, ha condiviso con me questa idea. Poi ne ho parlato con Gianni Guardigli, con il quale avevo già lavorato, ed è stato straordinario cogliere un’affinità, le stesse sensazioni nei confronti di Moby Dick. Anche per lui questo è uno dei romanzi che fanno parte di quella ‘rosa degli unici’, cioè di quelli che ogni tanto rileggiamo. Così è nata Bianca. Il debutto è stato nella ricorrenza dei duecento anni dalla nascita di Melville, nel 1819, esattamente nel giorno del suo compleanno, 1 agosto, presso I Giardini della Filarmonica Romana. Lo abbiamo poi portato in scena al mare, all’alba. Era un’alba meravigliosa sulla spiaggia di Riccione alle 4 del mattino, quando dall’oscurità nasceva l’alba. È stato molto emozionante”. Bianca è stato poi rappresentato, sempre con grandissimo successo, a Roma, al Teatro Basilica, costruito da Daniela Giovanetti, Alessandro Di Murro, con il Gruppo della Creta.

Sulla grande attualità di Bianca, Daniela Giovanetti spiega che: “è la voce della balena, della natura. Mai come adesso, dopo quanto accaduto, abbiamo sentito che in questo testo risuona il rapporto tra uomo e natura. Un rapporto che a volte dimentichiamo, credendoci gli unici abitanti della Terra, mentre in realtà non è così: ‘sopra c’è il cielo, sotto c’è il mare, a volte c’è la terra, ma c’è più mare che terra’. Questa è la prima battuta di Bianca, all’inizio dello spettacolo, e posso assicurare che, rileggendo il testo, vi abbiamo trovato ancora più significato e valore rispetto a quando lo abbiamo portato in scena, per la prima volta, un anno e mezzo fa. Penso anche al tipo di ascolto da parte dello spettatore. È diverso, ora, perché abbiamo ancora di più la necessità di raccontarci queste storie, che sono fondamentali, ma che a volte perdiamo. Bianca è questo: c’è Ismaele che intraprende un viaggio e, come dice Melville, dimostra che l’uomo ha necessità del mare, perché esso è un po’ come lo scrigno dei misteri, custodisce le risposte alle nostre domande. È qualcosa alla quale noi torniamo, l’acqua, il mare, verso cui siamo attratti. Si parla della scacchiera bianca e nera: il bene e il male, come se avessero lo stesso valore. Ismaele, che racconta questo viaggio, dice, sempre all’inizio dello spettacolo, che quando si sente malinconico, piuttosto che prendere una pistola e spararsi, va per mare, si sposta da dove si trova, prende il largo, cerca di capire di più, si metto in viaggio. Moby Dick è il bianco e Achab è il nero. In qualche modo Ismaele vive attraverso uno e l’altro la grandezza del nostro vivere. Senza il bene e senza il male c’è il niente; senza il bianco e senza il nero c’è il niente. L’uomo deve essere disposto a viaggiare per incontrare l’uno e l’altro, con tutti i rischi possibili. Achab esiste perché deve far vivere la balena che è la natura, quella che alla fine rimarrà. Ismaele dice che forse non è un caso se è proprio lui che rimane, che dovrà raccontare, mentre gli altri sono morti: ‘ma forse a cielo e mare non importa perché loro restano là’. Questa è l’ultima battuta di Bianca. Penso che questi concetti abbiano oggi ancora più valore e significato. Melville ha scritto qualcosa che è molto più di un romanzo e che è straordinario. Sapeva tutto sugli oceani, sulle balene; è veramente partito per mare e ha conosciuto approfonditamente tutto quello che ha poi raccontato in maniera eccezionale, così come i grandi sanno fare. Abbiamo voluto rendere omaggio a tutto questo. Ci siamo sentiti di doverlo fare. È singolare che lo spettacolo non sia nato adesso ma un anno e mezzo fa e non dettato dai fatti che in questo momento stiamo vivendo”.

Teatro Romano Volterra

11 luglio 2020

ore 21:30