Cultura & Società

«Il codice da Vinci», il successo di un falso storico

Immaginiamo questo scenario. Esce un romanzo in cui si afferma che il Buddha, dopo l’Illuminazine, non ha condotto quella vita di castità che gli si attribuisce, ma ha avuto moglie e figli. Che i seguaci, dopo la sua morte, si sono appropriati della sua vera eredità spirituale violando i diritti della moglie. Che la comunità buddista, per nascondere questa verità, ha commesso i crimini più atroci, uccidendo migliaia di persone. E che il Dalai Lama opera i misfatti più terribili pur di conservare il suo potere. Ebbene, cosa succede in tal caso?

Pubblicato il romanzo, le autorità di tutte le religioni esprimono profonda indignazione, denunciando la mistificazione e l’incitamento allo scontro fra le religioni. Intervengono i Governi.

In molte parti del mondo viene vietata la vendita del libro. I maggiori divi di Hollywood del calibro di Richard Gere appaiono in tv con un loro appello per fermare la proposta di una versione cinematografica.

Lo scenario non è vero, ma ce n’è uno simile che è del tutto reale. Solo che non si parla di Buddha, ma di Gesù Cristo. Non del Dalai Lama ma del Papa. Il romanzo in questione è «Il Codice Da Vinci», dell’americano Dan Brown e ha venduto, dalla sua uscita nel marzo 2003, 17 milioni di copie in tutto il mondo, tradotto in quaranta lingue. In Italia, in un anno, è già diffuso in più di un milione di copie.

L’esempio lo dobbiamo a Massimo Introvigne, fondatore del Cesnur, Centro di studi sulle nuove religioni. «I cattolici invece – ha affermato lo storico Franco Cardini – si fanno dire di tutto, senza reagire. Anzi, ignoranti come sono del Vangelo, sono i primi a farsi sconvolgere da simili operazioni culturali-commerciali».

De «Il Codice Da Vinci» il noto medievalista ha parlato martedì 23 novembre a Prato, presso «Soprattutto libri», in un incontro organizzato in collaborazione con il locale Centro culturale cattolico. La libreria era affollatissima: «Se ci fossimo ritrovati a discutere sul concetto di Occidente saremmo stati in 25», ha detto provocatoriamente Cardini. «Siamo invece in centinaia per discutere di un libro scritto male e pieno di “bischerate” fritte e rifritte».

Per lo storico, il libro di Brown è nient’altro che una raffinata operazione industriale; il valore (se così si può dire) dell’autore è tutto qui: è riuscito a fare quattrini a palate vendendo per nuova della paccottiglia vecchia anche di quasi duemila anni, che chi conosce un po’ di storia nemmeno prende più in considerazione.Eppure può darsi che qualcuno non ne sappia nulla e ci caschi: «Ma allora non è come dicono i Vangeli!». Ma noi, si chiede Cardini, i Vangeli li conosciamo? Molti, alle critiche che piovono sul libro, obiettano che si tratta, appunto, di un romanzo.Il noto medievalista svela il trucco. La Mondadori, che in Italia edita il libro, dopo la prima edizione, ha tolto una pagina «essenziale nell’economia del testo», quella delle «Informazioni storiche», dove Brown afferma che «tutte le descrizioni (…) di documenti e rituali segreti contenute in questo romanzo rispecchiano la realtà». Appare chiaro, allora, che il disegno di Brown, per quanto offensivo verso centinaia di milioni di cristiani nel mondo, non è di offrirci un trhiller avvincente.Ma – appunto – c’è dell’altro. Forse il libro di Brown è solo un’altra prova – è sempre Introvigne a parlare – che l’anti-cattolicesimo, per dirla con il sociologo americano (protestante) Philip Jenkins, è «l’ultimo pregiudizio accettabile».G.R. di Franco CardiniChe cosa racconta Il codice Da Vinci di Dan Brown? Che il celebre affresco di Leonardo, «L’Ultima cena», allude a una verità nascosta: che cioè Gesù non morì sulla croce, ma visse a lungo sposando Maria Maddalena e avendone dei figli; dai loro discendenti, approdati fortunosamente in Francia, ebbe origine la dinastia merovingia, che su quel paese regnò tra V e VIII secolo; tuttavia la malvagia Chiesa romana, che conosceva il mistero di Gesù, si affrettò ad occultarlo per sostituire la Sua Chiesa, in cui le donne avevano un ruolo di spicco, con un’organizzazione repressiva e maschilista, e fece perseguitare e cacciar i merovingi dai perfidi carolingi; il mito del Graal allude appunto a un «graal fisico», il corpo fecondo della moglie di Gesù; questo mistero è custodito da un sapiente sodalizio, il «Priorato di Sion», collegato con il paese pirenaico di Rennes-le-Château; ma c’è chi ricatta la Chiesa, minacciando di rivelare il segreto; e la Chiesa e l’Opus Dei non indietreggiano dinanzi a nessun delitto, pur di mantenere il segreto stesso.

Ed ecco i fatti veri. Che Gesù non sia effettivamente morto sulla croce, fu sostenuto dai cristiani «docetisti» (secc. I-IV), il cui insegnamento fu accolto, nello specifico, dall’Islam. Di Maria Maddalena come protagonista di una speciale spiritualità parlano appunto alcuni vangeli apocrifi, come quello di Tommaso. Di un culto di Maria Maddalena e delle «tre Marie» nella Francia meridionale, dove sorge anche il santuario della Sainte Baume, sappiamo da tempo molto. Era ed è ancora mèta di pellegrinaggi. Che la leggenda di Maria Maddalena sia legata a una serie di racconti agiografici a loro volta connessi con gli apocrifi evangelici, era non meno noto.

Fra 1885 e 1917 visse a Rennes-le-Château uno strano prete (nel 1910 sospeso a divinis), Berenger Saunière, che a un certo punto dette mostra di disporre d’una certa quantità di danaro di misteriosa origine e che si dette a strani scavi e a un’ancor più strana attività edilizia. Attorno a lui nacque una singolare fama: egli avrebbe scoperto dei «tesori» e dei preziosi documenti. Presto cominciarono a spuntare, attorno a quelle trouvailles, le indiscrezioni. Aveva trovato, naturalmente, il tesoro dei catari o forse dei templari; di più, aveva messo le mani sul loro grande segreto, ovviamente il Graal. Che però non era la coppa dell’Ultima Cena, bensì il simbolo d’una figura femminile: Maria Maddalena, che avrebbe sposato Gesù (a sua volta scampato alla crocifissione) e dall’unione con il quale avrebbe partorito la progenie del Saint-Graal, cioè del Sang Réal, il «Sangue Regale». Difatti dall’unione di Gesù con la Maddalena sarebbero nati i primi re di Francia, i merovingi. E il Saunière si sarebbe arricchito anche ricattando la Chiesa con la minaccia di rivelare tale segreto.

La storiella fu messa insieme e divulgata negli Anni Cinquanta da un faccendiere locale, Noël Corbu; trovò poi un divulgatore fortunato e non privo di buone qualità di scrittore, Gérard de Sède, il quale nel 1967 pubblicò un volume, L’or de Rennes, nel quale narrava l’intera storia abilmente mischiando fatti, ipotesi e invenzioni. La cosa ebbe ulteriore fortuna perché se ne impadronirono tre giornalisti specializzati in cose esoteriche, M. Baigent, R. Leigh, H. Lincoln, che rifusero queste baggianate in un libraccio del 1979, Il Santo Graal, naturalmente venduto a milioni di copie.

Intanto nella Bibliothèque Nationale di Parigi si era scoperto un grosso dossier di documenti riguardanti il Saunière: peccato però che fossero tutti dei falsi, surrettiziamente introdotti nel nobile istituto parigino: la cosa è nota e risaputa, ma i mass media continuano a far finta di niente. Pilota della redazione dei falsi documenti fu tale Pierre Plantard, fondatore nel 1972 con tanto di atto notarile d’una società esoterica, il Priorato di Sion, ch’egli asseriva peraltro esistere da secoli e che sarebbe stata la custode del segreto. Il Plantard stesso, naturalmente, si presentava come discendente di Gesù e di Maria Maddalena, guardiano del Graal e titolare di un altro mistero: il luogo della tomba nella quale sarebbe sepolto il vero corpo di Gesù, un’altura nei dintorni del paese pirenaico raffigurata anche in un celebre quadro di Poussin (pittore e iniziato e sua volta).

Su tutto quest’intrico di brutte favole si è fatta da tempo piena luce. Ma finti storici, semicolti gazzettieri e televisionari, un po’ in tutta Europa, continuano a impestare piccolo schermo e carta stampata con queste ridicole storie. E le prove documentarie, la filologia, le denunzie per falso? Nulla scalfisce questo monumento all’imbecillità e al cattivo gusto.