Cultura & Società

Maria Egiziaca, la Santa della solitudine e della penitenza

di Carlo LapucciUna delle figure di sante onorate sia dal cristianesimo orientale che da quello occidentale è la Santa penitente ed eremita Maria Egiziaca. Per lei occorre fare un discorso a parte in quanto è impossibile e inutile separarla dalla sua leggenda. Non si potrebbe infatti capire l’influenza esercitata da questa figura sulla spiritualità antica e anche su quella successiva, limitandosi a quel nocciolo dotato di maggiore certezza dal quale ha preso avvio la meravigliosa storia della sua vita, del peccato, della conversione e dalla morte.

Sarebbe difficile peraltro separare anche approssimativamente la creazione letteraria da quella che è la storia, anche probabile. Si sa che la base di questa vicenda sta in una tomba che si trovava nel deserto presso il Giordano, nella quale si trovava sepolta una penitente solitaria. Cirillo di Scitopoli ne parla nelle Vita di Ciriaco. Narra che viaggiando nel deserto insieme a un tale abba Giovanni, giunsero in un luogo dove era la tomba della beata Maria. Cirillo chiese all’abba Giovanni notizie di questa donna e questi gli narrò una vicenda, da lui stesso vissuta, storia che traccia nelle grandi linee il racconto che farà poi Sofronio, vescovo di Gerusalemme, dando l’impianto completo della leggenda che sarà diffusa ovunque, per lungo tempo, approdando anche alla Leggenda aurea, il che testimonia un solido e tempestivo inserimento nella tradizione occidentale.

Nel mondo cristiano orientale Maria è una figura di grande rilievo, venerata e onorata nelle varie chiese come testimonianza del cammino ascetico più consono e praticato dalla spiritualità orientale: quello dell’abbandono totale del mondo per un ritiro nel deserto, dove ogni forma di vita è spoglia ed essenziale e la mente può concentrarsi tutta nella meditazione e in Dio.

L’altra figura, assai simile a lei, è Santa Maria Maddalena, che percorse un simile cammino di peccato, di incontro con Cristo e di penitenza. Le due figure sono tanto simili che nell’iconografia, soprattutto quella antica, spesso si confondono ed hanno in comune anche la venerazione incondizionata del mondo cristiano occidentale e orientale.

Il racconto leggendarioRacconta Sofronio nella sua non breve narrazione, che il monaco Zosimo, santo e di grande dottrina, si ritirò in un monastero della Palestina in mezzo al deserto, per fare vita più santa e perfetta. Là usavano i monaci ritirarsi ciascuno per suo conto oltre il fiume Giordano in luoghi solitari, lontani dall’edificio, per un periodo della Quaresima, con pochi viveri e nessun aiuto. Mentre lì soggiornava, vide improvvisamente in lontananza qualcosa di strano che gli parve una sinistra apparizione: una figura di donna completamente nuda si aggirava in quella solitudine, con una folta e lunghissima capigliatura bianca che le copriva il corpo il quale, scoprendosi, appariva riarso, ossuto, disseccato dagli anni e dagli stenti.

Zosimo cercò di avvicinarsi a lei, chiamandola, seguendola, ma la donna fuggiva e riuscì a raggiungerla solo sulla riva d’un fiume. Nascondendosi dietro una tamerice, la donna gli disse d’avere vergogna e si fece passare dal monaco il suo mantello, col quale si coprì, e cominciò a parlare con lui. Zosimo però temeva di trovarsi di fronte a una manifestazione diabolica, e la invitò a pregare. Con sua meraviglia, appena si raccolse in preghiera la vide staccarsi da terra e librarsi in aria. Quando però si sentì chiamare per nome e si accorse che sapeva molte cose di lui, la vide segnarsi il corpo della croce, non ebbe più diffidenza e volle sapere la storia di quella donna che da tanto tempo viveva nella solitudine. E quella si sedette e gli raccontò la propria vita.

Aveva nome Maria, di origine egiziana, e da fanciulla subito aveva sentito come un’oppressione i vincoli della famiglia, della società e della morale. Precoce e avvenente, a dodici anni fuggì dalla casa paterna e si recò ad Alessandria, dove dette sfogo al suo temperamento sensuale e al suo ardore, vivendo per diciassette anni una vita di disordine e di peccato. Tale era la sua perversione che non si prostituiva per danaro, ma si manteneva col suo lavoro e si dava al vizio per il solo piacere.

In primavera giungevano ad Alessandria molti pellegrini dall’Egitto e dall’Africa per imbarcarsi per essere a Gerusalemme alla festa dell’Esaltazione della Croce. Evidentemente la sua inquietudine non aveva trovato ancora pace: la curiosità e il bisogno di conoscere una nuova vita, la indussero a seguire quella comitiva e prese posto sulla nave, pagandosi questa volta il viaggio con il suo triste mestiere.

Giunta a Gerusalemme si aggregò ai pellegrini che andavano alla basilica della città ad adorare la Croce, della quale ricorreva la festa. Ora, mentre stava varcando la soglia del tempio, senti una forza prepotente che le impediva di entrare. Provò e riprovò tre volte, finché dovette convincersi che qualcosa di forte e misterioso le impediva di entrare nel tempio.

Allora considerò la propria vita, vide i propri peccati e pensò d’essere miserabile, piangendo di cuore. Vide in alto, su un muro, l’immagine della Madre di Dio, e istintivamente s’inginocchiò e pregò con fervore che la liberasse dal male e le indicasse la via della penitenza e della redenzione, promettendo di cambiare vita e fare penitenza per il rimanente dei suoi giorni. Poté allora entrare e inginocchiarsi davanti al legno della santa Croce e confermare quanto si era proposta di fare. Là sentì una voce che le diceva d’andare verso il Giordano e, uscita fuori dalla città, incontrò uno sconosciuto che le mise in mano tre monete d’argento. Seguendo il cammino Maria con quelle monete acquistò tre forme di pane che portò con sé nel deserto.

Visitò l’oratorio di San Giovanni Battista, che è sulla riva del fiume, si purificò nel Giordano, ricevette la comunione e quindi, mangiato metà di uno di quei pani che aveva, andò a ritirarsi in uno speco che non abbandonò mai più: ben diciassette anni le durò il rimanente del pane che mangiava insieme alle radici che trovava, che si era comprata con le monete dello sconosciuto, e quarantasette erano gli anni che soggiornava in quelle solitudini. In quel tempo, consumate le vesti era rimata nuda, combattendo le continue tentazioni che tornavano ad assalirla.

Maria chiese a Zosimo di tornare nel luogo presso il Giordano che essa gli indicò, l’anno seguente il giorno del Giovedì Santo, portandole l’Eucarestia, cosa che il monaco non mancò di fare. Al suo arrivo Maria, che giunse dall’altra parte, attraversò il fiume camminando sull’acqua, ricevette la comunione e gli dette appuntamento per l’anno venturo nello stesso luogo. Il monaco le offrì alcuni cibi che le aveva portato in un cestello, ma essa prese solo tre lenticchie e, messele in bocca, disse che le bastavano.Quando Zosimo si presentò per la seconda volta nel luogo convenuto, non trovò Maria, ma una grande luce usciva dal suo corpo steso a terra, avvolto nel mantello che le aveva dato. In terra era scritto: «Padre Zosimo, sotterra il corpo di Maria peccatrice: restituisci alla terra ciò che è della terra, aggiungi la polvere alla polvere e prega Dio per me, che passai da questa vita nel mese d’aprile dei Romani, la notte della Passione del Salvatore, dopo aver partecipato al banchetto mistico».

Maria era dunque morta dopo aver ricevuto la comunione, un anno prima. Zosimo si accinse a seppellirla, ma per scavare non aveva altro che il suo bastone. Ecco allora che apparve un leone il quale in poco tempo scavò agevolmente la fossa in cui il monaco depose il corpo della Santa che in breve tempo fu ricoperto dalla belva. La morte della Santa avvenne il 9 di Aprile dell’anno 526.

Il simbolo e l’esempioSi comprende bene come questa leggenda possa aver colpito la fantasia e la sensibilità dei fedeli, peri i quali è stata oggetto di meditazione e modello esemplare di forza e di virtù. Non si sa nulla del soggiorno di Maria nel deserto: preghiere, penitenze, meditazioni, privazioni: tutto è rimasto un segreto della sua anima. Quindi il disprezzo del mondo, che procedendo verso Oriente differenza sempre più la spiritualità rispetto a quella occidentale, non appare nella sua radicalità e crudezza. Maria torna solo al momento della sua rigenerazione, distrutta dal tempo e dalla sofferenza, ma di nuovo integra e purificata. È per questo che molti artisti la raffigurano ancora bella: non è un’esigenza dell’arte, ma un modo per evidenziare l’avvenuta trasformazione spirituale che illumina anche il corpo. Il peccato della carne, il più comune e umiliante, quello che più fa sentire la debolezza dell’essere umano, trova in Maria una umile e spontanea reazione, forte e decisa, una volontà di riscatto e di purificazione tanto più lunga e ferrea quanto più ostinata era stata la trasgressione. Però in lei mancano quelle terribili violenze sul proprio corpo, quelle esagerate penitenze, quelle spesso assurde autopunizioni degli stiliti, o quantomeno non sono esplicitate. Questo ne fa il modello della penitente verso la quale si rivolgono i pensieri di coloro che si trovano a combattere la tentazione e il peccato, cercando un distacco dal mondo che fu per lei totale, ma non di disprezzo e di orrore, come invece si legge di tanti eremiti. Basti questa considerazione: sia pure miracolosamente è vissuta nel deserto mangiando pane ed è l’unica tra gli eremiti, che in genere si nutrono di radici e locuste, che venga raffigurata con tre pagnotte, le quali sono proprio uno dei suoi attributi. La sua festa si celebrava il 2 aprile, rimossa dall’ultima riforma del Calendario liturgico. Nell’arteLa letteratura su questa Santa è considerevole, come la sua iconografia. La sua storia ha offerto suggestioni sia nella sua prima parte, per rappresentazioni meno devote, sia nella seconda per i temi ascetici. Tutto il Medio Evo la leggenda di Maria Egiziaca fu letta e divulgata, fatta oggetto di meditazioni e di rappresentazioni drammatiche.

L’opera si Sofronio fu tradotta in latino da Paolo Diacono e da Atanasio, in diverse lingue orientali, tra le quali il siriaco, e altre opere del genere sono state compilate nel corso dei secoli. Entrò nella poesia con poemi a lei dedicati: la Vita di Maria Egiziaca di Giovanni Commerciarios, i poemi di Massimo Olobolos e di Niceforo Prosucos, in latino di Flodoardo e di Ildeberto di La Mans, quindi l’Encomio di Eutimio, e il Sermone di Manuele Paleologo.

In molte città si conservano reliquie che si dicono sue, tra cui Roma, Napoli, Anversa e Tournai e le sono state dedicate molte chiese.

Nell’iconografia prevale il tema della sua vita nel deserto: talvolta è vecchia, come la immagina lo Spagnoletto nel quadro Immagine di Maria Egiziaca che si trova alla Galleria del Prado a Madrid, a volte ancora giovane nel momento in cui giunge nel romitorio con i tre pani, come la raffigura Hans Memling a Bruges, Immagine di Maria Egiziaca nell’Ospedale di San Giovanni. La sua immagine si trova in diversi capitelli romanici, vetrate, nelle chiese rupestri della Cappadocia.

Altro tema è il momento del suo ritrovamento adagiata sul terreno, morta senza essere alterata, mentre il monaco Zosimo si accinge a seppellirla: così si trova alla Galleria Pitti di Firenze, dipinta da Pietro Berrettini da Cortona: La morte di Maria Egiziaca. Frequente è anche il tema della sua Comunione prima della morte; così la rappresenta Puccio Capanna nella Chiesa di San Francesco a Pistoia: Maria Egiziaca riceve la comunione da Zosimo.

Difficile è distinguerla dalla Maddalena nelle scene che rappresentano la sua vita dissoluta o il suo trionfo nei cieli, se non intervengono attributi o situazioni tipiche che la identifichino.

Domenico Cavalca narrò diffusamente la sua storia, tenendosi tuttavia fedele ai testi antichi e trasferendo tutta la vicenda nella spiritualità medievale.

Nel Faust di Goethe Nella parte finale del Faust di Goethe, il momento più alto e intenso del dramma compare anche Santa Maria Egiziaca ad implorare il perdono per il protagonista nel Paradiso, insieme ad altre figure della tradizione cristiana: la Samaritana, la Maddalena. La Santa nella sua preghiera riassume in pochi versi tutta la sua leggenda: Per quel sacrosanto luogo dove Cristo fu sepolto;per quel braccio sulla sogliacontro me fiero rivolto!Pel deserto ove fedele quarant’anni vissi in pena,per quel santo estremo addioche traccia sopra la rena…

Gli attributi

Raffigurata in moltissime opere d’arte spesso ha attributi comuni con altre penitenti del deserto.

Tre pani, che regge o si trovano nel suo speco. Sono il suo segno inconfondibile.

Il teschio davanti al quale è inginocchiata in meditazione.

I capelli lunghissimi, spesso bianchi come vuole la tarda età che ha raggiunto, che le coprono il corpo altrimenti nudo.

Il leone che giunse a scavare la sua tomba e dal racconto della sua storia si immagina fosse domestico della sua grotta. Appena giunge davanti al corpo morto lecca i piedi della Santa.

La comunione che riceve inginocchiata da Zosimo.Le grandi sante: le precedenti puntate

11. Apollonia, la donna forte di Alessandria

10. Bibiana, la Santa della fede semplice

9. Barbara, la santa oppressa dall’amore materno

8. Cecilia, la santa della bellezza spirituale

7. Perpetua e Felicita, le martiri madri

6. Agnese, santa della forza e della mitezza

5. Cristina di Bolsena, la martire fanciulla

4. Mustiola, la santa che camminò sulle acque

3. S. Caterina d’Alessandria tra culto e mito

2. Agata, la Santa del mistero della vita