Cultura & Società

Pasqua, la forza della speranza cristiana

di Benedetta BellocchioCome la speranza cristiana può dare risposte ad una umanità che talvolta, al contrario, ne vive l’assenza. Ne parliamo con Enzo Bianchi, priore della comunità monastica di Bose, che riflette anche sulla situazione della Chiesa, quella italiana in particolare, che si prepara a vivere due momenti importanti di comunione: il Congresso eucaristico di Bari e il Convegno ecclesiale di Verona nel 2006.

Siamo a Pasqua. Durante il tempo quaresimale, ci si è preparati ad accogliere nuovamente la speranza che viene dalla Resurrezione. Secondo lei, qual è lo specifico della speranza cristiana?

«La speranza cristiana è soprattutto quella che noi celebriamo a Pasqua. La Pasqua è il fondamento della fede e della speranza cristiana e della possibilità che questa fede e questa speranza diventino anche carità, amore verso gli altri. È la Pasqua la speranza cristiana, perché gli uomini sanno che non c’è liberazione vera se non dalla morte. La Pasqua è proprio l’affermazione che la morte non ha l’ultima parola sull’uomo ma che Cristo risorto ha aperto una strada per una vita oltre la morte, per la vita eterna, per il Regno. E questo è ciò che gli uomini vogliono. Tutti gli uomini credenti o non credenti, cristiani o non, in fondo a l cuore si dicono: “Che cosa posso sperare?”. Il cristianesimo dà proprio questa risposta, che la morte non è l’ultima realtà. E assieme alla morte tutto ciò che nella morte trova semplicemente un compimento – gli affetti, l’amore che sovente sottostanno alla separazione, alla fine… – tutto può essere davvero trasfigurato dalla Pasqua».

Eppure, nella realtà ci sono ancora grandi segnali di disperazione. C’è chi dice che la disperazione è meno grave dell’«assenza di speranza»…

«Bisogna intendersi sulle parole, perché a volte gli uomini nella loro sofferenza non osano neanche più sperare la fine del male, della disgrazia, non osano neanche sperare una vita nuova, diversa: questa è la disperazione. Gli uomini conoscono questa realtà. All’interno del cristianesimo non è che la disperazione venga semplicemente negata. Ad essa viene data una via d’uscita: all’interno della disperazione si comincia a vedere che, comunque sia, Dio agisce e che ciò che non possiamo darci noi e che nemmeno può darci il mondo, Cristo, il Signore, ce lo può dare».

Nella categoria della speranza la Chiesa stessa trova il suo fondamento. Una Chiesa che oggi si prepara al Congresso eucaristico nazionale di Bari dal 21 al 29 maggio e, soprattutto, al Convegno ecclesiale di Verona del 2006: qual è la sua lettura del cammino che la Chiesa sta vivendo in questi ultimi anni?

«A questo proposito credo sia molto importante il documento dei vescovi ‘Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia’: quello è stato davvero un programma che appare carico di profezia, un vero invito ai cristiani ad esser più fedeli al Vangelo e ad essere capaci di maggior dialogo con la cultura di oggi, con gli uomini di oggi nelle loro diverse situazioni. È un cammino, quello indicato dal documento, che pone al centro la parola di Dio, l’Eucaristia; di conseguenza la comunità cristiana si trova costantemente rifondata dalla Parola e dall’Eucaristia. E se la comunità cristiana accetta che questa rifondazione avvenga attraverso il giorno del Signore, la domenica, io credo che avremo una comunità davvero feconda, capace di essere nel mondo testimone di Gesù Cristo».