Dossier

The Passion, un atto di intensa devozione

Uno studioso di Sacre Scritture e un esperto di cinema hanno visto in anteprima per i lettori di Toscanaoggi la discussa pellicola di Mel Gibson che uscirà nelle sale il 7 aprile. Proponiamo qui il giudizio del biblista assieme ad alcune curiosità sul film.

di Carlo BazziUn soldato romano apre il costato di Gesù morto e un’onda di spruzzi luminosi e soavi lo investe. Egli depone la lancia e cade in ginocchio beneficato da una grazia inattesa: dalla morte scaturisce la pienezza della vita. È il tornante del film di Mel Gibson, così necessario e distensivo dopo due ore di violenza ritratta senza veli ed esaltata da un’insistenza senza fine. Il film disperde finalmente nel vento dello Spirito e nella luce del Risorto una tensione ai limiti della sopportazione. Il rapporto con i VangeliEppure è un’opera interessante e intensa, da vedere e da valutare non solo secondo canoni estetici ma anche dal punto di vista della fede e della teologia. Ecco qualcosa su cui discutere che non è affatto banale. I Vangeli sono l’unica fonte storica sulla vita di Gesù e sono il metro di ogni giudizio di fede. Il film presenta una ricostruzione abbastanza fedele ai dati biblici e accurata dal punto di vista storico (come sembra mostrare l’uso dell’aramaico e del latino nei dialoghi, anche se il greco doveva essere la lingua dominante nei palazzi e nell’amministrazione imperiale in oriente). Questa fedeltà risulta a un’analisi più attenta più formale che sostanziale.

L’opera demolisce il grande sforzo di interpretazione e sublimazione che i primi cristiani in genere e i quattro Vangeli in particolare hanno fatto dell’evento tragico che ha posto fine alla vita di Gesù. Sullo sfondo del Primo Testamento (dei testi profetici e dei salmi del giusto sofferente, soprattutto) e in forza della previsione creativa che Gesù stesso aveva dato della sua morte, il cristianesimo primitivo ne ha fatto il culmine del Piano di Dio e il suo kerygma da annunciare a tutto il mondo.

Il Vangelo di Giovanni presenta la Passione come una manifestazione regale dell’«Io sono» di Gesù; Matteo e Luca la raccontano come guidata dalla previsione lucida e dall’autodonazione esemplare di Gesù stesso. Teologicamente l’opera di Gibson parrebbe somigliare solo a quella di Marco. Ambedue vogliono riportare dal ritualismo della memoria alla cruda umiliazione della Croce subita da Gesù, ambedue vogliono risvegliare nell’interlocutore il primato della realtà su qualsiasi elucubrazione posteriore. Marco però fa questo tenendo stretto il collegamento fra la fine e il resto del Vangelo, per cui la Passione è lo sbocco necessario e risolutore di tutta la missione di Gesù, che è presentata quale opera di Dio e compimento del suo Piano di salvezza.

Nel film ci sono flash back alla vita di Gesù ma pochi e frammentari, non si manifesta chiaramente la guida di un disegno di salvezza, è fuori campo la coerenza degli obiettivi e il valore salvifico delle crudeltà subite. Esse sono spesso fine a se stesse per cui alla fine «la carne è forte ma lo Spirito è debole», rovesciando l’espressione strategica di Gesù. Nel suo complesso il film si ispira alla tradizione più che ai Vangeli, è un atto della devozione alle sante piaghe più che un approfondimento del messaggio del cristianesimo primitivo.

Grandi questioniLa visione dell’opera di Gibson rilancia tre grandi questioni circa l’attualità della passione di Gesù:

1. la presenza inquietante della violenza nella storia. La camera mostra ripetutamente l’assenza di ogni pietà, il gusto dell’inferire sulla vittima, la sete del sangue. I soldati romano incarnano bene lo stile efferato di ogni imperialismo disumano. Come guarire dalla violenza? Poiché essa ama camuffarsi come difesa dell’ordine costituito e diritto del più forte, mostrarla è il primo passo utile a combatterla. Essa viene sopraffatta veramente solo dal senso di comune identità fra carnefice e vittima e dal rispetto di ogni persona come immagine di Dio. Non sta al film insegnarci queste cose. Sta a noi andare molto al di là del film se si vuole raggiungere questo traguardo di grande civiltà. Se si rimane alle sole immagini del film si può rischiare di rafforzare il gusto sadico di essa.

2. per comprendere la Passione di Gesù è assolutamente urgente ricollegarla con il resto della vita di Gesù e la globalità del Vangelo. La Liturgia e tutta la tradizione l’ha venerata come un assoluto in sé. In termini esegetici, è il problema di collegare kerygma e Vangelo. Senza la progressione della vita pubblica e il riferimento alle scelte strategiche di Gesù, si rischia veramente di espropriargli la sua passione e di porlo fra i condannati come estrema e ineluttabile consacrazione della necessità della vittima. La passione è nei Vangeli il compimento di una missione, il passaggio necessario alla vita piena, la sintesi e la ratifica eterna dell’azione di Gesù.

3. una questione finale, in apparenza raffinata ma in effetti al cuore della congerie mediatica di oggi, è il rapporto fra parola e immagine. Si può riassumere in questi termini: l’immagine ha una capacità suggestiva assai più grande, la parola ha una qualità persuasiva migliore. La passione narrata nei Vangeli è allora adatta a penetrare il mistero del Vangelo assai più di ogni sua resa visiva. Nell’ascolto e meditazione si svelano più completamente i sensi, si raccordano meglio le varie fasi, si attualizza in modo più efficace la portata salvifica. L’immagine può avere valore catartico (purificarci da cliché troppo consueti) e propedeutico (spingerci alla riflessione e all’ascolto più profondo) ma non può sostituire la comunicazione della parola.

In conclusione, il film è da vedere e da discutere, da farne stimolo di riflessione e dibattito. Un’occasione da non perdere. Per chi ha fede, il sofferente e la vittima che ha visto, è ora risorto e più che raccontargli ancora la sua passione, gli parla di come evitare ogni violenza e come aiutarlo a salvare ogni persona e ogni situazione umana, anche estrema.

La schedaIspirato anche al diario di una suoraIl film di Mel Gibson «La Passione di Cristo» (originale «The Passion of the Christ») racconta la storia delle ultime 12 ore della vita di Gesù nel giorno della sua crocifissione a Gerusalemme. Si basa sui Vangeli e sui diari di Suor Anne Catherine Emmerich (1774-1824) così come raccolti nel libro «The Dolorous Passion of Our Lord JesusChrist». La Produzione è cominciata il 4 novembre 2002 a Matera e Craco (Basilicata), e successivamente il set si è spostato a Roma negli studi Cinecittà per gli interni. Il ruolo di Gesù è interpretato da Jim Caviezel. La Produzione è di Icon Productions, di proprietà di Mel Gibson, la distribuzione americana è della New Market Films e quella italiana è a cura di Eagle Pictures. I chiodi piantati dal registaNella scena della crocifissione sono le stesse mani di Gibson ad impugnare il martello e a piantare i chiodi nelle mani di Gesù. Circa mille comparse hanno preso parte al film: soldati romani, giudei e discepoli. Mel Gibson ha deciso di girare a novembre (mese difficile per le bassetemperature) per il particolare colore della luce in questo mese sul tenero tufo dei Sassi di Matera. Il paesaggio che circonda Matera è molto simile a quello di Gerusalemme: non a caso a Matera sono stati girati anche «Il Vangelo secondo Matteo» di Pasolini e «King David» con Richard Gere. Tutto il film è recitato in latino ed aramaico, e, anche se Mel Gibson avrebbe preferito proiettare il film senza sottotitoli, nei cinema vedremo il film sottotitolato. Matera come GerusalemmeLa prima scena girata è stata l’impiccagione di Giuda. Attorno a Giuda sono presenti molti bambini, simbolo dei suoi pensieri malvagi. Questa scena è stata filmata a Craco (Matera). Nel Parco delle Chiese Rupestri di Matera, in una masseria, è stata costruita la scenografia per l’infanzia di Gesù, come la bottega paterna e una piccola casa. Infatti, anche se il film si concentra sulle ultime 12 ore della sua vita, durante la Via Crucis e la crocifissione, Gesù ricorderà attimi passati della sua vita. Tutte le scene seguenti sono state girate a Matera, parte nei Sassi (la parte antica della città), e parte sull’altopiano che fronteggia la città, da cui si gode una bellissima vista che abbraccia tutti i Sassi. Un robot per la crocifissioneNella scena della crocifissione Gesù è completamente coperto di sangue. Date le basse temperature di novembre a Matera, si è usata della glicerina per simulare il sudore sul volto delle comparse e degli attori. La croce è stata posta sul bordo del canyon, la Gravina di Matera, e poichè per Jim Caviezel era impossibile essere sulla croce per le ore necessarie, è stato costruito un robot animatronic dalle stesse fattezze di Jim Caviezel. Il robot era mosso da Mel Gibson. Il robot aveva un meccanismo che permetteva di simulare perfettamente la creazione del sudore e i movimenti più piccoli del corpo. Anche la scena in cui un soldato trafigge Gesù al costato provocando l’emissione di sangue ed acqua è stata girata usando questo robot. Una copia alla Filmoteca Vaticana«Speriamo che Gibson regali una copia alla Filmoteca Vaticana». È la battuta con cui mons. John P. Foley, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, ha rivelato che «The passion of the Christ», il film in arrivo il 7 aprile anche nelle sale italiane, ha avuto un importante «precursore»: la «Passion Pathé», uno dei primo film realizzati in questo «filone» e ora conservato dalla Filmoteca Vaticana, fondata negli anni cinquanta, che vanta una collezione di oltre 6 mila film e videocassette di interesse religioso, spirituale, culturale e storico. La musicaJohn Debney, un cattolico di lunga data, ha composto la colonna sonora del film di Mel Gibson. Debney ci ha lavorato quattro mesi. La colonna sonora ha il sapore medio orientale. L’autore ha studiato la musica del periodo, che ha scoperto essere molto semplice. Tra gli strumenti è stato usato anche l’«erhu», uno strumento antico cinese, ad una corda suonato con l’arco ed utilizzato, nel film, per il motivo di Satana. Debney spiega che la partitura è divisa in tre parti: «Prima di tutto la primissima veduta nel giardino è completamente un mondo diverso da tutto il resto, quindi la musica è diversa. Poi, una volta che entriamo nel cuore del film ed usciamo dal giardino di notte, c’è un’altra sensazione musicale. Poi, dal momento cruciale dove Maria rivede il passato fino alla fine c’è il terzo atto della partitura».

La recensione di Francesco Mininni

Quella voglia di fuggire dal dolore (di Alberto Migone)

Il sito ufficiale del film