Italia

Cattolici e politica, oltre il bipolarismo coatto

A Pisa-San Miniato, con la «3 Giorni» della Fondazione Toniolo (nella foto) e a Borgo San Lorenzo, per iniziativa della parrocchia e dell’Associazione «Il Filo», ci sono state nei giorni scorsi due occasioni di confronto tra Savino Pezzotta, ex segretario Cisl e portavoce del Family Day, e monsignor Gastone Simoni, vescovo di Prato e animatore di «Supplemento d’Anima» e del «Collegamento sociale cristiano». Ecco cosa pensano sulla presenza dei cattolici e sulle possibilità di cambiamento dell’attuale quadro politico.di Claudio Turrini

«La partita si gioca ora, in questi giorni». Savino Pezzotta, portavoce del «Family Day» e animatore di «Officina 2007», ci spera. «Se la riforma elettorale ci sarà, allora potremo pensare ad una forza politica di riformismo intermedio». Anche perché destra, centro e sinistra non hanno più molto senso. «C’è lo spazio per un partito di ispirazione cristiana», gli fa eco monsignor Gastone Simoni, più interessato però a rimarcare che «dalla fede non deriva una sola opzione politica, ma neanche questa diaspora». E che comunque l’importante è che «i cristiani cerchino sempre di illuminarsi vicendevolmente avendo a cuore il bene comune» e con un loro stile, quello della «carità reciproca, pur in presenza di opzioni diverse». A chi sogna di far rivivere la Dc il vescovo risponde che «tra i cattolici ci deve essere unità nei valori», pur in presenza di «una pluralità negli strumenti che tenga conto delle diverse sensibilità». Oggi non ha senso sognare «un partito puro del 4% che non abbia dibattito interno».

Questo, aggiunge Pezzotta, non è il momento della «nostalgia, la Dc non esiste più. I cattolici possono scegliere dove impegnarsi, ma ci sono questioni dove non è possibile dividersi. E non è che da una parte o dall’altra si è più cattolici. C’è stata in Italia una cultura del popolarismo e del personalismo cristiano che non può disperdersi». Così, se la riforma elettorale purtroppo non arrivasse, «occorre comunque una presenza organizzata che mantenga una identità politica dei cattolici».

Due ore di dialogo tra l’ex-sindacalista della Cisl e il vescovo di Prato venerdì 30 novembre, nel Teatro «Don Bosco» di Borgo San Lorenzo, dove per iniziativa della parrocchia e dell’Associazione «Il Filo», erano stati chiamati a parlare di «Cattolici e bene comune. Alla ricerca di nuove forme di impegno». Stimolati dal giornalista Paolo Guidotti, sono partiti dalla nozione di «bene comune», per poi scendere nel concreto della situazione politica, nelle difficoltà che oggi incontrano i cattolici.

Per Pezzotta il bene comune è un qualcosa che si è perso: «il mio matrimonio, la relazione con gli altri, il mio lavoro. Se voglio far parlare di bene comune devo far passare questa idea di “vita buona”. Non è la somma dei desideri, è ciò che consente di realizzare la “vita buona” per tutti». «Parole sapienti», le definisce mons. Simoni, che sottolinea la visione del personalismo cristiano, contrapposto a comunismo e a individualismo. Una visione che «i cristiani sono chiamati a riscattare, non rassegnandosi mai». Oggi, spiega Pezzotta, «sotto i colpi di una cultura radical libertaria che concepisce il popolo come una moltitudine di individui», accanto alla «questione sociale, che rimane», si impone una «questione antropologica». «Così come cent’anni fa i cattolici entrarono in politica sulla scia della “Rerum Novarum” per la questione sociale, oggi è tempo che raccolgano la sfida della questione antropologica: cosa è l’uomo». Perché «mai nei secoli precedenti l’intervento sulla vita era diventato così invasivo».

Nelle due ore di dialogo, davanti ad un pubblico attento e numeroso, c’è spazio anche per un’analisi critica. Se oggi ci troviamo in questa situazione ci saranno anche delle colpe dei cattolici. È vero, osserva il vescovo, che «la Dc è sparita non solo per suicidio, ma anche per omicidio». Ma «c’è stata una insufficienza di comprensione della profezia e della dottrina sociale cattolica. Non abbiamo avuto la percezione del valore di quello di cui siamo portatori, che viene direttamente dal Signore e dalla storia del popolo cristiano. Nel Vangelo c’è tutto quello che si deve sapere sull’uomo e sul suo destino. Ha una valenza politica e sociale enorme». Da qui l’invito a «recuperare l’indipendenza cattolica, un’identità che ci è stata data, da vivere dove si crede meglio, con giudizio prudenziale, illuminati dalla Parola di Dio e dal confronto con i fratelli. Non è l’identificazione con un partito, perché ho la possibilità di essere ovunque, ma la fedeltà alla nostra identità».Pezzotta va oltre, scende sul piano della tecnica politica. Individua le cause del disagio attuale nel sistema politico della cosiddetta «seconda Repubblica», iniziata nell’aprile del ’93, con il referendum sulla legge elettorale. Ci avrebbe dovuto portare «più possibilità di decidere e meno corruzione», ricorda. «Abbiamo avuto governi di centro-destra e di centro-sinistra: eppure il debito pubblico non è diminuito, l’economia italiana è in declino, il rapporto politica-cittadini è peggiorato, tanto che abbiamo l’antipolitica, e la corruzione non è diminuita. Questo sistema politico – sentenzia Pezzotta – non è in grado di governare. Lo si è visto nel dibattito per la Finanziaria: l’unica preoccupazione era se il governo cadeva, se c’era la spallata».

«Per questo – prosegue l’ex sindacalista – dobbiamo cambiare la legge elettorale, per consentire alle forze vere del paese di uscire dal bipolarismo coatto. Abbiamo bisogno di alternanze più flessibili, di ripristinare il proporzionale con lo sbarramento e reintrodurre la preferenza, perché il candidato lo voglio scegliere sul territorio e non deve invece essere catapultato dalle segreterie politiche.Via invece il premio di maggioranza. Poi va aggiustato qualcosa anche nel meccanismo istituzionale e ridata centralità del Parlamento. È questa la battaglia da fare in questi giorni per evitare il rischio di un “inciucio”. Perché gli stessi che mi dicono che in economia il monopolio corrompe – osserva con ironia – poi lavorano al duopolio politico per evitare che nell’agone politico ci sia concorrenza».

È il tempo di «avanguardie cristiane»

Di Andrea Zanotto

«E’ arrivato il momento di dire le cose con molta chiarezza: bisogna decidere come stare, dove stare, e non piangerci più sulle spalle», ha detto Savino Pezzotta nella giornata conclusiva della «3 giorni Toniolo» organizzata dalla Fondazione Toniolo di Pisa. «Il ‘900 è finito, la Dc è storia passata, non tornerà più – ha continuato Pezzotta –, assistiamo a un cambiamento del mondo, persino di noi stessi e del nostro modo di vivere e vedere le cose. In questo contesto i cattolici possono rimanere spettatori o decidere di stare dentro al cambiamento, entrare nei luoghi dove si determinano i processi». Qual è la soluzione? «È il tempo di “avanguardie cristiane” – ha detto Pezzotta – composte da persone che non desiderino il “posto”, da deputato o da consigliere comunale. Persone che sappiano rischiare. Quanti cambiamenti ha prodotto una piccola pattuglia di radicali? Più di grandi formazioni complesse. Le “avanguardie” potrebbero promuovere liste civiche e leggi di iniziativa popolare. Questo è l’unico modo che rende possibile una presenza cattolica all’interno dell’attuale bipolarismo, tendenzialmente bipartitico».

L’altro tema di stretta attualità emerso dalla «3 giorni» svoltasi a Pisa e a San Miniato è stato proposto da Ugo De Siervo, giudice costituzionale, che ha confrontato il clima e i passaggi politici che hanno portato, nel dopoguerra, alla stesura della nostra Costituzione, al modo silenzioso e sotterraneo con cui l’Unione Europea si sta dotando di una «Carta dei Diritti», che sommerà la propria giurisdizione a quella Corte di Giustizia della Comunità Europea, organo giudicante le cui emanazioni diventano immediatamente attuative all’interno dei singoli stati. «Insieme a disposizioni pregevoli – ha detto De Siervo – la Carta contiene purtroppo alcune disposizioni a dir poco alquanto sommarie (“La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata”) e praticamente non prevede tutele per le comunità intermedie (tra i molti esempi possibili basti segnalare la disposizione secondo cui “ogni bambino ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse”). Prevede una tutela delle esigenze individualistiche se non tipicamente liberali (particolarmente significativo è che della famiglia o delle confessioni religiose praticamente non si parli se non per garantire le situazioni soggettive di alcuni suoi componenti) e prevede nuovi diritti senza neppure coordinarli con quelli analoghi già da tempo garantiti nelle costituzioni nazionali».

«Scelte del genere – ha concluso De Siervo – dovrebbero essere fatte alla luce del sole, con la massima partecipazione dei diversi soggetti interessati e degli organi rappresentativi, in primo luogo i parlamenti nazionali. Invece sembra che il sistema si stia costruendo in un modo confuso: alla fine sono i giudici comunitari, e non i parlamenti, a stabilire le leggi».