Italia

Il concistoro dei popoli

di Vittorio CitterichTrenta nuovi cardinali, più un altro riservato «in pectore», nella segreta affezione del cuore del Papa, per il secondo concistoro del terzo millennio che coincide con il venticinquennio di Giovanni Paolo II. Naturalmente, come sempre accade in occasione dei concistori, abbondano sui giornali i calcoli numerici. Fra i nuovi nominati, tanti curiali, tanti pastori, tanti diplomatici, tanti italiani ed europei, tanti americani, africani, asiatici. Aumenta la percentuale degli uni, diminuisce la percentuale degli altri e così via. Conteggi non illegittimi, intendiamoci, per esaminare l’inedito totale di 195 porporati, fra i quali 135 che non hanno ancora superato l’ottantina sarebbero gli elettori in un eventuale conclave. Deroga su deroga la soglia dei 120 cardinali-elettori, stabilita da Paolo VI, è stata in ogni caso attraversata. Poi c’è sempre di mezzo il passaggio del tempo che, come ben sappiamo, è sempre nelle mani di Dio.

Si possono fare tanti calcoli ma, infine, lo Spirito soffia quando e dove vuole. Per questo è meglio, al di là dei conteggi, cercare di cogliere il senso degli avvenimenti nel mistero, sempre antico e sempre nuovo, della vita della Chiesa. Nella «storiografia del profondo», direbbe La Pira. Un concistoro, infatti, non è soltanto la costituzione del collegio elettorale destinato a designare il Vescovo di Roma (il Papa). È un evento «ecclesiastico» che si rifrange sul destino dei popoli e delle nazioni, indicando itinerari e possibilità di futuro anche al di là dei recinti ecclesiastici, nel senso ristretto del termine.

Si può dunque leggere quest’evento, anziché attraverso congetture e pronostici, per l’attualità della sua rilevanza, per il significato che ogni nuova porpora assume, oltre che per il suo titolare, anche per il popolo, la cultura, la storia in cui è inserito. Così, per restare in Italia, tra i sei italiani, con le nuove «eminenze» del «nostro» arcivescovo Ennio Antonelli, dell’arcivescovo Tarcisio Bertone, del Patriarca Angelo Scola, c’è un richiamo eminente ed attuale per i popoli, le culture, le storie di Firenze, di Genova, di Venezia.

C’è anche, per così dire, una geografia del concistoro che attraversa, con l’Europa, le Americhe, l’Africa e l’Asia, dal Sudan al Vietnam con qualche dono di predilezione per i popoli e le Chiese della sofferenza, emblematicamente richiamate con le città e le storie che da Khartoum del Sudan, attraverso la Nigeria, il Ghana, l’India, raggiungono Hociminhville nel Vietnam.

Si conteggiano anche le età dei nuovi porporati. Come mai quattro dei nuovi (Cottier, Joos, Spidrik, Nagy) con più di ottant’anni, ossia esclusi in anticipo dalla funzione elettorale? Sì, certo, per i loro meriti, ma anche perché il «sacro collegio» non è soltanto un collegio elettorale, una tantum, ma una funzione vitale nella quale, insieme ai meriti, valgono anche quelle altre virtù legate alla fede, all’esperienza e alla libertà che la tarda età consente, più che le altre età, nella comunione sempre necessaria negli umani collegi.

D’altra parte che il più giovane, Peter Erdo, 51 anni, sia stato chiamato da Budapest non è per caso. È nato nel 1952, quando la mannaia della guerra fredda spaccava in due l’Europa mettendo l’Ungheria «dall’altra parte». Chi ha l’età e la memoria non può non ricordare la persecuzione del cardinale Mindszenty e accogliere, quindi, con lieto stupore un evento che parla di ricomposizione europea sulle comuni radici cristiane.

Ancora una volta, infine, un concistoro manifesta l’universalità storica della Chiesa, unità nella diversità, mentre storicamente decadono gli pseudointernazionalismi costruiti sulla sabbia nel nome del proletariato o del denaro. Tanti eventi drammatici, lontani o sbiaditi, sono richiamati e racchiusi in un concistoro. Non ci sono, nei continenti della Chiesa di Giovanni Paolo II, popoli dimenticati.

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