Italia

Ora di religione, polemiche infondate

di Riccardo BigiIn agosto, si sa, i giornali hanno poco da raccontare: e le notizie, quando non ci sono, si costruiscono. Quest’anno è toccato all’insegnamento della religione: i cattolici, ha scritto Francesco Merlo su Repubblica, «hanno vinto il referendum ma hanno perso l’ora di religione». Peccato che i dati fossero completamente sballati. Secondo Repubblica, gli studenti che hanno scelto di non avvalersi dell’insegnamento di religione sarebbero saliti, negli ultimi 4 anni, dall’11% a oltre il 37%. Numeri prontamente smentiti dal Ministero. E la Cei precisa: nell’anno 2004-2005, hanno scelto l’ora di religione il 91,8% degli studenti italiani.

Tutto bene, dunque? «La situazione non è catastrofica come qualcuno vuol dipingere. Anche se in Toscana, e a Firenze in particolare, i dati sono più bassi: sono numeri su cui riflettere, e su cui lavorare». Secondo monsignor Dante Carolla, incaricato regionale per la pastorale scolastica, bisogna aver chiaro soprattutto il motivo per cui i ragazzi lasciano l’ora di religione: «Purtroppo quasi tutte le scuole ormai propongono a chi non fa religione soltanto l’uscita anticipata. L’alternativa così non è più tra due scelte educative, ma tra educazione e disimpegno: è chiaro che un ragazzo di 14 anni sceglie il disimpegno. Vorrei vedere, se si dicesse che l’italiano o la matematica sono materie facoltative, quanti ragazzi resterebbero in classe».

Perché la Toscana, e Firenze, sono messi peggio rispetto al resto d’Italia?

«Bisognerebbe fare delle valutazioni storiche, sociologiche. Io posso dire che si notano molti pregiudizi da sfatare: che l’ora di religione, ad esempio, sia una materia squalificante per chi la insegna e per chi la frequenta. Oggi abbiamo insegnanti qualificati, preparati, apprezzati anche nell’ambiente scolastico. Qualcuno pensa che sia un’ora di catechismo, o di proselitismo: invece è un percorso culturale di alto livello».

In questo quadro negativo, ci sono elementi positivi?

«A Firenze, probabilmente la città italiana con la frequenza più bassa, i dati delle scuole materne ed elementari mostrano una crescita, rispetto a dieci anni fa, di oltre l’8%. Una controtendenza che fa ben sperare».

Le famiglie, che ruolo hanno nella scelta?

«A volte i genitori rinunciano troppo facilmente a stimolare i ragazzi verso una scelta più impegnativa. Su altre scelte i ragazzi vengono indirizzati: perché su una cosa così importante no? Dispiace che a volte la scelta sia fatta dai ragazzi in modo superficiale, per motivi futili: perché il mio amico non viene, perché la ragazzina che mi piace non si avvale…»

Si possono individuare delle colpe di questa disaffezione anche nella comunità cristiana?

«Certo, dobbiamo fare anche autocritica, e riconoscere che la scuola è spesso trascurata. L’ora di religione è sottovalutata dagli stessi cattolici. A Firenze, il cardinale Antonelli mi ha chiesto di preparare un sussidio per i parroci e i genitori, per aiutarli nella scelta, per stimolare i ragazzi a vivere questo spazio con maggiore coinvolgimento. Sarebbe interessante, ad esempio, un coordinamento tra l’insegnante di religione e il parroco, i catechisti, le famiglie: un insegnante che viene mandato in una certa scuola non può ignorare la comunità in cui la scuola si trova, e la comunità non può ignorare una persona mandata dal Vescovo a insegnare religione ai propri figli».

I rapporti tra scuole e parrocchie appaiono, in generale, piuttosto freddi…

«La comunità cristiana dovrebbe pensare di più, non solo all’ora di religione ma alla scuola in generale: tra l’altro la riforma mette a disposizione spazi e finanziamenti molto interessanti per costruire rapporti tra le scuole e il territorio. In quest’ambito le parrocchie, i gruppi, le associazioni di volontariato potrebbero giocare un ruolo importante. Si tratta di trovare forme di collaborazione culturale offrendo alle scuole il peso della nostra tradizione in campo artistico, letterario, musicale, sociale…»

Quest’anno c’è anche la novità dell’immissione a ruolo degli insegnanti. Cosa cambierà?

«L’immissione a ruolo è un dato positivo, fra l’altro la Toscana è stata una delle prime regioni a concludere l’iter dei concorsi. Bisogna stare attenti, magari, che questo non diventi un posto di lavoro come un altro, che gli insegnanti non perdano le loro motivazioni ideali e la passione educativa».

CHI FREQUENTA L’ORA DI RELIGIONE

Tipo di scuola

ITALIA

TOSCANA

FIRENZE

Scuola dell’infanzia

95,9

92,3

85,7

Scuola primaria

95,9

92,9

85,2

Scuola secondaria di primo grado

94,3

86,5

68,6

Scuola secondaria di secondo grado

87,4

67,3

42,8

Novità per gli insegnantiL’insegnamento della religione cattolica costituisce un’opportunità educativa di grande rilievo»: questo in sintesi il senso dell’intervento di don Giosuè Tosoni, responsabile del Servizio nazionale per l’Irc all’annuale incontro con gli insegnanti di religione della Toscana, che si è tenuto sabato scorso al Santuario di Montenero di Livorno (nella foto a destra). Un appuntamento che è ormai diventato tradizionale e che ogni anno raccoglie ai piedi della Madonna delle Grazie oltre 150 docenti di ogni ordine e grado.

Quest’anno gli argomenti in agenda, oltre alle novità circa le immissioni in ruolo, vertevano sulla figura dell’Irc nella scuola della riforma e sui dati relativi alle scelta di seguire o meno l’ora di religione. «I numeri parlano chiaro – ha detto –: in Italia sono oltre il 91 % gli studenti che si avvalgono dell’Irc. Semmai rappresentano un problema per i singoli istituti gli alunni non avvalentesi. Le scuole non sempre sanno offrire una proposta alternativa seria, che non privi l’alunno della possibilità di accostare criticamente la religione. Se infatti la religione è parte fondamentale della patrimonio culturale di un popolo, nessuno deve essere spogliato del diritto di appropriarsene».

L’Irc nella scuola pubblica dà un contributo notevole alla maturazione dell’alunno, attraverso la specificità della sua materia che deve presentare la sintesi del patrimonio religioso del cattolicesimo, con riferimento alla Bibbia, e promuovere, sotto il profilo pedagogico, l’apertura al confronto interculturale e al dialogo interconfessionale ed interreligioso. «Nel convengo di Taranto – ha raccontato don Giosuè – che si è tenuto nel marzo scorso sono state focalizzate due passioni che devono animare l’insegnante di religione: la scuola e il Vangelo, professionalità e capacità di trasmettere la fede». Decisivo sarà nella scuola del futuro il ruolo dell’Irc per favorire una «convivenza civile» e stabilire relazioni con il territorio e con la comunità dei credenti, che vive in esso. L’irc infatti rimane un prezioso collaboratore della Chiesa per la missione evangelizzatrice della scuola: non il solo, cui spetta, in un certo senso, per «ufficio» questo mandato, ma insieme agli altri docenti che condividono la stessa fede.La mattinata si è chiusa con la celebrazione dell’Eucaristia cui hanno partecipato don Ivo Ercolini dell’Ufficio scuola della diocesi di Massa Carrara Pontremoli e don Pietro Ceretti di Livorno. Nel pomeriggio l’incontro è proseguito con l’adorazione davanti al Ss. Sacramento e con la preghiera di affidamento a Maria del prossimo anno scolastico.Renato Bruschi

Prima campanella senza il solito valzer dei «prof»

Scuola, una partenza a due volti

Un sito che riproduce l’articolo di Francesco Merlo su «Repubblica»