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Unicef, 1 bambino su 70 nel mondo è un migrante. Aumentano quelli in arrivo in Italia

Se il 2016 è stato l’anno record di bambini sbarcati sulle coste italiane (28.223), il trend del 2017 si annuncia già molto alto, con 6.000 bambini già sbarcati. Tra il 2013 e il 2015 erano soprattutto bambini siriani, eritrei, egiziani e somali. Sono alcuni dei dati contenuti nel rapporto «Sperduti. Storie di minorenni arrivati soli in Italia», presentato oggi a Roma dall’Unicef e dall’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr, nell’ambito di un convegno alla Camera dei deputati. Nel 2015 sono stati identificati 12.360 minorenni non accompagnati, il 75 per cento di tutti i minorenni sbarcati, mentre nel 2016 si sono avute 25.846 identificazioni, pari al 92 per cento dei minorenni sbarcati. Al mese di ottobre del 2016 i minorenni stranieri non accompagnati che hanno presentato una domanda d’asilo in Italia sono stati 4.168, ovvero il 48,3 per cento dei minorenni (accompagnati e non) e il 4,2 per cento rispetto al totale (adulti + minorenni) dei richiedenti asilo. Secondo i dati Eurostat, con 4.070 richieste di protezione presentate dai minorenni, nel 2015 l’Italia si posizionava al sesto posto in Europa. «Per noi un bambino è sempre un bambino che ha bisogno di protezione – ha detto Paolo Rozera, direttore generale Unicef -. Non c’è nessuna differenza tra chi fugge a causa della guerra, della povertà o i bambini italiani».

«Sono oggi 6.561 i minori che si sono resi irreperibili dopo essere stati accolti nei centri una volta sbarcati in Italia. Un dato che si è quintuplicato negli ultimi quattro anni», ha spiegato Paolo Rozera, illustrando i dati del rapporto «Sperduti. Storie di minorenni arrivati soli in Italia. Secondo il rapporto erano infatti 1.754 nel 2012 i minori scomparsi dai centri e 6.508 a fine novembre 2016. In termini percentuali, hanno raggiunto la massima incidenza nel corso del 2015 arrivando al 34 per cento del totale dei minorenni non accompagnati (presenti nelle strutture), valore che a fine novembre 2016 è sceso al 27,4 per cento. Il rischio è che chi fugge dai centri cada nelle reti dello sfruttamento lavorativo, nella prostituzione minorile o nel giro della microcriminalità. Molti tentano di andare a nord per varcare il confine verso altri Paesi europei, anche se «i numeri sono in diminuzione – ha precisato Rozera ai giornalisti -. Se i ragazzi vengono tenuti occupati, se sono seguiti e formati, riescono ad integrarsi sul territorio e a trovare lavori che i ragazzi italiani non vogliono più fare». Rozera ha citato delle previsioni per cui nel 2050 solo il 60% degli italiani sarà figlio degli italiani, quindi il futuro si gioca «sull’inclusione sociale dei minori migranti»: «È necessario alzare gli standard dei centri di accoglienza per tutti, minori migranti e italiani che vivono in situazione di emarginazione». Andrea Iacomini, portavoce dell’Unicef, ha invitato la classe politica «a stroncare sul nascere tutti i possibili rischi di sfruttamento dei bambini». Al convegno è intervenuta anche Sandra Zampa, relatrice della nuova legge sui minori stranieri non accompagnati entrata in vigore a maggio: «Abbiamo una legge che sta facendo scuola in Europa e molti Paesi la stanno studiando. Ora la battaglia è farla funzionare e fare in modo che l’Europa costruisca un sistema perché questi bambini sperduti ritrovino strada e casa».

«Canali umanitari legali e sicuri per donne e bambini che partano non solo dalla Libia ma anche dal Niger e altri Paesi africani in difficoltà, sotto l’egida dell’Onu e dei governi. Altrimenti li esponiamo a violenze orribili e condizioni disumane. In Libia ci sono centri di detenzione che, come dice il Papa, sono campi di concentramento. Non possiamo lasciare i bambini lì». È l’appello lanciato oggi a Roma da Andrea Iacomini, parlando ai giornalisti a margine della presentazione del rapporto «Bambini sperduti». Il riferimento è all’entrata in vigore dell’accordo tra Italia e Libia che prevede l’addestramento della guardia costiera libica per fermare le partenze. «Ci sono 34 centri detenzioni in Libia, in 14 siamo riusciti ad entrare ed  abbiamo potuto verificare che le situazioni sono difficili – ha detto Iacomini -. Contiamo nei prossimi mesi di portare il nostro aiuto. Ma ci sono altri centri che sfuggono al controllo del governo centrale. Questa situazione è molto preoccupante, non si può entrare e sappiamo che ci sono forze crudeli che li gestiscono. Le condizioni di vita sono al limite dell’umanità dal punto di vista igienico-sanitario e bambini che subiscono violenza ogni giorno». Iacomini ricorda che «i respingimenti sono contrari al diritto internazionale umanitario, gli Stati si impegnino a proteggere tutti in bambini, visto che in Libia c’è una situazione di instabilità cronica».  Iacomini ha denunciato anche «situazioni di lager all’interno dell’Europa che facciamo finta di non vedere», come «i bambini lasciati in condizioni disumane al confine con la Bulgaria, con la Serbia e l’Ungheria». «Per i bambini noi rifiutiamo la distinzione terminologica tra richiedenti asilo e non – ha concluso Iacomini -. Chiunque fugge deve essere protetto».