Lettere in redazione

Referendum, è stato un errore politicizzarli

Caro Direttore,ho seguito con attenzione la vostra informazione sul referendum e volevo dirvi le mie perplessità per come essa è stata impostata. Non sono infatti riuscito mai a trovare una ragione a favore né del sì né del no, e nemmeno sui possibili rischi della scelta astensionistica. Ora capisco che avete delle responsabilità «ecclesiali», ma l’autonomia del giornalista dovrebbe in qualche modo emergere (oltre che quella dei laici, ma forse questo è un tema oggi più delicato).Lettera firmataLivorno Caro Direttore,è stato voluto un referendum per cambiare una legge medioevale, anti-europea, magari anti-costituzionale, arretrata, confessionale, proibizionista, oscurantista, nemica della scienza, contro la donna, atroce, inattuabile, in contrasto con legge sull’aborto e che provocherà un turismo procreatico etc. Dalla stampa, dai quotidiani e da tante sirene sembrava che l’Italia fosse indignata per tale legge invece… il popolo italiano con circa il 75% di astensione ha mostrato il volto profondo ed autentico della nostra popolazione che ha percepito l’importanza del momento. È stato compreso che era in gioco il diritto alla vita della persona umana, la sua dignità inalienabile ed i diritti naturali dell’uomo. Ci sono alcuni valori fondamentali della società che non possono esser messe ai voti. Questi valori non sono di esclusiva «proprietà» dei cattolici ma di tutti gli uomini di buona volontà. Certamente, anche per il margine della vittoria, si impone una riflessione anche sulle legislazioni italiane precedenti che non hanno la medesima sensibilità in materia di rispetto della vita umana. Forse i tempi non sono ancora maturi ma lo sforzo culturale di cattolici ed uomini di buona volontà deve dirigersi in questa prospettiva, nella prospettiva della difesa della vita da concepimento alla morte naturale.Riccardo NoviFauglia (Pisa) Caro Direttore,l’errore di fondo commesso è stato quello di politicizzare il voto del referendum. Quello che doveva essere un momento civile di confronto e di rispetto reciproco si è trasformato in una bagarre unica, sinceramente non troppo edificante. Un po’ dappertutto, ma in modo particolare in Toscana, la sinistra è scesa in campo in modo pesante ed anche, mi sia consentito di dirlo, improprio e irrispettoso. I sindaci della piana fiorentina (tutti DS) che hanno firmato un appello sul dovere di andare a votare, quando la battaglia era tutta incentrata fra il raggiungimento ed il non raggiungimento del quorum, e lo hanno fatto, si badi bene, in quanto sindaci e non a titolo personale, hanno operato una scelta che ha ferito chi all’interno della coalizione esprimeva altre posizioni. Questo è un problema politico, che io pongo all’attenzione dei dirigenti del centrosinistra della provincia di Firenze e che spero nei prossimi giorni sia affrontato. Poi c’è stato chi, come Giuseppe Matulli vicesindaco di Firenze nonché autorevole esponente del mio partito (la Margherita), prima del voto ci ha fatto sapere che avrebbe voluto astenersi, ma che siccome il confronto referendario aveva assunto una valenza politica l’astensione non era più possibile. Allora io domando a Matulli: chi ha trasformato questo referendum in un confronto politico? Non certo i dirigenti del nostro partito che su questo tema hanno sempre tenuto una posizione equilibrata e corretta.Saverio Mariottiassessore all’Urbanisticae allo sviluppo economicodi Signa (Firenze) Caro Direttore,nonostante si continui ad affermare che «ha vinto il menefreghismo» o che «la crociata Vaticana ha avuto il suo momento di vittoria» mi sembrerebbe opportuno riflettere maggiormente su ciò che abbiamo vissuto. Se è vero che una certa parte dei cittadini italiani è stufa dello strumento referendario, e che ormai da diversi anni non si reca più a votare, è altrettanto vero che tutti i comitati che si sono impegnati nella difesa della legge 40, non avrebbero certo sperato in questo 50% di astensionismo «reale». Tanti cittadini e cittadine non si sono recati alle urne consapevolmente e con grande «dibattito interiore». Le argomentazioni portate dai rispettivi fronti sono state accolte con disponibilità e voglia di capire da parte di moltissime persone, che hanno partecipato alle conferenze, ai dibattiti, hanno ascoltato le trasmissioni televisive e radiofoniche, hanno letto i giornali… e non soltanto i giornali cattolici che invitavano all’astensione, ma tutti i giornali, che continuavano a ripetere che con la vittoria del non voto avremmo fermato la ricerca scientifica, impedito a molti bambini di nascere e sacrificato il desiderio di maternità di tante coppie… L’unico aspetto positivo che possiamo cogliere nell’uso del referendum è che ha «obbligato» il Paese a riflettere su tematiche che devono essere conosciute. E proprio per questo motivo, molti di noi, semplici cittadini, pur nella consapevolezza di fare una scelta che poteva essere fraintesa hanno deciso di non andare a votare e hanno delegato ancora una volta al Parlamento la possibilità di migliorare una legge che comunque sarà sottoposta a verifica ogni tre anni.Cristina PaciniPrato Caro Direttore,mi sembra opportuno fare alcune considerazioni in contrasto con quanto letto su Toscanaoggi del 29 maggio a firma di Matteo Caponi. La vita pubblica è fondata su valori e criteri molto diversi tra loro: la famiglia, l’eguaglianza dei cittadini e quindi la giustizia, il lavoro, il benessere economico, la felicità, la sicurezza, l’informazione… Per raggiungere, conservare e proteggere alcuni di questi valori è possibile, anzi è opportuno, il dibattito, la differenza di opinioni, la libertà di decisione del cittadino che vota. Su altri valori non è possibile parlare di opinioni perché sono immodificabili: o si accettano o si rifiutano così come sono, come la vita umana o come i principi morali che stanno alla base delle norme scritte. Se la Chiesa chiarisce quali sono questi valori ed i principi morali che li riguardano non esprime alcuna opinione e, tanto meno, impone obblighi ai fedeli. Il cristiano, nel valutare a sua volta questi valori non ha la scelta se accettare o meno le relative conseguenze. Nessun margine di autonomia può e deve sussistere per lui di fronte all’obbligo – ad esempio – di accettare la vita pur avendo quest’obbligo un’enorme influenza sulla «vita pubblica». Ma questo non è colpa della Chiesa e neppure è integralismo. Pertanto non è giusto (e questo sì è relativismo etico) qualificare dittatura ideologica (o indebita ingerenza) l’opera della Chiesa che esercita il suo Magistero, cioè il suo insegnamento, come è obbligata a fare, richiamandosi ai principi morali.Andrea FortunaPelago (Fi) Caro Direttore,vorrei ringraziare, per il lavoro svolto in questi mesi, tutti coloro che hanno difeso la morale che pone la vita come bene supremo. Vorrei ringraziare anche tutte le persone – e sono tanti?– che hanno saputo scegliere consapevolmente la strada di questi principi. Mi auguro anche che si apra un vero dialogo tra le varie posizioni e che, a sorpresa – come per il risultato referendario –, si riesca ad affrontare i nuovi problemi etici non come una battaglia tra le parti ma per cercare di capire e dare delle risposte alle speranze di chi è in difficoltà, rispettando i valori base di una società civile.Lorenzo LiveraniFirenze Caro Direttore,su questo referendum si è detto tutto e il contrario di tutto; e quando i sostenitori del «si» si sono accorti che in fondo le proprie posizioni non erano più così fondate e vincenti, si sono rifugiati dietro la sofferenza di tanti malati ai quali si prometteva un futuro più roseo o dietro la peraltro doverosa salute della donna. Di fronte a così inaudito accanimento, scagliato non per ultimo sulla Chiesa bigotta e proibizionista e i suoi «scagnozzi», non ho potuto sottrarmi ad una certa soddisfazione nel vedere come tanti italiani «pensosi», come lei stesso qualche settimana fa ha definito chi si sarebbe opposto al referendum, abbiano detto, in un modo o in un altro, il loro «no» facendo trionfare l’uomo che con uno scatto di orgoglio ha scelto di non rinnegare sé stesso. Quello che mi auguro adesso è che, terminata l’onda emozionale di questo referendum, su temi particolarmente delicati per il futuro della nostra società, si continui, da parte del mondo cattolico ad «illuminare le coscienze» alla luce di quei principi e valori che sapranno evitare in ogni epoca la deriva del genere umano.Nicola RaspolliniPomarance Queste lettere (e altre pubblicate nel nostro forum on line, al quale vi invitiamo a partecipare) evidenziano aspetti che il confronto referendario ha fatto emergere. E non sono certo di poco conto.Il primo attiene alla posizione da noi tenuta, conseguenza di una scelta pensata, convinta, motivata.La legge 40 che pur nei suoi limiti, ha finalmente regolato una materia tanto delicata, andava salvaguardata e la via migliore è apparsa la non partecipazione al voto, anche per sottolineare che su certi argomenti il Referendum è strumento inadeguato. In quest’ottica ci siamo mossi. Era giornalisticamente più corretta una posizione articolata, in una sorta di par condicio tra le varie posizioni – come se avessero per un cristiano tutte pari legittimità? A nostro parere i valori in gioco imponevano una chiara scelta di campo, anche per assicurare ai nostri lettori un orientamento alternativo, data la militanza per il sì di tutte o quasi le fonti di informazione. L’intervento della Cei in ordine al voto ha riproposto il problema del rapporto tra responsabilità dei laici e indicazioni del Magistero, che merita certamente un approfondimento, anche se le indicazioni che attengono al modo di difendere valori fondamentali non possono essere considerate da un credente un’opinione tra le tante. L’intervista a don Gronchi, pubblicata sul n. 24, ci sembra un buon contributo alla riflessione.Dare al Referendum una valenza politica è stato negativo perché in scelte di questo tipo le appartenenze politiche non dovrebbero aver peso. È l’errore che i Ds hanno fatto sia quando si sono impegnati massicciamente per la raccolta delle firme ma soprattutto quando i Sindaci Ds hanno invitato i cittadini a votare sì, non a titolo personale (cosa più che lecita) ma col peso, coll’autorità, e a volte anche con gli strumenti, legati alla loro funzione. E non è successo solo nella piana fiorentina! Quest’atteggiamento ha suscitato le giuste proteste dei vice-sindaci e degli assessori della Margherita che – salvo rare eccezioni e per questo più notate – hanno saputo rispondere senza alcuna sudditanza. Del resto la risposta più chiara è venuta dalla gente che non ha certo seguito le indicazioni dei partiti.Ora però è importante che quest’impegno per promuovere e diffondere una concreta cultura della vita non venga archiviato. Sono ancora tante le situazioni in cui la dignità dell’uomo non è rispettata.

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