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Bolivia: appello dei vescovi dopo presidenziali, «via d’uscita pacifica è secondo turno elettorale imparziale»

Nel clima di forte contrapposizione in Bolivia tra i sostenitori del presidente Evo Morales, che si dichiara vincitore al primo turno delle elezioni presidenziali, e l'opposizione che accusa Morales e il Tribunale elettorale di brogli, intervengono i vescovi auspicando una via d'uscita, ovvero un secondo turno con supervisione imparziale.

Rimane forte il clima di contrapposizione in Bolivia tra i sostenitori del presidente Evo Morales, che si dichiara vincitore al primo turno delle elezioni presidenziali di domenica scorsa e invita a «difendere la democrazia» contro il tentativo di golpe della destra, e l’opposizione, che invece accusa Morales e il Tribunale elettorale di brogli. In realtà, il dato ufficiale del Tribunale supremo elettorale, relativo al 98% dei seggi scrutinati, dà a Morales rispetto a Carlos Mesa un margine ancora inferiore rispetto ai dieci punti per evitare il ballottaggio: 46,33 conto 37,08%.

Nel frattempo, è stato diffuso un nuovo comunicato ufficiale del Consiglio permanente della Conferenza episcopale boliviana (Ceb), nel quale l’episcopato invita «a una via d’uscita pacifica rispetto alla crisi politica che attualmente stiamo affrontando». In particolare, si legge nel comunicato, che «in linea con i rapporti e le dichiarazioni di organizzazioni internazionali, come l’Osa e l’Unione europea, e l’opinione espressa dal presidente della Conferenza episcopale boliviana, mons. Ricardo Centellas, riteniamo che un secondo turno, con supervisione imparziale, sia la migliore via d’uscita democratica nel momento in cui viviamo».

La Chiesa cattolica boliviana – scrivono ancora i vescovi – è «preoccupata per il pericolo di uno scontro tra boliviani che ci minaccia, prima ancora di un processo elettorale che, nonostante il comportamento esemplare degli elettori, ha perso credibilità a causa delle irregolarità che si sono verificate nei tempi e nei risultati del processo di scrutinio». In queste circostanze, «non è sensato fare appello a mobilitazioni e contro-mobilitazioni, che possono facilmente innescare deprecabili scontri». Dai vescovi, quindi, un appello alle autorità e ai leader che detengono il potere decisionale per «consentire un’uscita pacifica e concertata per il bene comune del nostro popolo». «Non abbiamo paura di risolvere le nostre differenze nello scenario di un libero dibattito e di una decisione democratica attraverso le urne».

Molti i pronunciamenti di diocesi e organismi ecclesiali in Bolivia sulla situazione politica che ha fatto seguito al primo turno delle elezioni presidenziali e alla gestione dello scrutinio. In una nota il Consiglio boliviano dei laici invita al digiuno, alla preghiera del rosario e di adorazione eucaristica per la pace nel Paese. Il Consiglio arcidiocesano dei laici di La Paz ha convocato per oggi, alle 19, nella chiesa di San Francesco, una preghiera per la pace. A Oruro il vescovo, mons. Cristóbal Bialasik, ha presieduto una messa per la pace. A Sucre, il clero ha diffuso un comunicato nel quale si esprime «preoccupazione per la violenza delle ultime ore», si chiede di rispettare la volontà del popolo di fronte ai possibili «indizi di frode» e a «costruire vie di dialogo costruttivo».

A Santa Cruz de la Sierra, uno degli epicentri della protesta, dove è stato proclamato uno sciopero generale a oltranza, l’avvocato Juan Carlos Velásquez, referente della Pastorale sociale Caritas ha chiesto in un’intervista al quotidiano «El Deber» che il Tribunale elettorale «sia arbitro imparziale» e che ci sia «trasparenza nei risultati». E, ancora, la Conferenza boliviana dei religiosi e delle religiose (Cbr), in una nota firmata dal presidente, padre Osvaldo Chirveches, esprime preoccupazione per le modalità di scrutinio. Chiede «trasparenza» e che venga alimentata «ogni iniziativa di dialogo e pacificazione, che possa favorire un clima di pace e giustizia». «Invitiamo i religiosi a favorire un clima di discernimento e rispetto e a generare gesti che aiutino le comunità ad accompagnare questo momento che ha generato incertezza, malessere e rabbia», conclude la nota.