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Nicaragua: Ortega ai vescovi, «golpisti, non mediatori». Mons. Báez, «soffriamo accanto alla gente»

Duro attacco del presidente del Nicaragua Daniel Ortega ai vescovi del Paese che li accusa di essere «golpisti» e pronta replica del vescovo ausiliare di Managua, mons. Silvio José Báez: «La Chiesa non soffre per essere calunniata, aggredita e perseguitata. Soffre per coloro che sono stati assassinati, per le famiglie che piangono, per i carcerati ingiustamente e per coloro che subiscono la repressione».

Duro attacco del presidente del Nicaragua Daniel Ortega ai vescovi del Paese. Ieri, nel suo discorso in occasione della festa nazionale, 39° anniversario della rivoluzione sandinista, il presidente, di fronte alle autorità – compreso il nunzio apostolico, mons. Waldemar Stanislaw Sommertag – e alla popolazione, ha detto che i vescovi nicaraguensi «hanno facilitato manovre golpiste contro il governo». Ha aggiunto Ortega, in riferimento alla recente lettera dell’Episcopato recapitata al presidente: «Io pensavo fossero mediatori, però erano dalla parte dei golpisti, facevano parte del loro piano». Nella lettera i vescovi proponevano di dare una svolta alla vita democratica del Paese e di anticipare le elezioni.

Ortega si è burlato della giornata di preghiera e digiuno proclamata dalla Chiesa: «Che esorcizzino i demoni che hanno in casa loro», ha detto. Ha poi spiegato che molte chiese sono state occupate perché custodivano armi e ha concluso: «Mi duole molto dire questo perché io apprezzo i vescovi, li apprezzo e li rispetto, sono cattolico», però «disgraziatamente si vuole imporre sempre la linea dello scontro e non della mediazione».

La risposta è affidata a un tweet del vescovo ausiliare di Managua, mons. Silvio José Báez: «La Chiesa non soffre per essere calunniata, aggredita e perseguitata. Soffre per coloro che sono stati assassinati, per le famiglie che piangono, per i carcerati ingiustamente e per coloro che subiscono la repressione. Preghiamo e saremo sempre al loro fianco nel nome di Gesù». Dopo le parole del presidente, appare sempre più lontana la prospettiva di una ripresa del dialogo nazionale. Era stato infatti lo stesso Ortega a chiedere ai vescovi di essere mediatori e testimoni al tavolo di negoziato.

La ricorrenza del 19 luglio, secondo quanto riportano fonti Sir, è stata celebrata anche a Masaya, l’avamposto delle manifestazioni popolari, riconquistata martedì dalle forze governative. Le milizie di Ortega «hanno festeggiato con canti, spari e petardi». Gridavano lo slogan «Daniel se queda» (Daniel Ortega rimane). Le medesime fonti sostengono che i paramilitari filogovernativi «erano accompagnati da persone provenienti da altri paesi vicini». Difficile accertarne la provenienza, ma già nei giorni scorsi si era parlato di mercenari venezuelani e cubani.