Opinioni & Commenti

La pace possibile, anzi doverosa

di Marco Olivettidocente all’Università di Foggiaed esperto in politiche internazionaliIl messaggio del Santo Padre per la 37ª Giornata mondiale della pace si colloca su quella che è ormai una solida tradizione. Gli undici messaggi di Paolo VI e i precedenti 25 messaggi di Giovanni Paolo II rappresentano ormai un corpus dottrinale semplice ma articolato che, in quasi quattro decenni, ha affrontato il problema della pace in diverse prospettive (dalla libertà religiosa ai diritti delle minoranze, dalla giustizia al perdono, dal ruolo delle donne a quello dei bambini), con un’attenzione costante a coniugare la lettura di elementi emergenti di volta in volta dalla realtà del momento con una prospettiva e un respiro non contingente.

Il punto di partenza del Messaggio per il 1° gennaio 2004 – che, nel suo incipit, si rivolge ai governanti, ai giuristi e agli educatori della gioventù, ma che non disdegna di rivolgere un appello agli “uomini e donne… tentati di ricorrere all’inaccettabile strumento del terrorismo” – è la convinzione che la pace è possibile e che essa, pertanto, è doverosa. Occorre, quindi, operare per educare alla pace le nuove generazioni (da qui il titolo del messaggio). Ma, dopo questa premessa, il messaggio è in larga parte concentrato (n. 5-9) sul tema del diritto internazionale come strumento di pace: “La pace e il diritto internazionale sono intimamente legati fra loro: il diritto favorisce la pace”.

Con non comune capacità di sintesi, il messaggio ripercorre l’evoluzione storica del diritto internazionale e i capisaldi della sua configurazione attuale e mette in evidenza il ruolo strategico dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, come istituto finalizzato a “preservare le nazioni dal flagello della guerra” (sono parole del Preambolo della Carta Onu). L’Onu ha infatti inteso creare un sistema di prevenzione dei conflitti basato sul divieto dell’uso della forza come strumento di risoluzione delle controversie internazionali (un’ispirazione che, com’è noto, riecheggia nel celebre art. 11 della Costituzione italiana del 1947). La guerra è infatti consentita dalla Carta Onu in due soli casi: l’esercizio del diritto individuale di legittima difesa individuale e collettiva (art. 51) e il ricorso alle misure di sicurezza collettiva deliberate dal Consiglio di sicurezza Onu (art. 42).

Il Santo Padre ricorda che la guerra fredda prima e la complessità della situazione determinatasi negli anni novanta poi hanno talora reso inefficace questo sistema, ma ritiene che grandi siano i meriti dell’Onu nella maturazione di interi settori del diritto internazionale (anzitutto quello dei diritti umani) e del senso di appartenenza dei popoli alla famiglia delle nazioni. Dell’Onu viene però auspicata una riforma “che metta l’Organizzazione in grado di funzionare efficacemente per il conseguimento dei propri fini statutari”, in modo da diventare non solo una istituzione di tipo amministrativo, ma un vero e proprio “centro morale, in cui tutte le nazioni del mondo si sentano a casa loro”.

Il messaggio non si sottrae a una presa di posizione a fronte della grande minaccia del terrorismo internazionale. Al riguardo, Giovanni Paolo II sottolinea che “la lotta contro il terrorismo non può esaurirsi soltanto in operazioni repressive e punitive”, ma deve essere accompagnata da una “lucida analisi delle motivazioni soggiacenti agli attacchi terroristici” e da un impegno “politico e pedagogico”. L’impegno politico deve orientarsi a rimuovere “le cause che stanno all’origine di situazioni di ingiustizia”, mentre quello pedagogico deve tradursi in un’azione educativa “ispirata al rispetto per la vita umana in ogni circostanza”.

Inoltre, il Papa sottolinea con chiarezza che “i Governi democratici ben sanno che l’uso della forza contro i terroristi non può giustificare la rinuncia ai principi di uno Stato di diritto”, che si qualifica anzitutto per il rispetto dei diritti umani dei propri avversari e proprio in questo può esibire la propria superiorità morale rispetto ad essi. La legalità internazionale è il grande valore che percorre tutto il messaggio della 37a Giornata della pace: una legalità che non si deve limitare a vietare la guerra, ma deve essere finalizzata a sostituire “alla forza materiale delle armi la forza morale del diritto”, riprendendo parole di Benedetto XV risalenti al noto Appello ai capi dei popoli belligeranti del 1° agosto 1917, vera e propria carta fondativa della moderna cultura cattolica della pace. Per questo il diritto internazionale – “che è stato per molto tempo un diritto della guerra e della pace” – è “sempre più chiamato a diventare esclusivamente un diritto della pace, concepita in funzione della giustizia e della solidarietà”.

L’ultimo paragrafo del messaggio di Giovanni Paolo II riporta il discorso dal piano della giustizia a quello specificamente cristiano dell’amore: “la giustizia deve trovare il suo completamento nella carità”. Essa, infatti da sola non basta. E’ l’amore la forma più alta e più nobile di rapporto fra gli esseri umani: “omnia vincit amor”. Ed è ad “affrettare questa vittoria” che il Papa chiama l’impegno di tutti e di ciascuno.

Il testo del Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2004