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Se il massone è in consiglio e non si dichiara

Due fatti, abbastanza clamorosi, hanno riportato di attualità un dibattito aperto da più di vent’anni: la necessità di dichiarare la propria appartenenza a qualsiasi associazione – e quindi anche alle logge massoniche – per politici, amministratori e funzionari pubblici. La premessa, a tutto questo, è che la Toscana, da sempre, è terra fertile per la massoneria. Dunque, dicevamo, due fatti.

Il primo è l’approvazione da parte del Consiglio comunale di Piombino – città natale, tra l’altro, del vicepresidente della Camera, il diessino Fabio Mussi – di un ordine del giorno che mira ad abolire dallo Statuto del Comune l’obbligo di dichiarare l’appartenenza ad «associazioni lecite di qualsiasi natura». L’iniziativa proposta dallo Sdi ha creato lo scompiglio tra gli alleati. Alla fine la maggioranza dei Ds ha votato a favore insieme ad An e Forza Italia e il provvedimento è passato.

Il secondo è il pronuciamento del Consiglio di Stato che ha rigettato il ricorso presentato da due ex funzionari regionali dichiarati decaduti, nel 1994, da una delibera consiliare della Regione Toscana per omessa o infedele dichiarazione dell’associazione di appartenenza. E ovviamente l’associazione era la massoneria.Qual è il provvedimento che stabilisce tutto ciò? È la legge regionale n. 68 del 1983 che obbliga i consiglieri regionali o i titolari di nomine regionali a dichiarare l’appartenenza a tutte le associazioni e quindi anche a quelle massoniche. La legge fu fortemente voluta – da Dc e Pci – agli inizi degli anni Ottanta in seguito alla clamorosa scoperta degli elenchi degli affiliati alla P2 di Licio Gelli. Tutti – Regione e Comuni – si mossero: chi approvò una nuova legge, chi inserì una norma nello statuto.

Ora l’argomento è tornato di attualità in questa fase «costituente» per la Regione che sta vedendo la nascita del nuovo Statuto. E anche in Consiglio regionale c’è chi vorrebbe abrogare quella legge. Si tratta di Pieraldo Ciuchi, capogruppo dello Sdi, che ha già mosso i primi passi concreti per «restituire ai toscani il diritto di associarsi liberamente». La sua proposta è stata infatti discussa giovedì scorso dalla Commissione affari istituzionali della Regione.

Ma questo, come ha ribadito il Consiglio di Stato, è un falso problema. I due amministratori sono stati licenziati perché hanno «violato l’obbligo di comunicazione in ragione di principio di trasparenza» e non perché appartenessero a una loggia massoniche. Infatti l’attuale legislazione non pone «alcun limite alla libertà dei singoli di aderire ad associazioni».S.P.