Toscana

Figlio mio… quanto mi costi!

di Andrea BernardiniE’ italiano il biberon più caro d’Europa. Alimentare un neonato nel nostro paese con latte artificiale può costare fino a 1.260 euro nel primo anno di vita, almeno 3 volte di più che in altri paesi europei. È quanto risulta da una indagine compiuta dalla Lega Consumatori Acli Toscana sul mercato italiano dei latti artificiali. «Il prezzo del latte in polvere – sostiene Linda Grilli, responsabile di Sos allattamento della Lega consumatori Acli della Toscana – tranne un’unica eccezione: arriva a costare intorno ai 40-45 euro al chilo per i latti di partenza e 30-35 euro al chilo per le formule di proseguimento». Nel resto d’Europa i prezzi del latte in polvere sono decisamente più contenuti: la stessa confezione prodotta dalla stessa marca, costa, ad esempio, intorno ai 16 euro al kg a Bonn, intorno ai 18 euro al kg a Parigi, anche a 15 a Ginevra. Sì che alcune mamme ben informate decidono di prendere contatti con amici o parenti di Svizzera, Slovenia ed Austria o vi si recano direttamente per fare il pieno di latte artificiale.

Una ricerca condotta la scorsa primavera da Maurizio Bonati – del Laboratorio per la salute materno-Infantile dell’Istituto Mario Negri di Milano – dimostra come nulla sia cambiato in Italia dopo la sentenza Antitrust che, nel marzo 2000, condannò le principali aziende produttrici di latte in polvere ad una multa complessiva di circa 6 miliardi di vecchie lire per aver stretto un vero e proprio «cartello» di mercato, volto a far lievitare i prezzi del latte artificiale italiano.

La vicenda è arrivata anche in Parlamento, trattata con preoccupazione da deputati di diversi schieramenti.Un professore universitario – ricorda in una interrogazione parlamentare il diessino Luigi Olivieri – ha calcolato il business prodotto da questa lievitazione dei prezzi: se è vero che «un bambino consuma circa 150 litri di latte nei primi sei mesi, ne deduciamo che oltre 100.000 bambini italiani non alimentati al seno consumano ogni anno oltre 15 milioni di litri di latte. E che le ditte italiane incassano 50 milioni di euro in più rispetto a quel che ricaverebbero vendendo la stessa merce all’estero». Rodolfo De Laurentiis (Udc) chiede un intervento del Governo ed ipotizza: le spese per i prodotti per l’infanzia incidono troppo sui budget familiari e rappresentano un ostacolo al rilancio demografico nel nostro paese.

Il riferimento, in questo caso, non è solo al latte in polvere, ma anche agli omogeneizzati e ai pannolini, dove pure l’Italia detiene il triste primato dei prezzi più alti. Sono invece nella media i seggiolini per auto: 120 euro il modello base, contro i 170 praticati, ad esempio, a Berlino. Per tutti questi prodotti – denunciano le associazioni dei consumatori – mamme e papà hanno più possibilità di scelta (e di risparmiare), per il latte scegliere in Italia è ancora piuttosto difficile.

«Nonostante la sentenza antitrust di quattro anni fa – commenta ancora Linda Grilli della Lega Consumatori Acli Toscana – vi è il fondato sospetto che il «cartello» del latte in polvere non si sia dissolto, perché le farmacie restano il canale di distribuzione privilegiato di questo prodotto, né i prezzi praticati nei supermarket sono molto inferiori». Una conferma proviene anche da Federfarma, secondo cui il ricarico applicato dai farmacisti su questi prodotti non supera il 15%.

E la classe medica? «Gli operatori sanitari potrebbero aiutare e sostenere l’allattamento al seno, limitando il più possibile il ricorso al latte artificiale. In realtà è evidente l’enorme impegno finanziario delle ditte nella sponsorizzazione di convegni medici, pubblicazioni e corsi di aggiornamento e nell’acquisto di attrezzature mediche per ambulatori ed ospedali – conclude Linda Grilli –. Spese che finiscono per influire pesantemente sul prezzo finale del latte in polvere, i cui costi ricadono esclusivamente sul bilancio familiare. Inoltre, per meglio accaparrarsi i “futuri” clienti, ed approfittando delle lacune dell’attuale legislazione italiana, le aziende produttrici sono solite approvvigionare gratuitamente gli ospedali di latte in polvere attraverso “turnazioni” studiate a tavolino. Una prassi diffusa e consolidata con la quale stabilire un primo contatto fra genitori, bambino ed un certa marca di latte: quella che il bimbo consuma nei primi giorni di vita in ospedale sarà infatti con tutta probabilità, quella che continuerà a prendere una volta a casa e che i genitori continueranno a comprare».

E la casalinga Alessandra fa i conti con le zucchine

La ricerca di Lega consumatori Acli Toscana sul costo del latte in polvere