Toscana

Sansepolcro, allarme per la Buitoni

di Lorenzo Canali

Un’altalena di annunci, smentite e silenzi giocata sulla pelle di cinquecento lavoratori e delle loro famiglie. Può essere sintetizzata così la lunga trattativa portata avanti dall’inizio dell’anno da parte di Nestlè Italia, per la cessione dello stabilimento Buitoni di Sansepolcro che produce pasta e fette biscottate.

La fabbrica della provincia di Arezzo non è una qualunque: proprio dalla città al confine con l’Umbria, infatti, 181 anni fa l’intraprendente Giulia Boninsegni e il marito Giovanni Battista Buitoni diedero vita a quella che sarebbe divenuta una delle più importanti aziende d’Italia nel settore alimentare, vanto di una terra, la Valtiberina, che grazie alla Buitoni ha raggiunto benessere economico e sviluppo sociale.

Nei primi mesi di quest’anno, quando Nestlè Italia ha ufficializzato la messa in vendita dello stabilimento toscano, la reazione di dipendenti e amministratori locali era stata «moderatamente positiva». D’altra parte era ormai evidente che la multinazionale svizzera non volesse più puntare sulla Buitoni di Sansepolcro. I numeri in questo senso parlavano chiaro: della capacità produttiva di 90mila tonnellate l’anno possedute dallo stabilimento di Sansepolcro, ne vengono utilizzate oggi solo la metà (55mila tonnellate). Inoltre, già nel 2006, gli svizzeri avevano tentato la cessione. L’ingresso di un nuovo e più motivato imprenditore, magari proveniente dal territorio, che potesse rilanciare la storica produzione di pasta e fette biscottate, ha rappresentato da subito una prospettiva allettante per tutta l’opinione pubblica altotiberina, anche se la necessità di ammodernare una fabbrica ferma al 1986 e la difficoltà di inserirsi in un segmento di mercato in cui gli spazi lasciati dalla concorrenza sono ridotti, restavano dei punti interrogativi su quanto l’affare potesse attrarre interessi imprenditoriali.

Dopo l’annuncio di Nestlè si erano fatti avanti, in modo più o meno ufficiale, grandi nomi dell’imprenditoria italiana e non: Colussi, De Cecco forse addirittura Barilla, a cui si sono aggiunte con il tempo ipotesi americane e turche. La stessa Regione Toscana si era esposta, sponsorizzando un eventuale cordata di imprenditori locali.

A questo punto, però, Nestlè Italia si è chiusa dietro un mutismo che ha infastidito non poco gli operai e ha creato allarme. Ad aprile, finalmente, qualcosa ha cominciato a muoversi. Lavoratori e sindacati sono stati convocati dalla multinazionale che ha annunciato, senza far nomi, che dopo la prima scrematura compiuta grazie al supporto di Mediobanca, che ha svolto il ruolo di «advisor» nella trattativa, i nomi rimasti in gioco sarebbero stati tre. In tale occasione erano stati presentati anche i piani industriali che i contendenti si portavano in dote. La Rsu, però, non ha ritenuto sufficienti le informazioni offerte da Nestlè sui possibili acquirenti e ha dichiarato lo sciopero. Nel frattempo sono stati resi di dominio pubblico i nomi dei tre imprenditori rimasti in gara: Colussi (che avrebbe il supporto della Regione Umbria, con cui Sansepolcro confina e da cui provengono molti lavoratori dello stabilimento), Fabianelli (imprenditore della provincia di Arezzo, ben visto dalla Regione Toscana) e infine Angelo Mastrolia. È stato proprio questo nome a far scatenare la protesta dei lavoratori. L’imprenditore campano, infatti, era stato vicino all’acquisto dello stabilimento di Sansepolcro già nel 2006, ma era stato fermato a un passo dalla meta dal forte diniego da parte dei lavoratori, che definivano «disastrosa» la gestione di un altro stabilimento a marchio Buitoni affidatogli a Eboli, vicino Salerno. Dalla Campania, Mastrolia ha fatto sapere che ha già trovato l’accordo per la Buitoni di Sansepolcro e ha attaccato duramente la presidente della Regione Umbria, Maria Rita Lorenzetti, che aveva espresso la sua perplessità sul nome del campano. Nonostante le rassicurazioni offerte da Nestlè che sembravano aver chiuso la strada all’imprenditore meridionale, pochi giorni fa, in un incontro a Firenze nella sede dell’ufficio regionale del lavoro, è stato comunicato a dipendenti e sindacati che è rimasto solo un contendente in gara: Mastrolia. La Regione Toscana ha ottenuto uno stop alle trattative, per prendere tempo e «valutare tutte le ipotesi esistenti». Nel frattempo è scattata la mobilitazione politica e istituzionale, con un consiglio comunale straordinario e un corteo per le vie di Sansepolcro a cui partecipano centinaia di persone. Tanti punti interrogativi aleggiano sul futuro della Buitoni di Sansepolcro. E cinquecento persone attendono risposte.

Due Diocesi in difesa dell’azienda alimentare

Il «caso Buitoni» fa breccia nella comunità ecclesiale. Sono due le diocesi che stanno seguendo con attenzione l’evolversi della vendita: sono quella di Arezzo-Cortona-Sansepolcro e quella di Città di Castello da cui provengono i cinquecento dipendenti impiegati nello stabilimento di Sansepolcro. La fabbrica si trova nel territorio aretino, ma è a meno di cinque chilometri dal confine con l’Umbria. Ecco la scelta delle due Chiese locali di mobilitarsi in maniera unitaria a favore dello storico pastificio messo in vendita da Nestlé Italia. Ne è una dimostrazione la nota congiunta, firmata dal vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, Gualtiero Bassetti, e dal vescovo di Città di Castello, Domenico Cancian, in cui si esprime la preoccupazione della comunità cristiana per le conseguenze sociali ed economiche che un drastico ridimensionamento della produttività dello stabilimento potrebbe arrecare al territorio e alle centinaia di famiglie, per lo più composte da giovani coppie, la cui vita è in gran parte sostenuta dal lavoro in «Buitoni».La comunità cristiana della Valtiberina si stringe attorno ai dipendenti del pastificio, agli imprenditori e alle maestranze delle numerose imprese dell’indotto che stanno vivendo momenti di incertezza. Incertezza che emerge anche dalle manifestazioni pacifiche promosse in queste settimane.

Le due Chiese locali vedono di buon occhio lo sforzo di tutte le componenti della comunità civile che si stanno adoperando per una soluzione che assicuri la sopravvivenza e la crescita del pastificio «Buitoni». Ciò conferma il profondo radicamento sociale di un marchio che, per Sansepolcro e per l’intera valle del Tevere, ha scandito, lungo gli oltre 180 anni della sua gloriosa storia, la vita economica, politica e culturale della vallata e delle rispettive province. Dalle diocesi arriva anche un apprezzamento all’impegno delle regioni Umbria e Toscana, e delle istituzioni locali che si stanno attivando al di là di qualsiasi schieramento politico.

L’obiettivo da raggiungere è duplice: da una parte, va preservato il contributo storico che la Valtiberina toscana e umbra ha dato alla nascita e all’affermazione del marchio «Buitoni»; dall’altra è necessario corrispondere alla mobilitazione istituzionale di questi mesi. Da qui l’invito delle diocesi a Nestlé Italia, mondo dell’imprenditoria locale e realtà economiche presenti sul territorio a favorire una soluzione industriale che abbia piena consapevolezza del valore storico, sociale e culturale, oltre che economico, del pastificio «Buitoni». Se il traguardo è quello di non lasciar morire la fabbrica, occorrerà garantire non soltanto un serio impegno finanziario per la sua sopravvivenza, ma anche un percorso progettuale che ne assicuri la continuità e lo sviluppo.

Giacomo Gambassi