Vita Chiesa

Assemblea Cei: Bassetti, “finalmente siamo riuniti tutti insieme”

“Finalmente non esprime distrazione o evasione dalla realtà, ma è immersione profonda nelle piaghe delle nostre comunità”, ha spiegato il cardinale: “Quanta solitudine, quanta tristezza, quanti lutti… Pensiamo, in particolare, alla tragedia di Stresa-Mottarone, rinnovando la nostra preghiera di suffragio per le quattordici vittime e per i loro familiari; un pensiero affettuoso al piccolo sopravvissuto”.

“La nostra presenza qui, in questi giorni, vuole essere una carezza di conforto per chi soffre o piange la perdita di un caro; vuole anche essere una carezza di fiduciosa speranza, nella certezza che la morte non è mai l’ultima parola”, ha proseguito Bassetti: “Finalmente siamo riuniti tutti insieme, potendo così vivere e rafforzare i vincoli della comunione e condividere la sollecitudine pastorale per le nostre Chiese, per il nostro amato Paese, per le donne e gli uomini che abitano questo tempo così difficile. Invochiamo su di noi e sui lavori che ci attendono la luce e la grazia dello Spirito Santo”.

A fare da guida a questi giorni, secondo il presidente della Cei, deve essere il brano  del secondo capitolo degli Atti (At 2, 1.-11). “A partire da un dato di fatto”, ha spiegato: “I discepoli su cui scende lo Spirito il giorno della festa di Pentecoste sono gli stessi apostoli e discepoli che avevano seguito Gesù nei tre anni della sua predicazione. È una comunità, dunque, che ha una sua piccola storia di fede da raccontare. Nonostante le fatiche, i rallentamenti, le fughe in avanti e le cadute, c’è un cammino percorso con Gesù e che può essere raccontato. Così anche la Chiesa che è in Italia può raccontare la storia del suo cammino di fede, che parla della fedeltà al Magistero del Papa e si sviluppa, in particolare, dopo il Concilio Vaticano II, con alcune tappe significative, che non vanno dimenticate”.

“Il Concilio è magistero della Chiesa. O tu stai con la Chiesa e pertanto segui il Concilio, e se tu non segui il Concilio o tu l’interpreti a modo tuo, come vuoi tu, tu non stai con la Chiesa”. Il card Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, ha rivolto quindi “un pensiero devoto e affettuoso a Papa Francesco”, sottolineando come la categoria di “popolo di Dio” sia centrale nel suo magistero, “fin dal primo saluto ai fedeli radunati in Piazza San Pietro, la sera stessa della sua elezione, quando – in un gesto indimenticabile – si è chinato domandando la preghiera del popolo per il suo vescovo”.

“Popolo di Dio”, inoltre è “la categoria elaborata dal Vaticano II per esprimere la natura aperta, universale e storica della Chiesa”, ha ricordato Bassetti: “Non è una grandezza puramente sociologica, ma teologica, pastorale e spirituale”. Il popolo di Dio è insieme “santo” e “fedele”, ha proseguito il cardinale citando “l’incisiva immagine dei santi della porta accanto” coniata da Bergoglio, “uno dei frutti più apprezzati del Concilio che il Santo Padre sta portando a maturazione”. “Nell’ultimo anno ci siamo resi conto ancora meglio, purtroppo passando attraverso una drammatica pandemia, di come la santità sia piantata nel terreno delle nostre comunità cristiane e civili”, la fotografia del presidente della Cei: “Di come l’amore di Dio operi nei cuori, anche al di là delle categorie con le quali siamo abituati a ragionare: credenti e non credenti, cristiani e non cristiani, praticanti o meno. Esiste una santità diffusa, che va raccolta e narrata. La recente beatificazione di Rosario Livatino ne è ulteriore testimonianza”.

Il “senso di fede” del “popolo di Dio” – ha precisato Bassetti – “non si esprime con semplici meccanismi democratici, perché non sempre l’opinione della maggioranza è conforme al Vangelo e alla Tradizione. Piuttosto si alimenta con l’umile accoglienza della Parola di Dio, la celebrazione dei sacramenti, la fraternità e la preghiera, ossia le quattro “assiduità” della prima comunità cristiana (cf At 2,42). Occorre però sapere intercettare questo ‘senso di fede’, saperlo ascoltare”. A questo ci invita, ancora, Papa Francesco nel discorso del 30 gennaio: “Non dobbiamo avere paura di parlare il linguaggio della gente. Non dobbiamo aver paura di ascoltarne le domande, quali che siano, le questioni irrisolte, ascoltare le fragilità, le incertezze: di questo, non abbiamo paura”. “È, ancora una volta, il Concilio Vaticano II tradotto in italiano”, il commento del cardinale.

“Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà”. Si è concluso con la citazione delle parole pronunciate a conclusione del Convegno ecclesiale nazionale di Firenze, l’ampio excursus sulla storia della Chiesa italiana, a partire dalla prima assemblea generale e passando per piani pastorali e convegni decennali, tracciato dal card. Gualtiero Bassetti.

“La ricchezza di questa nostra storia conferma che la sinodalità, come stile, metodo e cammino, è perfettamente coerente con un percorso che abbraccia cinque decenni, tanto più per la consapevolezza di un ‘cambiamento d’epoca’ in atto”, il bilancio del presidente della Cei: “Come nei primi Anni Settanta, quando si disegnò il metodo dei Documenti, poi Orientamenti pastorali, verificati e rilanciati nei Convegni ecclesiali, così oggi la Chiesa che è in Italia è chiamata a un discernimento che generi conversione, comunione e corresponsabilità”. “Disegnare forme rinnovate è la nostra responsabilità odierna”, ha spiegato Bassetti: “In continuità con la storia di una Chiesa di popolo che, tanto più dopo le prove degli ultimi due anni, è chiamata a una propulsione rinnovata, che guardi ai processi, punti sulle relazioni, a partire dal concreto vissuto di ciascuno, sappia entrare con calore nelle pieghe della vita delle donne e degli uomini per offrire parole e testimonianze di speranza”.